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28 marzo 2024

Vittorio Veneto

Graziella, la felicità nel cuore. Nonostante il cancro

Ha superato (in parte) quattro tumori. E ha scritto un libro in cui ripercorre la sua storia

| Emanuela Da Ros |

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| Emanuela Da Ros |

Graziella, la felicità nel cuore. Nonostante il cancro

CAPPELLA MAGGIORE - Mentre parla di sé è seduta nel suo salone di parrucchiera ad Anzano. Indossa fuseax di lattice neri e anfibi da ragazzina, sotto il camice rosa. I capelli cortissimi, spettinati ad arte, celano il segno di una cicatrice ai lati della fronte. Gli occhi azzurri hanno il riflesso della felicità.

 

Sperimentata nonostante la sofferenza, il disagio, le incomprensioni. “Una cosa è certa - dicono gli occhi azzurri di Graziella -: ho la felicità dentro. Quella felicità che non si può spiegare perché ognuno l’assapora nel proprio intimo. Si dice che la felicità si trova nelle piccole cose, ma secondo me non esistono grandi cose. Un fiore ti sembra piccolo?”

 

Graziella De Nardi ha 60 anni e ogni 15 giorni si sottopone a un ciclo di chemioterapia. Perché ha un tumore a un polmone. Il quarto tumore a esserle stato diagnosticato negli ultimi 12 anni. La malattia per Graziella è una costante della sua vita, e con la malattia la terapia, e la possibile guarigione.

 

La vita come un percorso a ostacoli? “Sì - risponde Graziella. - Può essere un cammino di sofferenza tutto in salita, ma la gioia è il nostro viaggio! E io dalla vita ho avuto tanto anche se non me ne sono mai accorta”. Graziella De Nardi ha narrato le sue vicissitudini in una piccola autobiografia “Il parco di Sigurtà” che è stato pubblicato lo scorso dicembre ed ha avuto un ampio successo.

 

“Le duecento copie stampate - dice l’autrice - sono state vendute tutte, tanto che il volume verrà presto ristampato. Per me anche questa è stata una gioia: il riscontro mi ha dimostrato l’affetto di tante persone e mi ha permesso di fare del bene: ho destinato il ricavato di quest’operazione all’Associazione Fiorot”.

 

Nel libro, Graziella ripercorre con schietta libertà la sua infanzia, l’adolescenza turbolenta, la maturità coronata da un matrimonio felice con Vittorino, e dalla nascita di Chiara, la sua unica figlia. Graziella è cresciuta a Costa, in una famiglia che ricorda nell’atmosfera quella di Piccole Donne. Ma in casa De Nardi, negli anni Sessanta, le figlie erano addirittura sette.

 

“Mio padre Angelo - scrive Graziella - avrebbe voluto portare avanti il cognome di casa con un figlio maschio, ma la sorte ha voluto altrimenti. Prima di me, mamma Caterina ha partorito Margherita e Mirella, poi Anna, Maria, Luciana e infine Mara. Sebbene fossimo tutte femmine, per papà eravamo i suoi ‘alpini’, e infatti una volta ci regalò delle bamboline con la divisa e la penna nera!”

 

Inquieta, ribelle, desiderosa di emanciparsi presto da una famiglia dall’educazione ‘vecchio stampo’, Graziella, a 18 anni se ne andò di casa. La sua ‘fuga’ era scaturita dalle incomprensioni coi genitori che la rimproveravano per lo stile di vita impermeabile alle convenzioni. Graziella, dopo il lavoro (andare a scuola - dice - non le era mai piaciuto), si fermava al bar ‘da Zaira’, frequentato soprattutto da uomini, a bere un’aranciata e questo suscitava le ire di mamma: “Che cosa dirà la gente?” “La verità - dice Graziella - è che cercavo il mio posto nel mondo, senza far nulla di male.

 

Anzi: lavorando sodo. In un periodo della mia vita mi sono accontentata di vivere una stanza senza bagno, e di lavare la biancheria nell’acqua gelida di un torrente, su un’asse di legno, mentre la maggior parte delle case aveva già una lavatrice!” Dopo aver lavorato in fabbrica, in un ristorante e in una gelateria in Germania, Graziella è riuscita a concretizzare il sogno che aveva da bambina: diventare una parrucchiera (‘A 11 anni - ricorda - tagliavo i capelli della mia sorellina Mariucci con le lamette di papà!’).

 

Per 9 anni ha gestito un salone a Montaner, poi si è spostata ad Anzano. E otto anni fa, proprio mentre serviva alcune clienti ha perso i sensi, crollando sul pavimento. Un meningioma al cervello era stata la causa scatenante. “Il tumore - spiega - mi aveva alterato l’umore, la personalità. Parlavo in tedesco, cantavo I love you in piedi sul letto d’ospedale dove ero ricoverata…”

 

Sono molte le persone a cui Graziella ha dedicato un libro che racconta anche quest’esperienza: le infermiere dei vari reparti ospedalieri, che cita con nomi di fiori, la dottoressa La Mura, che Graziella definisce ‘na bonaciona per il rapporto familiare instaurato reciprocamente, la dottoressa Scapinello, che per prima le ha parlato del potere terapeutico della letteratura, e della scrittura. Perché è stata proprio la scrittura a far sbocciare anche sulla carta le emozioni di Graziella. Permeate dalla felicità dell’essere viva.

 

“Anche - dice - per merito della Madonna, a cui rivolgo le mie preghiere e affido i miei desideri per il futuro”.

 


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Emanuela Da Ros

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