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28 marzo 2024

Vittorio Veneto

Gli oceani ci salveranno da un’altra Vaia?

Per Sandro Carniel, oceanografo di fama internazionale, sono gli oceani a tenere in piedi il clima dell’intero pianeta

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sandro carniel

VITTORIO VENETO - “A cinque anni di distanza dal libro “Oceani, il futuro scritto nell’acqua”, appare sempre più evidente che la soluzione a molti dei problemi climatici non possa non passare proprio dagli oceani”. A riferirlo è Sandro Carniel che ha appena pubblicato Il mare che sale, Dedalo edizioni, un libro che in questi giorni sta presentando in tutta Italia con un interlocutore d'eccezione: Satu, il bassista di Jovanotti.

 

Sandro, considerata l'anomalia climatica che stiamo registrando gli oceani ci salveranno?

La soluzione a mutamenti che travolgono e snaturano l'ecosistema è ancora nell'acqua? Sono i nostri mari a togliere di mezzo più di un terzo dei gas serra che ogni giorno emettiamo in atmosfera, come la CO2, alla base del riscaldamento climatico globale. Sono ancora loro a tenere in piedi il clima del Pianeta intero, a decidere quanto aggressive sono le tempeste marine che poi colpiscono la costa e finanche le Alpi, come accadde con VAIA nel 2018. Dai mari arriva cibo per 2 miliardi di persone, nei loro fondali troviamo riserve energetiche, metalli rari preziosissimi e a essi abbiamo affidato la quasi totalità delle nostre comunicazioni via Internet, sopra di essi si muove il 90 percento delle merci di un mondo globalizzato, nei mari scopriamo ogni anno molecole utili alla farmacologia marina, allo sviluppo di farmaci innovativi… Negli ultimi anni vedo una sensibilità molto accresciuta, la ”comunicazione” su questi temi è diventata più efficace. Ma ancora non basta, bisogna passare dalla “comunicazione” all’“azione”.

 

Come vivi tu, come uomo, come oceanografo, questa trasformazione?

Il mio stato d’animo di fronte ai cambiamenti climatici in atto? Professionalmente, provo una sorta di amarissima e inutile soddisfazione, tipica di chi vede progressivamente avverarsi una serie di previsioni fatte e indovinate. Ma non perché Carniel sia un infallibile veggente, solo perché insieme a tanti altri ha allineato alcune lezioni figlie del Metodo Scientifico; qui siamo arrivati perché da altre parti non si poteva arrivare, con le premesse di 30 anni fa. E insieme provo un’inquietudine dettata dalla necessità di darsi da fare per davvero ora, con urgenza, per non perdere gli ultimi anni utili che ancora abbiamo per evitare l’ingestibile. Credimi, due sensazioni delle quali avrei fatto volentieri a meno; magari fossi qui ora a confrontarmi con i risultati di congetture errate.

 

Quali le azioni da compiere individualmente, dentro e fuori la nostra porta di casa?

La lucida constatazione di come siamo messi male non deve essere scambiata per rassegnazione. E’ una necessaria, spietata fotografia di “dove siamo”, ma abbiamo ancora modo di decidere dove vogliamo andare. Certo i costi da pagare sono alti, sempre più alti. Ma comunque molto più bassi dei costi che pagheremo se non faremo nulla. Individualmente dobbiamo essere consapevoli dei nostri impatti sul Pianeta, sui nostri mari. Servono scelte singole consapevoli, parlo di quelle alimentari, di mobilità, di acquisto di alcune tipologie di prodotti e non di altri più impattanti. Ma al tempo stesso abbiamo bisogno anche di scelte di indirizzo nazionali, che riducano gli incentivi alle attività inquinanti, e invece li garantiscano alle energie rinnovabili che non aumentano la concentrazione di gas serra in atmosfera. E poi, dato che il problema del cambiamento climatico non si risolve se non in modo collettivo, servono azioni di governance internazionale, occorre affrontare insieme ai temi del cambiamento climatico anche quelli della giustizia e della ridistribuzione delle risorse tra paesi poveri e ricchi. Fare tutto questo è ancora possibile, certo, e in questo senso le nuove tecnologie (intelligenza artificiale, Big Data, robotica, biotecnologie, tecnologie quantistiche e spaziali…) potranno aiutare. Ma la soluzione non potrà arrivare solo da esse. Serve da subito lavorare sulla conoscenza, sull’educazione, e arrivare a una visione etica condivisa del “senso del limite”, un’etica della responsabilità, che disegni quello che vogliamo diventare e guidi e indirizzi l’utilizzo delle immense capacità tecnologiche che stiamo sviluppando.

 

Curiosità curiosissima. La scorsa estate abbiamo assistito al tuo mitico intervento al Jova Beach party. In che rapporti sei con Jovanotti?

L'idea è nata grazie all’amicizia speciale che ho con Saturnino Celani, Satu, lo storico bassista di Jovanotti, persona sensibilissima ai temi del clima e dei mari (con lui ho presentato il mio ultimo libro Il mare che sale, Dedalo editore). Sono da sempre interessato a trovare nuove chiavi espressive per comunicare i temi della scienza, il canale non può essere solo quello degli articoli scientifici per gli addetti ai lavori: parlo di forme artistiche come scrittura, teatro, pittura, scultura e, appunto, musica. Molto spesso sono gli artisti ad arrivare “prima” degli scienziati su alcuni grandi temi, e di certo da loro lo scienziato deve imparare l'arte di comunicare a un grande pubblico. Saturnino lo ho incontrato durante una presentazione all'aperto a Milano in cui parlavo di oceani e clima. Se ne stava confuso tra il pubblico e alla fine mi ha aspettato, con Oliva, il suo French Bulldog, per farmi qualche domanda. Dopo averlo salutato ricevetti una telefonata da uno degli autori di Jovanotti, che mi diceva che Saturnino aveva martellato Lorenzo dicendogli che assolutamente avrei dovuto avere qualche minuto di visibilità durante i suoi concerti, una piccola clip sul ruolo e l'importanza dei nostri oceani, che in effetti venne lanciata durante il Jova Beach Party estivo.

 

a cura di Emanuela Da Ros

 


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