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19 aprile 2024

Treviso

Fulvio Ervas, sulla guerra in Ucraina: "E' lo stato d’animo generale che mi rattrista"

Il titolo del suo prossimo libro conterrà le parole "campo di grano": uno dei simboli violati in questa odierna pazzia

| Roberto Grigoletto |

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| Roberto Grigoletto |

Fulvio Ervas commenta il conflitto in corso in Ucraina

TREVISO - E' sempre lungimirante lo sguardo di Fulvio Ervas. E nello stesso tempo capace di scandagliare in profondità nelle dinamiche sociali e geostoriche. Sul conflitto in corso in Ucraina aveva già visto - "purtroppo", si rammarica - giusto e un po' di tempo fa.

Professore, perché si era convinto che questa guerra sarebbe alla fine scoppiata?

Io credo che tutti quelli che leggono la stampa, con attenzione, sapessero che siamo in una fase storica in cui si ridisegnano i rapporti di forza tra grandi nazioni: era finito il secolo americano, come nell’89 erano finiti i “cinquant’anni” del capitalismo sovietico succeduto alla rivoluzione. Quindi come non pensare che qualcuno si candiderà a ridisegnare il mondo con l’andata al potere di una visione fondata sull’ “America first”, dopo un secolo con baricentro sulla geopolitica americana, e una schiera di impazziti assalta Capitol Hill, senza alcun progetto?

Possibilità di eluderla non ce n’erano proprio?

E di eludere la prima e la seconda guerra mondiale? O la distruzione dell’Afghanistan o dell’Irak? Le guerre sanciscono sempre il cambiamento di fase, non sono eventi improvvisi e singolari. Sono punti di arrivo. Mi pare che la riflessione che dovremmo porci è come sia possibile che, sistematicamente, la società in cui viviamo ci ponga il dilemma pace o guerra. E come mai noi rispondiamo, con poche eccezioni, con le armi. Perché viviamo in un pianeta costellato di conflitti?

Che piega sta prendendo questo conflitto?

Una guerra è distruzione e morte. Questa è la piega. Ma è anche, come lo è il Covid, un test sulla struttura delle nostre società, sulle nostre contraddizioni e fragilità, sui nostri valori civili e morali. E’ bello vedere tanta solidarietà dal basso verso un popolo che soffre. Sarebbe bello vedere questa umanità sempre di fronte alle difficoltà. E sarebbe bello che la nostra sensibilità civile prendesse la piega di un ripudio totale per la guerra. Perché costa sempre più di quanto renda.

Che cosa la preoccupa soprattutto in questo momento? Rischiamo davvero una terza guerra mondiale?

Sono sorpreso nel vedere una, non piccola, tifoseria dell’Armata Rossa. Che poi è quella dell’invasione dell’Afghanistan ( 1979-89), della Cecenia (1999-2009) e del brevissimo conflitto con la Georgia nel 2008. I confini della Russia, sia pure per vari motivi, vanno ben preservati, costi quello che costi. Un atteggiamento tipicamente imperiale, non certo votato alla convivenza tra popoli. Oggi la situazione è complessivamente più fragile: sul tavolo ci sono almeno tre abili giocatori ( Usa, Russia, Cina) e alcuni neofiti ( Europa, Turchia, India) e la posta in gioco è chi ridisegnerà la mappa del mondo. Sino ad ora la specie umana ha usato la guerra per questo scopo. Ma la fragilità io la vedo anche sul piano del contenitore fisico delle nostre umane avventure: la crisi climatica non aspetterà gli esiti del conflitto, non presenterà il conto ai guerrafondai ma a noi tutti. Questa tensione renderà la questione energetica una frettolosa corsa contro il tempo e non è detto che sarà una transizione intelligente.

E’ una strada per noi obbligata quella di armare l’Ucraina?

Questo aspetto trascina con sé tutte le contraddizioni in cui ci stiamo dibattendo. Non possiamo intervenire direttamente in Ucraina, pena l’immediata estensione del conflitto a scala globale ma non possiamo essere indifferenti di fronte all’invasione estesa di uno stato sovrano, qualsiasi siano le motivazioni dell’aggressore. Una scelta di campo, come ha fatto la UE per esempio, avrebbe come fondamentale strumento di azione, che agisca nel breve periodo, quello di rafforzare la capacità militare ucraina ma senza fornire mezzi aerei è un aiuto di bassa efficacia. Insomma, un casino.

Personalmente come vive queste giornate di storia?

Ho visto molti conflitti “lontani” contro i quali ho provato a mostrare il mio ripudio della guerra. Il conflitto nella Yugoslavia, per esempio, è stato accompagnato dall’ossessiva partenza degli arei dai nostri territori. Ma fu una guerra che non fece credere a un disastro mondiale. Oggi, mi pare, che molte persone, troppe, credano che tutto stia scricchiolando. E’ l’entrata in uno stato d’animo generale che mi rattrista. Per fortuna sto vangando l’orto…

Avverte il bisogno di scriverci sopra qualcosa?

Nei mie libri la violenza, anche nei polizieschi, è sempre appena accennata. Un romanzo, totalmente sullo spirito di una guerra imminente, mi costerebbe una fatica emotiva enorme. Per il momento, nel prossimo poliziesco dell’ispettore Stucky, il titolo conterrà le parole “campo di grano”, uno dei simboli violati in questa odierna pazzia.

 


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Roberto Grigoletto

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