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25 aprile 2024

Francesca: la vita di uno scienziato italiano in Usa

- Tags: issaf award scienza francesca lovat

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Alberta Bellussi | commenti |

Francesca Lovat

La vita di uno scienziato italiano in Usa.

 

 

In questi giorni, su alcuni giornali locali e televisioni locali, abbiamo sentito parlare di due scienziati trevigiani fra i finalisti dei prestigiosi Issnaf (Italian Scientists and Scolars of North America Foundation)  Award, che saranno consegnati il prossimo 18 ottobre nell'ambasciata italiana a Washington.

 

Si tratta di Francesca Lovat, 37enne originaria di Tezze di Piave della provincia di Treviso che, dopo la laurea all'Università di Padova, oggi combatte le forme più violente di leucemia studiando il microRna nei topi alla Ohio State University. E di Luca Argenti, nato a Castelfranco Veneto nel 1976, e oggi impegnato ad Orlando in Florida nello studio della dinamica elettronica.

 

 

Conosco Francesca da quando è nata. Ci legano molti aspetti; siamo parenti, siamo nate nello stesso paese e nello stesso Borgo che ha dato un serio imprintig di valori e tradizioni alla nostra crescita. Già questi due aspetti mi rendono felice che il suo duro percorso di vita professionale possa ottenere un importante riconoscimento.

Francesca aveva le idee chiare fin da bambina;   è sempre stata determinata e ha avuto coraggio di inseguire i suoi sogni anche se questo significava andare lontano dall’Italia e dalla campagna veneta che tanto ama.

Ho chiesto a Francesca se potevo fare lei delle domande e con enorme entusiasmo mi ha detto” Grazie di regalarmi l’opportunità di parlare di me e del mio lavoro”.

 

 

Diventare uno scienziato era un sogno da bambina?

 

Diventare medico era il mio sogno da bambina, dicevo che volevo essere il medico dei bambini. Durante il mio percorso di studi, soprattutto al liceo scientifico ho capito che le scienze in generale erano le mie materie preferite. Mi sono iscritta a biologia all’Universita’ di Padova e mi sono appassionata prevalentemente alle materie legate allo studio dei meccanismi che regolano il corpo umano, sempre quindi uno sguardo verso la “macchina perfetta” che e’ il nostro corpo, anche se non in veste di medico. Ogni volta che passavo per Aviano e quindi davanti all’ospedale CRO, mi affascinava pensare alle persone che lavoravano in veste di ricercatori e dicevo: “un giorno mi piacerebbe poter lavorare in quella struttura”.

Il mio piccolo desiderio si e’ poi avverato, ho trascorso 4 anni al CRO di Aviano dove ho avuto il mio battesimo con la ricerca e dove e’ nata poi la vera passione per questo lavoro.

 

Quali sono le tappe più importanti del tuo percorso professionale?

 

Tutto e’ cominciato con l’iscrizione a Biologia presso l’Universita’ di Padova. Per completare il percorso di studi era richiesto almeno un anno di attivita’ di ricerca in un laboratorio per poter compilare e scrivere la tesi di laurea. Tra le varie proposte e’ giunta quella di poter lavorare al CRO di Aviano che ho accettato senza nessun dubbio.

Ho trascorso 4 anni al CRO durante i quali ho iniziato il mio progetto di ricerca che mi ha dato la possibilita’ prima di laurearmi e poi di vincere il dottorato di Ricerca. Durante il dottorato di ricerca sono stata pagata per 2 anni da una borsa di studio dell’AIRC (Associazione Italiana Ricerca sul Cancro) che ogni anno da’ la possibilita’ a giovani ricercatori di poter lavorare nel mondo della ricerca grazie alle raccolte fondi.

 Una volta concluso il Dottorato, sentivo il desiderio di fare un’esperienza all’estero sia dal punto professionale sia dal punto di vista personale.

Sono cosi’ partita verso gli Stati Uniti. Prima sono stata quasi un anno presso la Thomas Jefferson University di Philadelphia e poi mi sono spostata all’Ohio State University a Columbus, dove lavoro sotto la direzione di uno dei piu’ grandi scienziati italiani nel mondo: il prof. Carlo M. Croce, che attualmente e’ lo scienziato con il maggior numero di citazioni scientifiche al mondo.

 

 Qual'è la giornata tipo di uno scienziato?

 

La giornata tipo di uno scienziato in genere non esiste perche’ ogni giorno e’ diverso dal precedente, proprio per questa ragione questo lavoro e’ affascinante. Di solito un ricercatore spende ogni giorno piu’ di 10 ore in laboratorio, programmando  esperimenti, scrivendo i protocolli di lavoro e informandosi, leggendo e studiando articoli scientifici pubblicati da altri gruppi.

 

Si può fare ricerca in Italia?

 

La ricerca in Italia si fa e anche ad alti livelli ma mancano le risorse e la volonta’ di investire in questo campo, soprattutto a livello politico. Purtroppo in Italia c’e’ una carenza di cultura ed educazione scientifica. Prendendo come esempio la televisione o i giornali, fanno più scalpore e notizia i vari casi come Di Bella, Stamina o le polemiche sui vaccini che non le vere e proprie scoperte scientifiche. Spesso persone non qualificate (ma popolari) esprimono pareri che rimbalzano attraverso i media e la credibilità verso la scienza viene quindi a mancare facendo sì che  il pubblico si senta confuso e indeciso. Servirebbe più rigore anche a livello politico perché la Scienza possa essere compresa e apprezzata da un maggior numero di persone.

 

Perchè sei andata negli USA?

 

Sono partita per gli USA per curiosità, avevo il desiderio di provare una nuova esperienza lavorativa e personale al di fuori dell’Italia. Il confronto con  lingua, cultura e abitudini diverse, anche in laboratorio, non è stato facile, penso che la determinazione e la passione per questo lavoro siano stati sin dall’inizio il traino per questa mia nuova esperienza.

 

Parlaci delle tue scoperte e dei tuoi studi?

 

Io mi occupo di ricerca di base, quella che permette di trovare risposte e capire i meccanismi di base dell’insorgenza di patologie. In particolare studio i microRNA, piccole molecole di RNA non codificante la cui alterazione della normale espressione può portare all’insorgenza di tumori. In particolare, ho recentemente generato un modello murino al quale è stato “spento” un preciso microRNA. Questa alterazione genetica ha quindi causato una forma di leucemia linfatica cronica. Una malattia che anche nell’uomo si può solo rallentare ma non ancora curare. La ricerca di base è fondamentale: a lungo termine la speranza è quella, capito il meccanismo dovuto alla alterazione dell’espressione di microRNA, di trovare un modo per ristabilirne l’equilibrio.

 

 

Hai un sogno nel cassetto?

 

Non ho particolari sogni nel cassetto anche perché mi ritengo una persona molto fortunata, sia nel lavoro che nella vita privata. Ho però un desiderio quello di non perdere, con il tempo e con l’età, la curiosità sia nel lavoro che nella vita quotidiana.

 

Qualcosa che vorresti dire all'Italia vista dagli USA?

 

L’Italia vista dagli USA è il paese più bello del mondo: famiglia, cibo, arte, cultura, paesaggi. L’Italia a mio avviso va salvaguardata e valorizzata partendo dalle radici, il rischio di uniformarsi agli altri Stati rovina e appanna le meraviglie del bel paese.

Una caratteristica che ammiro degli USA è  la capacità di rendere grandi e importanti anche le cose piccole.

 In Italia, invece,  tutto è talmente grande e affascinante che gli italiani non si rendono conto del valore e delle meraviglie del bel paese.

Mi sento poi di dare un consiglio all’Italia che è quello di prestare maggiore attenzione ai propri “cervelli” costretti ad andare all’estero per svolgere le loro ricerche serenamente perché  potrebbero  esprimersi adeguatamente anche nel proprio paese; paese nel quale uno scienziato si trova a  dover lottare contro privilegi e prevaricazioni dettate da aspetti non legati al merito e alle capacità.

 

 



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