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24 aprile 2024

Italia

En plein del centrosinistra

Vittoria negli undici capoluoghi di provincia

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En plein del centrosinistra

ROMA - E' il classico 'cappotto', la vittoria totale che non lascia agli avversari nemmeno le briciole. Il centrosinistra ha 'confezionato' il successo sul centrodestra prevalendo in tutti gli undici ballottaggi per l'elezione dei sindaci nei comuni capoluogo, cui vanno aggiunti i cinque primi cittadini eletti già al primo turno.

Dunque, è un 16-0 in termini calcistici, che potrebbe addirittura salire a un clamoroso 20-0 visto che in tutte e quattro le città in cui si è votato oggi in Sicilia - Catania, Messina, Siracusa e Ragusa - i candidati di centrosinistra sono -ma si è solo a inizio scrutinio- in vantaggio e nel capoluogo etneo con Enzo Bianco persino oltre la soglia della metà dei voti. La vittoria principale è ovviamente quella registrata nella capitale: il nuovo sindaco di Roma è Ignazio Marino con il 63,9% dei voti - sostenuto da Pd, Sel, Cd, Verdi e Psi - che subentra in Campidoglio al primo cittadino uscente Gianni Alemanno - appoggiato da Pdl, Fdi, Destra - che si è fermato appena al 36,1%.

Ma il centrosinistra ha conquistato o riconfermato oggi altre dieci città capoluogo, al nord come al sud: Brescia, Lodi, Treviso, Imperia, Siena, Ancona, Viterbo, Avellino, Barletta, Iglesias. A questi Comuni, vanno aggiunti quelli ottenuti due settimane fa già al primo turno: Sondrio, Vicenza, Massa, Pisa, Isernia. In particolare, a Brescia - dove il risultato era stato sul filo di lana al primo turno, con i due candidati praticamente appaiati attorno al 38% - Emilio Del Bono con il 56,5% stacca il rivale Adriano Paroli al 43,5%. A Treviso, si deve arrendere il sindaco 'sceriffo' della Lega Giancarlo Gentilini con il 44,5% davanti a Giovanni Manildo che arriva al 55,5%. Sempre al nord, a Lodi è sindaco Simone Uggetti con il 53,6% battendo Giuliana Cominetti che si ferma a quota 46,4%. Infine a Imperia, vittoria schiacciante per Carlo Capacci con il 76,1% che lascia al rivale Erminio Annoni solo il 23,9%.

Nell'Italia centrale, il discorso non cambia. Detto di Roma e del 'cambio della guardia' fra l'uscente Alemanno e il subentrante Marino alla guida della capitale, sempre nel Lazio si registra la vittoria del centrosinistra anche a Viterbo con Leonardo Michelini che guadagna il 62,9% dei consensi rispetto al 37,1% di Giulio Marini. Centrodestra sconfitto anche ad Ancona e a Siena: nel capoluogo marchigiano, Valeria Mancinelli viene eletta prima cittadina con il 62,6% mentre Italo D'Angelo si ferma al 37,4%; nella città del Monte dei Paschi, Bruno Valentini è sindaco con il 52,0%, battendo il rivale Eugenio Neri al 48,0%. Infine, al sud - lasciando in sospeso il risultato delle quattro città siciliane, dove si votava per il primo turno con il centrosinistra comunque in vantaggio a Catania, a Messina, a Siracusa e a Ragusa - altre tre sconfitte per il centrodestra. Infatti, ad Avellino vince Paolo Foti con il 60,6% rispetto al 39,4% di Costantino Preziosi. A Barletta prevale di gran lunga Pasquale Cascella, già portavoce al Quirinale del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con il 62,9% contro il 37,1% del rivale Giovanni Alfarano. In Sardegna, a Iglesias, Emilio Gariazzo prevale con il 51,7% su Gian Marco Eltrudis, fermatosi al 48,3%.

Con la vittoria del centrosinistra, l'altro dato rilevante - già registratosi al primo turno e accentuato ancor più nei ballottaggi, Roma in testa - è l'altissima percentuale dell'astensionismo: al voto si è recato, infatti, meno della metà del corpo elettorale: il 48,5% degli aventi diritto. "Oramai, l'astensionismo ha raggiunto vette più americane che europee, per non parlare della tradizionale propensione italiana al voto, con oltre la metà degli elettori che invece ora si rifiuta di andare alle urne", è la prima osservazione del politologo Alessandro Campi, commentando all'Adnkronos il risultato del voto amministrativo. "E' vero che al secondo turno si registra un calo fisiologico - premette - ma qui, il dato è davvero preoccupante. E a preoccuparsi di più deve essere il Pdl, meno radicato sul territorio rispetto al Pd e con gli alleati della Lega in crisi evidente". Le cause, per Campi, "sono molte: alcune contingenti, altre più strutturali". Su questa tendenza al non voto, ad esempio, "può aver inciso persino la tendenza demografica in atto nel nostro Paese, che invecchia sempre più". Ma "in testa c'è la sensazione di disgusto che oramai provoca la politica 'tout-court' negli italiani, con la disistima che accomuna genericamente chi la rappresenta". Poi, "c'è la frustrazione che nasce dalla convinzione sempre più radicata che votare serve a poco: a livello nazionale, perché i partiti che si attaccano in campagna elettorale poi si mettono d'accordo per andare insieme al governo; a livello locale, perché non ci sono più risorse e nessun sindaco eletto può aumentare il numero dei bus o riparare le buche nelle strade o far funzionare la raccolta dei rifiuti".

(Adnkronos)

 


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