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28 marzo 2024

Vittorio Veneto

"Ecco perché mi tatuo le opere d'arte sulla pelle"

Martina, l'arte e quegli scatti senza veli: "Se mi sento libera di mostrarmi, ho vinto"

| Roberto Silvestrin |

immagine dell'autore

| Roberto Silvestrin |

martina de bortoli

VITTORIO VENETO - Non deve essere facile far convivere Sandro Botticelli, Salvador Dalí e Marcel Duchamp. Eppure Martina ce l’ha fatta: sulla propria pelle, letteralmente. Sulla sua spalla sinistra c’è il voto della Venere, poco distante – sulla schiena – il volto del maestro del surrealismo. E poi Duchamp sul fianco destro. “L’orinatoio, giusto?” le chiedo. “Sì, ma guarda che non ho mica un cesso tatuato”, mi risponde. Effettivamente sulla pelle c’è solo la firma del grande artista. Quei tatuaggi sono l’omaggio agli artisti che preferisce: “La Venere è un archetipo dell’arte, tutto parte da lì, è un simbolo di bellezza”.

 

Diciamo, però, che Martina De Bortoli, studentessa 27enne di Vittorio Veneto, è più una “Venere dark”. Frangetta, mascherina nera, anfibi e occhiali da vamp, con un look che ricorda – ma solo in tempi di pandemia e di Dpi obbligatori – quello di Miss Keta. Ha una bellezza sicuramente molto più aggressiva di quella del capolavoro del Botticelli: anche perché non nasconde la sua passione per il make-up. E le foto del suo profilo Instagram lo confermano.

 

 

Quale sarà il prossimo artista ad entrare nella collezione? “Il Caravaggio, con la Medusa, o qualcosa di Basquiat”. Il gusto del paradosso, insomma. C’è un dettaglio, però, che impressiona: i volti della Venere e di Dalí non hanno gli occhi. In effetti, quei due tatuaggi hanno qualcosa di strano, ma non riesci a coglierlo subito.

 

E perché sono ciechi? “Non devono vedere la schifezza che c’è in giro – spiega Martina -. Manca completamente la ricerca del bello, ci siamo abituati al brutto ormai. Sia dal punto di vista estetico, sia dal punto di vista morale”. Martina, infatti, usa la sua immagine per veicolare dei messaggi ben precisi. Anche con le sue foto senza veli.

 

 

Da dove viene questa passione per l’arte?

Da una gita fatta a Firenze in terza superiore. Quando ho visto la Venere per la prima volta mi sono messa a piangere.

 

Addirittura…

Sì. Le cose passano, l’arte è eterna. Quando la guardo mi sento immortale. È per questo che voglio dedicare la mia vita all’arte (studia Arte Contemporanea all’università di Venezia, ndr).

 

Obiettivi?

Non escludo l’insegnamento. Ma mi piacerebbe fare la curatrice di mostre.

 

Ti sono mancati i musei, quest’anno?

Da morire. Ci vado nei momenti di sconforto, per me è una terapia.

 

Parlami delle tue fotografie…

Beh, mi piace farmi fotografare. Sono un po’ egocentrica. Ce ne sono alcune, pubblicate sul mio profilo Instagram, che si richiamano alle pose delle opere d’arte del Rinascimento. Non è stato facile posare senza abiti, ma dopo un po’ l’imbarazzo sparisce.

 

Tu hai deciso di non nascondere i tuoi difetti.

Sì, perché si fa fatica ad accettare il diverso. Voglio solo dire che il corpo delle modelle, delle riviste, delle foto è uno stereotipo. E invece, secondo me, bisogna mostrare tutti i tipi di corpo.

 

Hai ricevuto critiche per questo?

No, perché il riferimento alle opere d’arte è evidente.

 

È un atto di libertà?

Sì. Perché se mi sento libera di mostrarmi vuol dire che ho vinto.

 

Ti danno della radical chic?

Certo (ride, ndr). E un po’ mi rompono i co****ni. Studiare non è mica un passatempo.

 

Sui social si trova di tutto. Anche gli haters…

Essere stupidi è una figata.

 


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Roberto Silvestrin

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