Ecco i Crostoli

Uno dei più conosciuti e amati dolci di Carnevale

| Giampiero Rorato |

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TREVISO - Il Carnevale è già iniziato e sappiamo che non regna più solo sul paese di Cuccagna, non è più quel personaggio “gran goloso, ebbro, ribaldo e lussurioso” di cui parlano le commedie medioevali.

Non è più “grasso, tondo e colorito”, condannato poi al rogo dalla strega “Quaresima”, “ossuta e sdentata”, quale monito alla derelitta umanità: Memento homo quia pulvis es et in pulverem reverteris (polvere sei e polvere tornerai).

Antichissime tradizioni precristiane divennero nel corso dei secoli, già nell’antica Roma e poi nel Medioevo, vivace teatro popolare, specchio di cose credute, sottolineando, in forme solo apparentemente scherzose, l’antagonismo fra l’inverno e la primavera, la lotta fra la morte e la vita, la contrapposizione fra i beni della terra e quelli del cielo.

In passato, nel mondo alla rovescia governato dal gaudente Carnevale, un po’ della dolcezza che riempiva le tavole del “re dei folli”, veniva trasferita anche al popolo delle campagne e le date di inizio dei festeggiamenti erano piuttosto varie.

Nella Roma antica c’erano i Saturnali, un ciclo di festività dedicate al dio Saturno e alla mitica età dell'oro. In epoca imperiale si svolgevano dal 17 al 23 dicembre, periodo fissato da Domiziano. Ed erano molto simili allo sfrenato carnevale medioevale.

Già prima del Mille, il carnevale iniziava nelle campagne il 17 gennaio, festa di Sant’Antonio Abate. In quel giorno si uccideva in molti luoghi il maiale e nel suo grasso venivano fritti, fino alla vigilia delle Ceneri, dei piccoli dolci che erano il segno della partecipazione del popolo alla festa.

A Venezia, e poi nel territorio della Serenissima, qui da noi dall’inizio del ‘300, il Carnevale cominciava a Santo Stefano, il giorno dopo Natale, e in città iniziavano le rappresentazioni teatrali e i balli e si preparavano nelle case e per le strade i dolci carnevaleschi.

I CROSTOLI

Quelli che nel Trevigiano sono chiamati “crostoli”, a Venezia sono chiamati “galani”, perché sono delle strisce di pasta intrecciata come dei nastri che si usavano un tempo al posto delle cravatte.

Sulla loro origine ci sono due teorie. C’è chi afferma che i nostri crostoli sono gli eredi diretti delle frictilia romane, rettangoli o rombi di pasta cotti nel lardo fuso davanti ai templi degli dei di Roma e dai Romani diffusi in tutte le terre da loro conquistate.

La mia personale teoria è diversa, ma riguarda soprattutto l’origine della pasta. C’è un c’è un verso del grande poeta latino Orazio (65-8 a.C.), il quale scrive in una sua Ode: “...inde domum me ad porri et ciceris refero laganique catinum." (Me ne torno a casa a gustare la mia scodella di porri, ceci e lagane). Le lagane erano delle strisce di pasta, una specie di lasagne, fritte nell’olio, salate e poi servite con ceci e porro a fettine (piatto tipico del popolo romano).

Queste lagane, al posto di essere salate, potevano venir passate sul miele ed erano un ottimo dolcetto. Nulla vieta che le frictilia – i nostri crostoli attuali - abbiamo proprio questa origine. La verità è che hanno superato indenni oltre duemila anni di storia e sono, pur con nomi diversi, diffusi ovunque.

Una ricetta tradizionale

Servono uova, zucchero pari alla metà del peso delle uova, burro pari al peso dello zucchero, 1 bicchierino di grappa ogni 4 uova, farina quanto serve per ottenere un impasto tipo tagliatelle, sale, olio o strutto per friggere, zucchero a velo.

Sbatti le uova in una terrina, aggiungi lo zucchero e il burro, diluisci con la grappa badando di sciogliere bene lo zucchero.

Aggiungi la farina e il sale e mescola con grande accuratezza per ottenere un impasto simili a quello per fare tagliatelle.

Spiana la pasta con il mattarello fino ad ottenere una sfoglia sottilissima e senza sbavature e tagliala a losanghe nella misura voluta con la rotellina. Fa friggere le losanghe nello strutto o nell’olio bollenti, scolale velocemente, quindi cospargile con zucchero a velo.

Gustale quando sono fredde.
 

 



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Giampiero Rorato

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