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28 marzo 2024

Nord-Est

Donna si toglie la vita in carcere, il magistrato: “Potevo parlarle di più, mille i dubbi”

Donna si toglie la vita in carcere, il magistrato: “Potevo parlarle di più, mille i dubbi” “Il carcere non è fatto per le donne”. Il padre: “Inutile rivangare il passato”

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Donna si toglie la vita in carcere, il magistrato: “Potevo parlarle di più, mille i dubbi”

VENEZIA - "Ho scritto che avrei potuto fare qualcosa di più, magari anche solo parlarle 10 minuti in più, mi vengono mille dubbi anche se la disponibilità per lei è sempre stata massima. Non solo da parte mia".

Lo afferma Vincenzo Semeraro, giudice di Sorveglianza di Verona, intervistato dal Corriere della Sera e da L'Arena dopo che una sua lettera di scuse è stata letta al funerale di Donatela Hodo, suicida nel carcere scaligero una decina di giorni fa. La giovane, precisa Semeraro "non aveva un carattere semplice, non facilitava il primo approccio perché opponeva una corazza che invero aveva innalzato per proteggere le sue fragilità, fragilità che derivavano da fatti privati e che l'avevano toccata in profondità. Per questo non si fidava.
Ma con il tempo le cose erano cambiate, il rapporto di fiducia è fondamentale, sempre. Io, magistrato di sorveglianza, devo potermi fidare e riuscire a costruire questo rapporto è difficile. Ma con Donatela ce l'avevo fatta, e un gesto così da lei non me lo sarei mai aspettato", aggiunge.

Nelle interviste il magistrato aggiunge delle considerazioni sul carcere che "come istituzione non è pensato per le donne ma per gli uomini, deve contenere violenza e aggressività maschile mentre la possibilità di dare sfogo all'emozionalità femminile non esiste. Quando vado in carcere... ogni volta visito entrambe le sezioni femminili. Parlo con le detenute. Donatela era venuta tante volte perché aveva voglia di parlare, aveva bisogno di qualcosa.

Farò degli accertamenti su alcune circostanze che mi sono state riferite relative a quella disgraziata notte. Però, parlando in generale, credo che quando si parla di vita e di morte intrecciate con la dipendenza - conclude - i concetti di bene o male vadano rivisti". Il padre di Donatela, Nevruz Hodo, ha intanto presentato un esposto nei confronti del carcere scaligero, perché venga fatta chiarezza sulle circostanze della morte e su eventuali mancanze nei controlli. Sulla vicenda è già stato aperto un fascicolo da parte della sostituta procuratrice Maria Beatrice Zanotti.

Il padre: “Non serve commentare il passato”

"Non c'è bisogno di commentare il passato di una persona che ha avuto dei problemi con la droga dopo che si è suicidata, sappiamo tutti quello che ha fatto per assumere la droga".

E' un passaggio del messaggio scritto su Facebook da Nevruz Hodo, padre di Donatella, la 27enne che una decina di giorni fa si è uccisa nel carcere di Verona. Il papà della ragazza ha voluto replicare ai commenti sprezzanti che sono stati postati sui social nei confronti della figlia, che era finita in carcere per alcuni furti legati alla sua dipendenza dagli stupefacenti.

"Se possibile - ha spiegato - servono belle parole per non fare male ancora alla famiglia. Non hanno un po' di pietà" ha concluso Nevruz Hodo che ha sostituito con un'immagine della figlia la sua foto profilo sul social. Intanto nei giorni scorsi le amiche di Donatella hanno creato un gruppo su Facebook, dal titolo "Sbarre di zucchero": "Volevamo dare un senso alla sua morte - hanno spiegato -, che non è essere contro le istituzioni, ma aiutare a capire perché in carcere si perde la speranza e ci si suicida. Niente guerre, ma collaborazione, perché non accada più".

 



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