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20 aprile 2024

Treviso

Domani l’addio all’artista Pino Filippone

Il “maestro della luce” si è spento a dieci giorni di distanza dalla moglie Anna

| Lieta Zanatta |

| Lieta Zanatta |

Pino Filippone con la moglie Anna

TREVISO - “Che tragedia...”. Solo questo era stato capace di sussurrare in un soffio davanti all'epigrafe, poggiata sul tavolo, che annunciava la scomparsa dell'amata moglie Anna. Poi ha lasciato andare lo sguardo sulla finestra e con lui, le forze per combattere il grande male che si era ripresentato dopo essere stato vinto una volta tredici anni fa. Dopo solo dieci giorni, sabato sera scorsa, Pino Filippone, pittore, scultore, scrittore, opinionista vivace e acuto della vita culturale e sociale trevigiana, ha chiuso gli occhi e ha raggiunto Anna. Un dramma che ha colpito amici e conoscenti, tanti, della coppia, che abitava in una casetta circondata dal giardino in una laterale di via Castellana, dalle parti di Monigo.

Un'abitazione che era anche il suo atelier, sempre aperta a tutti, come nel carattere di Pino, gioviale e disponibile, che era nato nel 1937 in Val d'Aosta da genitori calabresi. Una vita piena la sua, che lo ha portato a girare l'Italia e a stabilirsi dopo i primi trent'anni a Treviso dove aveva potuto coltivare la sua grande attitudine e passione per l'Arte. Filippone è stato infatti uno dei protagonisti del periodo bello dell'Arte, quello straordinario e frizzante che ha caratterizzato la scena veneta e nazionale negli anni '50 e '60. È infatti citato nei maggiori cataloghi nazionali e ha avuto notevoli recensioni dai maggiori critici ed esperti.

Una per tutti, quella di Virgilio Guidi, il maestro della luce, che su di lui ha scritto “Queste del Filippone sono rappresentazioni della luce, e pertanto rientrano nello spirito della pittura... Si sa che egli dipinge oggettivamente figure e paesaggi e invenzioni nei quali il problema della luce è sempre presente ma qui, in queste sue incisioni, la luce diviene idea”. Luce metafisica, che appare in uno dei suoi tanti filoni artistici esplorati, come quella che inondava i paesaggi e scorci trevigiani che immortalava in tele ed incisioni. O quella che adorava del Caravaggio, del quale riproduceva le grandi opere con particolari e vezzi differenti (come dei kiwi inseriti nelle coppe di frutta) per far capire che era una copia sì, ma che aveva del suo.

Una curiosità senza fine la sua, che lo ha portato ad amare la scultura del legno, una materia che lo affascinava e che gli ricordava le valli dov'era nato. Sono innumerevoli le sculture che ha prodotto (nudi, madri, animali, panche curiose). Solo gennaio scorso Pino aveva regalato alla Chiesa di Monigo un'opera lignea alta quattro metri, “La crocefissione di Gesù”, che ora si staglia sullo spiazzo erboso antistante l'edificio religioso. E poi c'era la scrittura, a cui di era dedicato con fervore. Aveva iniziato nel 1992 con “La valigia di tela col Cristo”, seguito nel 2002 con “Peperoncini a colazione” e nel 2006 “Noi no... non vestivamo alla marinara”.

Nel 2010 stampava “Vagando tra le nebbie”, dove raccontava con forza la sua lotta e poi vittoria contro la malattia che lo aveva aggredito. Nel 2015 era ritornato con “L'uomo che cercava la vita eterna”, nel 2016 “La misteriosa donna del treno” e nel 2017 “Te la racconto io l'Italia”. Aveva una verve di buona polemica che riversava nei casi di vita sociale e cittadina locale ma anche nazionale, che alimentava con lettere che inviava alle testate giornalistiche di Treviso provocando un bel dibattito. E l'argento vivo che aveva indosso lo aveva portato a collaborare nei progetti con la figlia minore Lucia, regista e sceneggiatrice, dove compare come attore nel docufilm sulla Resistenza veneziana “Li chiamavano ribelli”, premiato alla Biennale del Cinema di Venezia nel 2017. Ultimamente stava componendo i versi su un documentario che Lucia sta confezionando proprio sull'amato Caravaggio.

Un lavoro dove si era gettato corpo e anima, com'era da sua indole, che voleva terminare quando l'anno scorso, il male che aveva sconfitto si era ripresentato questa volta senza appello. Non l'aveva accettato, si era apprestato da combattente qual era ad affrontarlo ancora una volta e invece... colpo di scena. L'amata Anna, che non si rassegnava a doverlo perdere, è morta di crepacuore. È stata seppellita il 29 giugno, dopo essere passata sotto la grande statua lignea del Cristo in croce scolpita da Pino che ora l'ha raggiunta. I funerali di Filippone si terranno mercoledì 10 giugno alle 10.30, sempre nella chiesa di Monigo. Lascia tre figli, Ivor, Kathiuscia e Lucia.

Lieta Zanatta

 


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Lieta Zanatta

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