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20 aprile 2024

Treviso

Divagando tra pandemia, fiumi in piena e “Imagine”

EDITORIALE - “Si potrebbe dire che io sia un sognatore. Ma io non sono l’unico. Spero che un giorno vi unirete a noi. Ed il mondo sarà come un’unica entità”

| Ingrid Feltrin Jefwa |

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| Ingrid Feltrin Jefwa |

John Lennon

EDITORIALE – Lo ammetto oggi sono piuttosto combattuta sul tema del mio editoriale. La pandemia certo è una questione quanto mai attuale ma al tempo stesso così ossessivamente presente nelle nostre vite che scriverne tutti i giorni, o anche solo leggerne è sempre più estenuante. Certo il dovere dei giornalisti è informare, spesso anche solo riportando notizie di servizio ma non immaginate quanto possa essere penoso tornare sullo stesso tema, giorno dopo giorno, e quindi direi di glissare tanto a breve toccherà comunque tornare a scrivere di pandemia.

Ieri il maltempo ha sferzato il nostro paese, arrecando danni anche nella nostra Provincia. Una tematica che sento molto aderente alle mie sensibilità, soprattutto quando si parla di fiumi, come nelle ultime ore in cui diversi corsi d’acqua sono esondati anche nella Marca. La regimazione idraulica così come la pianificazione dei bacini è infatti da lungo tempo tra i mie interessi ma non vi nego che ciò a cui stiamo assistendo negli ultimi anni è quanto mai deprimente.

I fiumi, nel migliore dei casi, sono visti come presenze aliene, risorse da depredare o addirittura come fantomatici nemici in agguato pronti a colpire. Ma diciamocela tutta fino in fondo: che i fiumi esondino non è più un fatto “eccezionale” è quasi la regola. Nulla a che vedere con quanto successe nel 1966 in buona parte dell’Italia.

Già perché anche ieri, che le cose sarebbero andate così era già stato ampiamente previsto dalle previsioni meteo. Oramai ad ogni pioggia abbondante lo scenario che si profila è sempre il medesimo, quello del dissesto idrogeologico. Ma un tempo non era così, prima che il cemento la facesse da padrone e che le campagne fossero governate con criteri analoghi alla produzione industriale, il Piave “mormorava” con cadenze ben più distanti tra loro.

Mi chiedo quanto si dovrà ancora scrive e dire perché chi governa il territorio decida di tenere in debito contro il fatto che i cambiamenti climatici, le bizze sempre più frequenti dei corsi d’acqua e l’instabilità del suolo sono correlate tra loro ed hanno una matrice comune: la mancanza di rispetto per l’ambiente e per chi lo popola, esseri umani inclusi.

A prevalere però sono logiche diverse, evidentemente poco attente anche alle esigenze collettive. Ma non voglio pensare che questa via debba per forza essere l’unica percorribile. D’altronde cercare sempre un motivo di fiducia è ciò che ci induce ad andare avanti, l’immaginare che ci sia uno spiraglio, una chance, un’opportunità di cambiare ciò che percepiamo come ingiusto e distruttivo.

Un po’ come nella canzone “Imagine” scritta nel 1971 da John Lennon di cui proprio domani ricorrono i 40 della morte. Era, infatti, l’8 dicembre 1980 quando un mitomane gli sparò quattro colpi di pistola alle spalle mettendo così fine alla vita di un artista che aveva saputo dare voce alle speranze di tanti. Proprio così altrimenti non si spiegherebbe perché durante il primo lockdown (vi avevo avvertito che si sarebbe presto riparlato di Covid) proprio 'Imagine' è stato tra i brani più cantati e suonati dal 'movimento dei balconi'.

Improvvisandomi deejay voglio dedicare questa canzone, “Imagine”, a tutti coloro che hanno conosciuto troppo da vicino il Covid, a quanti si sono visti allagare la casa a chi ancora continua a sperare o magari a dipingere, suonare, cantare e perché no, a scrivere perché…

“Si potrebbe dire che io sia un sognatore
Ma io non sono l’unico
Spero che un giorno vi unirete a noi
Ed il mondo sarà come un’unica entità”.


 

 


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Ingrid Feltrin Jefwa

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