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25 aprile 2024

Treviso

DISABILE DOPO IL PARTO: IL CALVARIO DURA DA 17 ANNI

Dopo la sentenza di primo grado, l'Ulss di Treviso fa appello

| Mauro Favaro |

| Mauro Favaro |

DISABILE DOPO IL PARTO: IL CALVARIO DURA DA 17 ANNI

TREVISOAndrea è uno di quei ragazzi “nati due volte”, come scriveva Giuseppe Pontiggia. La prima ormai 17 anni fa, quando è venuto alla luce al Ca’ Foncello dopo un cesareo pieno di difficoltà che gli ha procurato una lesione al cervello e che l’ha costretto in uno stato vegetativo. La seconda si ripete ogni giorno, quando si alza solo grazie all’aiuto delle persone che hanno avuto un parto più fortunato.

O condotto da medici meno negligenti. Perché la causa avviata da sua madre 9 anni fa ha riconosciuto una colpa professionale nell’operato dell’equipe che avrebbe seguito la sua nascita con imprudenza e imperizia. Tanto che il tribunale di Treviso a fine marzo ha condannato l’Ulss a un risarcimento di 2,6 milioni (in parte coperti dall'assicurazione sulla responsabilità civile). Soldi che, però, la famiglia non ha mai visto.

«L'Ulss ha detto che non ha i mezzi per pagare – spiega l’avvocato della donna, Bruno Barbieri – non hanno considerato la proposta di transazione e sono ricorsi in appello dinanzi alla Corte di Venezia per tentare di rimandare il pagamento alle calende greche».

E ora la madre, ormai 50enne, nel frattempo trasferitasi in un'altra regione, attende quasi senza respirare l’udienza sulla sospensione del risarcimento fissata per il 14 dicembre. Per il processo di appello vero e proprio, dopo 17 anni, dovrà presumibilmente attendere ancora sino al 2016. Quando Andrea festeggerà il 22esimo compleanno.

«Il senso della mia vita è stato spazzato via insieme a quella di mio figlio per un banale errore medico – scrive la madre del ragazzo invalido al 100% a causa della sofferenza prenatale – quando l’Ulss si è rifiutata di risarcire il danno mi sono sentita strappare la vita per la seconda volta». Perché il risarcimento dei danni da parte di chi l’ha reso disabile serve ad Andrea per continuare a nascere ogni giorno. Anche quando la madre non ci sarà più.

 

La lettera della madre di Andrea.

"Scrivo questa lettera perché voglio rendere pubblica la mia sofferenza e quella di mio figlio, sofferenza causata ingiustamente da terze persone e per questo ho bisogno di chiedere ancora una volta aiuto alle istituzioni. Desidero che emerga la mia storia anche se la mia forza dopo tanto lottare è poca e la mia voce è diventata debole.

Sono la mamma di un ragazzo diversamente abile di entità e molto grave. Mio figlio ha 17 anni e io ne ho quasi 50. Da giovane ero una ragazza responsabile e coraggiosa, ho avuto sempre un grande senso del dovere e della responsabilità, amo la giustizia e il rispetto per le persone su questi principi si è sempre fondata l’educazione trasmessa dai miei genitori. Dopo gli studi all’estero e dopo aver frequentato l’Università mi sono laureata in lingue, parlo correttamente l’inglese, il tedesco e lo spagnolo, avevo un mondo davanti a me che mi dava speranze e fiducia.

Mi sono sposata a 29 anni e l’anno dopo sono rimasta in stato interessante. Avere un figlio era per me la coronazione di un sogno che avevo atteso sin da piccola, un figlio è il dono più bello e importante della vita, un figlio è la persona che avrebbe reso la mia vita eterna perché qualcosa di me sarebbe sempre stato in lui. Mio figlio un maschietto... mi dicevo... lo chiamerò Andrea. Così avevo deciso con suo padre e il mondo mi sorrideva. Ho avuto una gravidanza splendida, nessun problema, tutto regolare. Il mio umore e la mia salute erano in perfetto stato e tutto ciò si rifletteva sul piccolo Andrea che calciava senza sosta ansioso e in attesa di poter venire al mondo.

Due settimane prima della sua nascita però mi accorgo che per svariate ore non si era mosso per niente, vado al pronto soccorso per un controllo, essendo io una madre responsabile e premurosa e volendo assicurare il benessere del mio piccolo in ogni momento. Nell’Ospedale di Treviso mi viene comunicato che ci sono delle decelerazioni cardiache e decidono di ricoverarmi. Resto in quell’Ospedale per una settimana e le decelerazioni sono continue per tutto il tempo. Ad un certo punto senza un motivo che ci facesse pensare che mio figlio potesse essere fuori pericolo, i medici decidono di dimettermi e io fidandomi torno a casa commettendo l’errore più grande della mia vita.

Dopo circa due settimane della dimissione avevo le doglie da parto e torno in quell’Ospedale. Inizia un calvario senza precedenti nella mia vita e non sapevo che tale calvario si sarebbe perpetuato fino all’ultimo giorno della mia vita. I dolori sono lancinanti, la sofferenza è feroce ma c’è la dilatazione e nessuno del personale medico si decide a prendere la situazione in mano.

Invece di agire prontamente succede la tragedia. Dalle ore 6:00 del mattino mi fanno partorire con un cesareo urgente alle ore 21:00. Io ero completamente distrutta dalla sofferenza fisica e psichica. C’erano delle complicazioni in sala parto in quanto c’era insieme a me un’altra mamma in condizioni devastanti. Attimi che diventano secoli, tutto diventa confuso e dentro di me il dubbio se c’è l’avrei mai fatta ad uscire viva da quel posto... Mi viene somministrata l’anestesia generale e cala il silenzio ed il buio. Andrea nasce in stato bradicardico, tre giri di cordone, liquido amniotico nero...

Al mio risveglio mi dicono che è nato un bel bambino, ma non me lo fanno vedere subito, continuano a dirmi che è tutto a posto. Dopo qualche ora portano finalmente il piccolo Andrea. Andrea era scuro, piangeva disperatamente e non c’era modo di calmarlo, Andrea non si attaccava al seno. Andrea ha una lesione al cervello dovuta alla sofferenza subita...

Andrea non parlerà mai... Andrea non si laverà mai da solo... Andrea non mangerà mai da solo... Andrea non potrà neanche coprirsi da solo quando avrà freddo... Andrea non capirà mai quello che gli dico... Andrea non risponderà mai ad alcuna richiesta... Andrea non si sposerà mai... Andrea non avrà mai figli... Andrea non andrà mai a scuola... Andrea non potrà mai lavorare... Andrea non vivrà mai una vita che valga la pena di essere vissuta. Andrea avrà attacchi epilettici, arresti cardiaci, sarà operato 4 volte alle gambe per la spasticità. Andrea prenderà farmaci per tutta la sua vita 3 volte al giorno. Andrea non avrà mai amici con i quali giocare. Andrea non avrà diritto ad avere una fidanzatina. Andrea avrà una sedia a rotelle per sempre. Andrea avrà la casa piena di apparecchi per le gambe, tutori e scarpe ortopediche.

Io non vedrò mai mio figlio andare a scuola. Io non aiuterò mai mio figlio a fare i compiti. Io non potrò mai consolare mio figlio se ha litigato con il suo miglior amico. Io non potrò aiutare mio figlio se sta male perché non parla, posso solo vederlo soffrire. Al suo compleanno non verranno mai compagni di scuola. Io non potrò mai comperare il primo motorino. Io non aspetterò mai alla finestra mio figlio che torna dalla discoteca. Io non vedrò mai mio figlio laurearsi. Io non vedrò mai mio figlio sposato. Io non diventerò mai nonna. Io avrò una famiglia distrutta... spazzata via.

Io sono sua madre ed il senso della mia vita è stato spazzato via insieme a quella di mio figlio per un banale errore medico. Ho dovuto rinunciare alla mia carriera per poter seguire mio figlio che per responsabilità dei medici dovrà rinunciare alla sua vita. Credo nella giustizia, confido ciecamente nei magistrati. So di essere dalla parte della ragione.

Dopo 11 anni arriva una sentenza nel maggio del 2011 che mi dà ragione, che dà ragione a mio figlio. Ho sacrificato tutta l’esistenza per portare avanti con dignità la vita mia e quella di mio figlio che dipende interamente da me e ha solo me. Il mio peggior incubo è cosa succederà quando un giorno io non ci sarò, soffro e penso solo al pensiero di doverlo lasciare. La mia vita si è fondata sul fatto di dover assicurare un futuro dignitoso a questo mio figlio che per responsabilità altrui non può eseguire la più semplice delle funzioni e ha bisogno di assistenza continua 24 ore su 24.

Mi sono consumata cercando di creare una sicurezza attorno a lui e ora che la sentenza a suo favore è arrivata sapete cosa è successo? L’Ulss di Treviso si è rifiutata a risarcire il danno dicendo di non avere i mezzi per pagare! Ho sentito con orrore queste parole e credo veramente di non poter più avere la forza per continuare questa lotta così disumana. Mi sono sentita strappare la vita per la seconda volta.

Voglio però che la nostra dignità non possa essere calpestata, semplicemente perché non è giusto. C’è stato un bambino reso disabile per una responsabilità medica. Mi sono affidata a dei veri professionisti nel settore del diritto. C’è stato un Giudice responsabile e meticoloso che ha nominato un Ctu. C’è stato un Ctu che ha dato palesemente ragione a mio figlio.

C’è stata una sentenza che dà la responsabilità alla struttura sanitaria. C’è ora un responsabile dei danni che non intende risarcire. La giustizia ha fatto il suo corretto decorso ora ho bisogno di aiuto affinchè i responsabili paghino e affinchè si sappia che chi ha causato il danno si rifiuta di pagare. Voglio gridare vergogna!!! E voglio combattere ancora con le forze che mi sono rimaste, perché non posso accettare questa realtà".

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| modificato il:

Mauro Favaro

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