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28 marzo 2024

Lavoro

I decreti salvo intese...tecniche

Una giungla normativa sta mettendo in difficoltà professionisti e imprese

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I decreti salvo intese...tecniche

Dopo l’uscita dell’ennesimo Decreto, chiamato “Decreto Agosto”, sempre con la solita clausola “salvo intese”, molti professionisti (consulenti del lavoro e commercialisti) e imprese, sono con le mani nei capelli. Per capire tale reazione (metaforica), bisogna capire quale è stata la mole di norme, decreti attuativi e circolari esplicative emanate dagli organi legislativi e di governo e dagli vari istituti coinvolti con INPS e Agenzia della Entrate in prima linea. Per avere un’idea della mole di documenti e norme ecco una sintesi di quanto emanato da fine febbraio ai primi di agosto 2020: n. 5 leggi di conversione, 10 Decreti-legge, 16 DPCM, 9 Decreti di vari ministeri (MEF, Lavoro e Interno), 93 tra circolari e messaggi emessi dall’INPS, 10 tra circolari e istruzioni emesse dall’INAIL, 17 tra circolari, risoluzioni e provvedimenti emessi dall’Agenzia delle Entrate. Dopo questa enorme mole di documenti, e parliamo di migliaia di pagine da leggere, è stato approvato il Decreto Agosto.

 

Purtroppo, non basta leggere le migliaia di pagine, ma bisogna anche verificare se, cosa e il come si è già fatto è in linea con la normativa e le circolari esplicative. Il lavoro di matching tra questa mole documenti fa spesso emergere incongruenze tra gli stessi. Un esempio è quello che riguarda “l’ecobonus del 110%” dove si riscontrano che delle circolari, emesse dall’Agenzia delle entrate, smentiscono altre circolari emesse precedentemente dalla stessa agenzia. Altro esempio, che prendo da colleghi consulenti del lavoro, riguarda la cassa integrazione visto che, sintetizzando, nel Decreto agosto all’art. 1 si legge: “i periodi di integrazione precedentemente autorizzati ma collocati anche parzialmente dopo il 12 luglio 2020, si imputano alle prime nove settimane del nuovo Decreto”.

 

Sembrerebbe quindi che si stiano bruciando alle aziende eventuali residui delle vecchie cinque settimane più altre quattro settimane. Se sarà così lo vedremo nei giorni a venire, ma il dubbio è forte. Questa situazione sta animando dibattiti e confronti tra i professionisti che si trovano nella condizione di dover svolgere un lavoro, non solo rischioso, per gli eventuali errori che potrebbero danneggiare i loro clienti sia economicamente che finanziariamente, ma anche per l’enorme mole di attività a cui sono sottoposti con la ghigliottina delle scadenze fiscali e previdenziali. Ecco perché, come già scritto in questo mio articolo sono comprensibili e giustificate le richieste e le manifestazioni dei consulenti del lavoro e, in quest’altro articolo, le richieste e le minacce di sciopero da parte dei commercialisti. Probabilmente il legislatore non ha contezza del tipo di lavoro a cui sono sottoposti i professionisti in questa situazione. Sono sotto pressione per la compilazione di documenti e la presentazione di varie domande per la cassa integrazione e bonus di tutti i tipi (nido, affitto, trasporti pubblici, pubblicità, sanificazione, ecc.) che li porta a trascurare, volontariamente o involontariamente, una parte importante dell’attività professionale che riguarda l’analisi dei dati, i budget previsionali e le simulazioni future sugli andamenti economici e sui flussi di cassa delle imprese. Il motivo sta nel fatto che questa attività, che personalmente reputo importantissima per le aziende, non è soggetta a vincoli di scadenza o possibili sanzioni per errate o tardive presentazioni.

 

Un altro elemento che il legislatore non considera, è quello relativo al contenzioso che si genererà dalla poca chiarezza sull’interpretazione e sull’applicazione di questa marea di norme e circolari. Le aziende e i professionisti, quando non vedono riconosciute le istanze e le domande di cui ritengono averne diritto attivano, giustamente, azioni legali o ricorsi in commissioni tributarie contro le decisioni degli uffici della pubblica amministrazione che provocheranno un intasamento di pratiche con conseguente rallentamento di tutta la macchina amministrativa e giudiziaria e che aggraverà ulteriormente una situazione che era già pesante prima del Covid-19. Il paese necessità di riforme importanti se si vuole che l’economia riprenda a crescere. La crescita, oltre che per una visione del futuro, passa soprattutto per la realizzazione di riforme che riguardano il fisco, il lavoro, la giustizia e lo snellimento della burocrazia e del suo apparato mediante la reingegnerizzazione dei processi e la revisione della spesa pubblica. Per fare la revisione della spesa serve la volontà politica e l’iniziativa dovrebbe partire dai Ministri. Nei ministeri però, i direttori generali e i capi di gabinetto non hanno alcun interesse a cambiare la situazione attuale perché, per la maggior parte, si tratta di persone che sono lì da molti anni, spesso trascorsi a girare le dita delle mani, e senza esperienze di fuori dall’ambiente romano e a volte senza nessuna competenza. Di fondo sono un ottimista e penso che ogni problema, come una medaglia, abbia il suo rovescio, ma ho la strana sensazione che, anche questa volta, non si riesca a cogliere l’opportunità nascosta del problema chiamato Covid-19.

 

di Claudio Bottos

 



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