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28 marzo 2024

Treviso

CRISI: 4882 LAVORATORI IN MOBILITA' DA GENNAIO

Solo un terzo hanno diritto all' indennità di disoccupazione

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CRISI: 4882 LAVORATORI IN MOBILITA' DA GENNAIO

TREVISO – Sono 4882 i lavoratori della provincia di Treviso posti in mobilità da gennaio a tutto settembre 2012. Di questi solo un terzo hanno diritto all’indennità di disoccupazione, mentre la restante e parte di lavoratori non gode di alcun sostegno al reddito. A settembre le nuove immissioni di lavoratori in mobilità sono state 555, di cui 352 posizioni, la maggioranza, senza indennità.

“Si conferma purtroppo una tendenza negativa anche in settembre – commenta il segretario provinciale trevigiano della Uil Antonio Confortin (in foto)- dopo che già in agosto, proprio in concomitanza con la chiusura feriale di molte aziende che poi non hanno più riaperto, si era avuto un notevole incremento di lavoratori messo in mobilità, complessivamente quasi un migliaio di posizioni”

Nel dettaglio i più colpiti dal provvedimento sono stati gli operai rispetto agli impiegati ivi compresi anche i circa mille trecento lavoratori stranieri che dall’inizio dell’anno hanno perso il lavoro, di questi solo 253 godono di una qualche forma di indennità in base riconosciuta dalla Legge 223/91. Mentre l’iscrizione nelle liste di mobilità con indennità risultano predominanti nella fascia d’età di lavoratori che vanno dai 40 anni in su, si registra esattamente il contrario per le iscrizioni nelle liste di mobilità senza diritto all’indennità: qui la più colpita è la fascia dei trentenni che da gennaio al 30 settembre ammontano a 1568, di cui un terzo sono donne.

“Di fronte a questi numeri è difficile manifestare stupore dal momento che le cronache quotidiane sono uno stillicidio di crisi aziendali di tutte le dimensioni che si risolvono con l’intervento degli ammortizzatori sociali solo nella migliore delle ipotesi anche numericamente la più modesta – afferma Confortin – Un modello di tessuto produttivo, il nostro, che deve e sta cambiando con molti sforzi, ma il conto di errate strategie aziendali e di mancanza di investimenti fatti per tempo non possono sempre e solo pagarlo i lavoratori come questi dati invece stanno a dimostrare”.

 



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