Conegliano, il retroscena di Gracis, l’avvocato che ha cambiato sesso: “Zaia mi ha telefonato”
“Credo che la giunta sia stata coraggiosa. Le persone stanno realmente meglio dopo l’operazione”
CONEGLIANO - L’avvocato Alessandra Gracis è il simbolo della “scelta di civiltà” fatta dalla Regione. Perché ha vissuto in prima persona il cambio di sesso, perché ha condotto tante battaglie legali per i suoi assistiti e perché, dopo decine di messaggi whatsapp senza risposta, Luca Zaia ha telefonato proprio a lei per parlare della scelta della sua giunta. Qualche giorno fa la Regione ha infatti ufficializzato un provvedimento storico: il policlinico di Padova diventerà il centro regionale per il cambio di sesso. Per il trattamento della cosiddetta “disforia di genere” si tratta di una rivoluzione: la consulenza, gli accertamenti, l’assistenza psicologica e il trattamento chirurgico verranno infatti erogati dal servizio sanitario regionale. La questione è annosa, visto che l’inizio del lungo percorso politico, burocratico e logistico è iniziato circa 30 anni fa. Abbiamo chiesto all’avvocato coneglianese di spiegarci i dettagli di questa importante novità, visto che proprio una battaglia legale targata Gracis ha cambiato completamente l’iter legato al cambio di sesso.
Che cosa pensa della decisione della giunta Zaia?
Beh, meglio tardi che mai, visto che arriva con circa 30 anni di ritardo e dopo un percorso alquanto fallimentare. Credo però che la giunta sia stata coraggiosa. La gente potrebbe infatti sostenere che in questo modo vengono sottratti fondi alla sanità pubblica. Ora speriamo che il centro regionale si doti di protocolli di funzionamento e che questi vengano inviati alle varie diramazioni territoriali del sistema sanitario. Sarebbe auspicabile anche la creazione di un centro nazionale di questo tipo. Ho inviato mail e messaggi a Zaia per anni, ma lui non mi ha mai risposto. Ora però vorrei fare plauso al presidente, visto che nei giorni scorsi mi ha chiamata. È stata una telefonata molto piacevole.
Lei è un punto di riferimento per tante persone e ha cambiato per sempre la storia dell’iter per il cambio di sesso…
La sentenza 15138 del 2015 è stata decisiva. Prima di questo pronunciamento della Corte di Cassazione, infatti, per il cambio di sesso anagrafico serviva la sterilizzazione, che era la vera discriminante per la transizione. Una mia assistita è invece riuscita a percorrere tutti i gradi di giudizio e a cambiare sesso senza ricorrere all’operazione. Si trattava di una persona che aveva acquisito sembianze femminili utilizzando ormoni femminilizzanti. Aveva vissuto 10 anni nei panni di una donna. Noi abbiamo posto questo problema: in fondo non c’era scritto da nessuna parte che per il cambio di sesso serviva l’intervento sugli organi genitali. E così quella persona ha potuto completare la transizione senza intervento. Poco dopo anche la Corte Costituzionale ci ha dato ragione con la sentenza 221 del 2015. In quel momento è cambiato tutto, perché la discriminante della sterilizzazione oggi non viene più richiesta. Bastano il riconoscimento della modificazione di qualcuna delle altre caratteristiche sessuali e una definitiva acquisizione del ruolo sociale del sesso desiderato accertata dal Tribunale.
Lei ha affrontato in prima persona questo percorso. Ce lo vuole raccontare?
Io ho cambiato sesso nel 2012 con un intervento chirurgico, ma non ho cambiato sesso all’anagrafe perché tengo molto al mio matrimonio. Ho una moglie e non voglio che il nostro matrimonio venga convertito in unione civile. Per questo e per altri motivi burocratici e lavorativi ho deciso di non cambiare genere all’anagrafe. Il mio è un ottimo esempio di integrazione: la mia comunità non mi ha escluso, ho guadagnato diversi clienti e ho addirittura ricevuto attestati di stima da alcuni “nemici”. Per me è stato molto emozionante vedere che nel mio Veneto non ero soggetta a comportamenti triviali e discriminazioni. Vuol dire che posso vivere una vita normale e che sono circondata dall’affetto degli altri.
Spesso dietro la scelta di cambiare sesso ci sono delle vere e proprie tragedie personali…
Sì, per questo la scelta della giunta è un gesto di civiltà nei confronti delle persone che ne hanno bisogno. Ho visto papà, mamme e nonni spettacolari in questi anni. Anche i famigliari vivono dei veri e propri incubi. I centri per il cambio del sesso non sono delle fabbriche degli orrori dove le persone vengono seguite nella loro follia. Non si tratta di narcisismi di persone disturbate. In tutti i casi si affronta un percorso medico pieno di accertamenti e valutazioni e avallato dalla sentenza di un magistrato. Tutto questo non ha nulla a che vedere con la fluidità di genere.
Quanto è importante l’operazione in questo percorso?
Deve essere la tappa finale per arrivare al benessere della persona. Mi dispiace che ci sia stata una levata di scudi contro questa scelta. Le persone stanno realmente meglio dopo l’operazione, che viene fatta solo dopo l’emanazione di una sentenza da parte del magistrato. In questo modo viene data una seconda chance ad una persona, che viene inclusa nella società.