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28 marzo 2024

Castelfranco

Il comune di San Zenone si unisce al popolo armeno, che ieri celebrava i 106 anni del genocidio

Le parole di Padre Abijan Marderos, sacerdote mechitarista da molti anni residente a San Zenone, che si fa portavoce del messaggio delle Associazioni Armene in Italia.

| Maria Elena Tonin |

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| Maria Elena Tonin |

 Padre Abijan Marderos

SAN ZENONE DEGLI EZZELINI - Un 25 aprile diverso per i comuni di San Zenone e di Asolo, che quest'anno danno voce alla comunità armena, a sei mesi di distanza dall'aggressione militare verso la Repubblica di Artsakh (Nagorno Karabakh), ricordando che proprio ieri si celebrava i 106 anni dal genocidio degli armeni. "Un popolo come l'Italia è potuto ripartire, ma ci sono popoli che non hanno potuto fare altrettanto perchè ancora oggi non sono riconosciuti nella loro vera libertà. Non vedono riconosciuta la propria storia e questo penso sia un dolore difficile da accettare" racconta Fabio Marin sindaco di San Zenone "Il popolo armeno, attraverso la presenza concreta dei miei concittadini, è amico della nostra Comunità: è pesante pensare che abbiano dovuto attendere 106 anni affinchè un paese come gli Stati Uniti riconoscesse un genocidio dove sono state uccise più di un milione e mezzo di persone."



Si va avanti, ma la storia presenta il conto: questo sembra essere il pensiero di Padre Abijan Marderos, sacerdote mechitarista da molti anni residente a San Zenone, che si fa portavoce del messaggio delle Associazioni Armene in Italia. Persone che negli anni si sono integrate nei paesi che li hanno accolti, ma che la diaspora ha reso invisibii. "Le conseguenze del genocidio le stiamo pagando ancora oggi" racconta Padre Abijan "non dimentichiamo le nostre radici ma è sempre più difficile coltivare una memoria comune, sentirci uniti e anche il mio ordine, ha pagato a caro prezzo quanto successo, in termini di vocazioni, tanto è vero che siamo molto anziani e probabilmente l'ordine andrà a morire."



Diaspora è una parola che a Padre Abijan, che non torna in Armenia da più di 20 anni, non piace e che non usa: parla piuttosto di colonie armene nel mondo. "I turchi hanno cambiato il nome alle nostre città, ai fiumi, alle strade. Stiamo dimenticando la nostra lingua, quando siamo sempre stati un popolo di cultura. Il genocidio è avvenuto per motivi politici, la religione non centra: il  popolo armeno è piccolo e nessuna potenza interviene. Credo, comunque, che quello che vale per il popolo armeno valga per ogni minoranza e penso oggi alla situazione in Siria o in Libano."



Integrazione? Si, assolutamente e un pensiero di gratitudine va all'Italia o alla Francia che hanno dato la possibilità di una nuova vita, paesi in cui ormai siamo alla terza generazione di armeni, ma Padre Abijan conclude raccontando un episodio accaduto a metà anni '70: "Partivo a Beirut diretto a Costantinopoli" spiega "sono rimasto confinato per oltre 4 ore: alla fine non mi permisero di entrare in città, perchè avevo la cittadinanza italiana."



"Noi italiani il valore della libertà l'abbiamo capito il 25 aprile." sottolinea invece Fabio Marin "abbiamo potuto chiudere un capitolo buio della nostra storia e rinascere come popolo nuovo, come una delle Nazioni più belle del mondo. Abbiamo potuto riscrivere tutto da zero, dopo essere riusciti a lottare per quello che ci stava a cuore, così oggi abbiamo la libertà e la possibilità di raggiungere ciò che desideriamo, nel rispetto degli altri."



 


 


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Maria Elena Tonin

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