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20 aprile 2024

Montebelluna

Comitati e associazioni rivierasche del Medio Piave contro il "divide et impera" di alcune istituzioni

L'indignazione delle comunità del Piave verso chi promuove le casse di espansione a Ciano e la diga di Falzè come unica soluzione alla sicurezza

| Ingrid Feltrin Jefwa |

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| Ingrid Feltrin Jefwa |

Piave

MEDIO PIAVE - Un lungo elenco di associazioni ha diffuso una nota per contestare le tesi proposte da alcune istituzioni come unica via da percorrere per la sicurezza lungo il fiume Piave. A destare l'indignazione dell'associazionismo del Medio Piave un incontro pubblico durante il quale si è promosso casse di espansione nella Grave di Ciano del Montello e diga di Falzè come una sorta di panacea di tutti i mali del fiume.

"Sabato 8 ottobre abbiamo presenziato al Convegno tenutosi a Belluno sul tema “il Piave e le sue acque: ricerca di un equilibrio tra utilizzazione, sfruttamento e qualità ambientali” in cui relazionavano sostanzialmente tutti gli stakeholder istituzionali (Regione Veneto, ARPAV e Autorità di Distretto Alpi Orientali) e di interessi economici (Consorzio Piave ed ENEL GreenPower) più alcuni Sindaci dell’Alto Piave e del Basso Piave. Sostanzialmente si sarebbe dovuto parlare di Deflusso Minimo Vitale e Deflusso Ecologico. In realtà buona parte del convegno è stato strutturata come argomentazione a favore della realizzazione delle casse di espansione sulle Grave di Ciano e della realizzazione di un invaso a Falzè di Piave". Precisano in un comunicato: Franco Nicoletti presidente del Comitato per la Tutela delle Grave di Ciano, Libera Benedetti presidente del Comitato per la Tutela del Nostro Piave, Fausto Pozzobon presidente del Circolo Legambiente Piavenire, Marisa Romeo coordinatrice del Comitato Piave, Fiume Vivo, Adriano Ghizzo presidente Comitato No Diga, Gilberto Fregolent presidente Associazione Da Ponte a Ponte e Marcella Callegari presidente Legambiente Sernaglia della Battaglia.

"Nell’ottica di un dibattito aperto e costruttivo mancavano rappresentanti del mondo della tutela ambientale e i Sindaci del Medio Piave. Risulta evidente il tentativo di contrapporre e fomentare il contrasto tra aree e cittadini, riproponendo una logica divisiva tra le comunità lungo il fiume, anziché di ascolto e collaborazione. Lo stesso dicasi per l’accento posto sugli interessi economici: il livello dell’acqua dei laghi di montagna nella stagione turistica del bellunese contro gli agricoltori della pianura veneta nella stagione estiva nei periodi di siccità - proseguono -. Ci lascia in particolare basiti l’intervento della Sindaca di Musile di Piave Silvia Susanna che, rivolgendosi all’Autorità di Distretto, chiede di togliere il vincolo di rischio idrogeologico dai terreni del suo Comune per poter continuare a costruire in zone a rischio di esondazione, sorvolando sul fatto che è proprio dalla pianificazione e urbanizzazione scriteriata degli ultimi decenni che deriva il rischio idrogeologico per quelle zone".

Comitati e associazioni, difendono poi l'onestà intellettuale degli amministratori pubblici dei Comuni del Medio Piave, a cominciare dalla sindaca di Crocetta del Montello: "Suona quindi tendenziosa la provocazione verso la Sindaca di Crocetta del Montello Marianella Tormena, rappresentante di un territorio che non ha mai concesso edificazioni nell’alveo del fiume (che pur corrisponde ad un terzo del proprio territorio comunale): “Ho ricevuto un calendario bellissimo dal sindaco di Crocetta del Montello con tutte le specie che ci sono nelle Grave di Ciano. L’ho apprezzato tantissimo però che non me lo mandi più: vorrei evitare in futuro di essere io a mandare un calendario con magari delle immagini un po’ più tragiche”. E’ invece possibile coniugare sicurezza e conservazione dell’ambiente, optando per soluzioni che prendano in considerazione l’intera asta del fiume, così come chiaramente indicato dalle Direttive Europee in materia".

"L’intervento del professor D’Alpaos, a nostro avviso controverso in più punti, si conclude evidenziando la complessa situazione del fiume e la necessità di adottare criteri più rispettosi della vita dello stesso, “abbandonando comportamenti che sono una inaccettabile eredità dei tempi passati”, ma di fatto riproponendo un intervento straordinariamente impattante e in linea con l’approccio novecentesco e tecnocratico al fiume che ha portato alla situazione attuale. Le moderne direttive europee indicano come preferenziale la via della riqualificazione fluviale: come strumento di prevenzione del rischio idrogeologico (sacrosanto), ma anche come strumento di salvaguardia della biodiversità e degli ecosistemi. In Italia e in Europa si sono moltiplicate le esperienze in questo senso e ci auguriamo che questa sia l’occasione anche per la nostra regione di considerare un cambio di direzione".

"L’area delle Grave, inserita in un contesto di indiscutibile valenza storica ed identitaria, è oggetto di tutela per il suo elevato pregio ambientale: che si voglia o meno, bisogna fare i conti con questo e con valutazioni che si rifanno a norme sovra-regionali e sovra-nazionali. L’analisi ambientale fatta dal prof. D’Alpaos basandosi su moderne fonti e tecnologie a disposizione, ovvero ”le fotografie scattate al tempo della prima guerra mondiale”, risulta una valutazione anacronistica così come risulta ingenua – soprattutto per il Piave - una visione “purista” che polarizza “naturalità” e “artificialità” in maniera binaria: questa zona presenta piuttosto i caratteri ibridi del “terzo Paesaggio”, uno spazio precedentemente sfruttato, dove le maglie della frequentazione antropica si sono via via rarefatte e hanno lasciato spazio alla diversità biologica. Che la zona sia stata manipolata da interventi umani e poi “liberata”, in ogni caso, non ne sminuisce il valore ecologico attuale, anzi semmai la rende frutto di un equilibrio delicato e simbiotico che è venuto creandosi in decenni grazie ad una combinazione unica (che l’“homo faber” o la Regione Veneto , non possono pensare di ricostruire da un giorno all’alto né da un mese all’altro)".

Sull'esperto di lungo corso poi aggiungono: "L’ing.D’Alpaos si esprime poi sentitamente sul sacrificio delle comunità bellunesi che hanno visto il loro paesaggio stravolto dall’avvento dell’idroelettrico e da opere “calate addosso” a cui non hanno potuto opporsi… Ma le comunità hanno provato ad avere voce in capitolo. Hanno però trovato un muro inscalfibile (inscalfibile come quello che vediamo a Longarone, “cemento mori”) determinato da un intreccio fatale tra interessi economici, ma anche dalla boria di scienziati e tecnici in posizioni ambigue, la cui competenza non poteva abbassarsi a tendere l’orecchio alle comunità locali o a voci diverse".

"Erto, Casso, Vallesella… si sono organizzati in comitati, hanno documentato e lanciato l’allarme sull’aggravarsi della situazione, portando una conoscenza empirica, quotidiana, profonda del territorio, purtroppo derubricata come credenza, ignoranza o “interesse minoritario”. Storie che ci risuonano come vicine, che ci ricordano l’importanza di costruire un paesaggio democratico in cui cittadini, comitati, associazioni e diverse realtà abbiano il diritto e il dovere di esprimersi. La proposta di avere un approccio diverso e partecipato alle tematiche del fiume Piave è diventata un vero e proprio progetto di comunità allargata, la cui valenza e importanza di rete è stata riconosciuta dal premio nazionale “Ambasciatori dell'Economia Civile” 2022 consegnato a Firenze nel mese di Settembre al Comune di Crocetta. Questo a sottolineare l'importanza di riuscire a fare squadra per un bene comune a tutti, di cercare soluzioni efficaci ma sostenibili ad un problema complesso che deve essere affrontato trasversalmente e in modo multidisciplinare".

"Forti di questa convinzione ci auguriamo che l’uscita del Professore ”non ne usciamo se continuiamo a dare fiato a chi dovrebbe star zitto e ascoltare. I sindaci sono importanti certamente ma non possono avere parola su questioni che riguardano la sicurezza del territorio, non possono aver parola! I giudici non possono aver parola in questo campo” sia più una provocazione (uscita male) che una reale convinzione. In un’ottica di maggiore dialogo tra Accademia e società civile in termini di scambio e condivisione di conoscenza, confidiamo che Università e ricercatori si mostrino interessati a portare avanti approfondimenti scientifici e multidisciplinari su questi temi per dare nuova linfa a un dibattito sul tema che da troppi anni fatica a uscire dalla logica del monologo dei decisori".

Quindi un messaggio rivolto all'assessore regionale: "A tal proposito facciamo un appunto all’Ass.re Bottacin, che continua ostinatamente a chiedere a chi non vuole questa opera di proporre un’altra soluzione, e alla Dott.ssa Colaizzi: non sono i Sindaci o la cittadinanza a dover indicare una soluzione alternativa efficace, non hanno né le conoscenze né le risorse, ma è compito della Regione o Distretto di Bacino individuare la miglior soluzione e, qualora insista su un territorio Rete Natura 2000, certificare che non esistano soluzioni altrettanto efficaci. Pertanto ci aspettiamo una precisa risposta a questa domanda: chi tra Regione Veneto e Distretto di Bacino Alpi Orientali si prende la responsabilità di affermare di aver valutato adeguatamente tutte le possibili alternative e con assoluta certezza dichiarare che non ne esista alcuna?"

"Ricordiamo che dal 1966 al 2011, senza alcuna azione contraria di Sindaci e/o Comitati, come risultato di quasi 50 anni di lavoro della Pubblica Amministrazione abbiamo un Piano delle Azioni e degli Interventi in antitesi con il Piano Stralcio Sicurezza Idraulica e con le Direttive Europee, un Piano che non offre risposte in merito al Deflusso Ecologico, alla gestione dei sedimi, alle crescenti necessità idriche dovute alla siccità e al cambiamento climatico, ad oggi mai tenuto in considerazione".

"Come Comitati e Associazioni, che rappresentano un territorio di ben oltre 100.000 cittadini, auspichiamo che finalmente, come caldamente suggerito ancora nel 2020 dall’allora Ministro dell’Ambiente Dott. Sergio Costa, si voglia istituire un tavolo serio di Contratto di Fiume finalizzato ad una riqualificazione e rinaturalizzazione del fiume stesso e del suo bacino (così come indicato dalla Comunità Europea) e che le Comunità rivierasche di tutto il fiume non cadano nel trabocchetto di farsi trascinare in uno “scontro tra poveri” anziché veri portatori di interessi comuni. Ad una iniziativa di questo genere, che abbiamo fin da subito auspicato, continuiamo a dare la nostra disponibilità ora e sempre".
 

 


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