Cava Morganella: "La Regione revochi l’autorizzazione a ulteriori scavi sottofalda"
La richiesta delle minoranze al presidente Zaia
| Isabella Loschi |
PONZANO - “Non possiamo permettere l’ampliamento sottofalda di cava Morganella fino a 60 metri, in violazione dell’attuale legge e senza sapere, dopo cinque anni, la natura dei materiali presenti sul fondo. La Regione deve revocare l’autorizzazione firmata il 31 dicembre”.
Il caso degli scavi sulla Cava Morganella, a cavallo tra i comune di Ponzano e Paese, torna in consiglio regionale con una mozione sottoscritta dai consiglieri del Pd, a cui si sono aggiunti gli altri esponenti della minoranza, Arturo Lorenzoni (Gruppo Misto), Cristina Guarda (Europa Verde), Elena Ostanel (Veneto che Vogliamo) ed Erika Baldin (Movimento Cinque Stelle).
“Sull’opposizione a questo progetto - sostiene Andrea Zanoni - non arretreremo di un millimetro. L’ampliamento dello scavo in falda potrebbe mettere a rischio inquinamento l’acqua dei pozzi a valle della cava, come ha denunciato l’Alto Trevigiano Servizi (Ats), che gestisce il servizio idrico integrato di 52 Comuni. In ogni caso è un progetto che viola la legge 13/2018 sulle cave e quella precedente, la 44 del 1982. La nuova normativa stabilisce che per quanto riguarda i procedimenti amministrativi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, ‘continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti alla data in cui i procedimenti hanno avuto iniziò. E, sulla base della legge precedente, dai 40 metri attuali la profondità di scavo può arrivare al massimo a 43, non a 60. Lo confermano due pareri, uno della direzione geologia e risorse del 2012, indirizzato all’Unità Via e l’altro del 2018 della Direzione difesa del suolo dell’area tutela e sviluppo del territorio”.
Per i consiglieri di minoranza, poi, resta ancora da chiarire la natura dei materiali ritrovati sul fondo della cava dopo l’ispezione della Provincia di Treviso: “Nel 2016 - spiega Zanoni - era stato approvato all’unanimità in consiglio regionale un ordine del giorno con cui si chiedeva alla giunta di effettuare, tramite Arpav, una ricognizione per determinarne la natura e l’eventuale pericolosità. Impegno rimasto lettera morta dopo cinque anni”.
La preoccupazione per questo progetto si è diffusa anche tra i cittadini: “Sono oltre duemila le persone che hanno firmato la petizione con cui si chiede al presidente Zaia di revocare l’atto e al ministero dell’Ambiente, ai sindaci dei comuni interessati, Ponzano Veneto, Treviso e Paese e al presidente di Ats di impugnarlo il decreto davanti al Tar del Veneto”.