"Cancello schifezze a titolo gratuito"
L'intervista al writer "Cibo". Originario di Conegliano, vive e opera nel Veronese
CONEGLIANO - Una fetta di formaggio al posto di una svastica, un limone al posto di una croce celtica, un piatto di spaghetti sopra una scritta no-vax. “Cibo” combatte l’odio con la street art, coprendo simboli e graffiti con immagini di cibi. La sua personale battaglia contro le brutture lo ha reso noto in tutta Italia. Pier Paolo Spinazzè (questo il suo vero nome) è originario di Conegliano, ma da anni vive e opera nel Veronese. Ha passato la propria infanzia nella frazione di Ogliano e si è laureato a Treviso, ma ha trovato la propria dimensione lontano dalla Marca. Milo, suo figlio, è nato circa un mese fa.
“Ho deciso di prendermi qualche giorno di pausa e di godermelo – ha reso noto l’artista -. Attualmente sono in paternità”. Ieri sera, durante la veglia per la pace che si è tenuta nella chiesa dei Santi Martino e Rosa, “Cibo” ha raccontato le sue esperienze e ha spiegato il senso delle sue opere.
Perché hai deciso di dedicarti a questa attività?
Fondamentalmente cancello schifezze a titolo gratuito. Senza i volontari l’Italia non sarebbe così bella.
Come vivi?
Non copro solo graffiti. In realtà faccio street art da tanti anni, vengo pagato per realizzare opere murali. Disegno quasi sempre cibo e alimenti.
Com’è il panorama della street art in Italia?
All’estero va molto di più, perché sono abituati alle trasformazioni e ai cambiamenti delle città. Spesso queste opere sono previste nella costruzione di nuovi edifici. In Italia facciamo più fatica, ma rispetto ai primi tempi la situazione è decisamente migliorata. Oggi la gente ci guarda in maniera diversa: una volta eravamo dei “criminali”, ora siamo degli artisti.
Perché disegni sempre cibo?
Perché ho sempre fame e mangio sempre. Le cose nascono per scherzo, poi magari piacciono e convincono le persone. Spesso rappresento i prodotti tipici di un territorio.
Un esempio?
In Cansiglio disegnerei una fetta di Montasio, non un pezzo di pecorino romano.
Che messaggio vuoi trasmettere?
Il mio è un messaggio di speranza. Disegno il cibo perché a tavola ci si incontra. Faccio sempre l’esempio della caprese: il basilico viene dall’India, il pomodoro dall’America, la mozzarella dalla Campania, l’olio dalla Siria. Si possono veicolare messaggi positivi anche con la cucina. In fondo a tavola siamo tutti più buoni.