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16 aprile 2024

Treviso

BUONA DOMENICA La scuola al tempo dei social, dove manca il buon senso

Proibire nella scuola chat e social: dai Presidi la proposta di un nuovo codice deontologico.

| Roberto Grigoletto |

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| Roberto Grigoletto |

Social e chat banditi dalle scuole: proposta dell'Associazione Presidi

TREVISO - L’associazione nazionale Presidi del Lazio dice basta chat: tra professori e studenti, tra genitori degli allievi, di classe e di istituto. Basta con i post, banditi like, cuoricini ed emoticon. Amici mai: su Facebook, Instagram, TikTok. Un nuovo codice deontologico è alle viste e le ragioni le ha spiegate al “Corriere della sera” mercoledì scorso il presidente dei Dirigenti scolastici di Roma, Mario Rusconi.

“Vanno evitate le chat con genitori e con studenti, se non per questioni di natura urgentissima come una gita che salta all’improvviso. Vorremmo bandire i gruppi WhatsApp in cui i genitori chiedono perché il figlio ha preso 7 invece di 8. Un regolamento anche per evitare pubblicazioni controproducenti per l’immagine degli istituti stessi. “La critica va bene, ma non la diffamazione e anche chi mette like a questo tipo di contenuto è ritenuto dalla legge colpevole”.

Impiego e utilizzo dei social che oltrepassano effettivamente il limite: del buon senso e del buon gusto.

Chat tra genitori di classe che, dall’asilo alla maturità, che paragonare a sette della Carboneria è dire poco: si vomita di tutto e il contrario di tutto, non si discute: si sobilla. Nessun confronto, solo sentenze - di condanna - contro un convitato di pietra: il corpo docente.

Su un altro fronte non meno insidioso è quel tipo di confidenzialità che certi genitori pensano di potersi liberamente prendere con maestre e professori; famiglie alle quali una mano non basta e si pigliano anche il braccio: whatsapp agli insegnanti come se non ci fosse un domani, a tutte le ore, in ogni occasione: verifiche e interrogazioni da commentare; consigli e raccomandazioni, giustificazioni e “non posso venire a colloquio, come va mio figlio?”.

Da qualche parte e doverosamente si insiste sul diritto alla disconnessione. “Preferirei che fosse utilizzata sempre la piattaforma ufficiale per le comunicazioni — è la posizione di Anna Maria Riccio, del Coordinamento dei presidenti dei Consigli d’Istituto — però dovrebbero avere tutti la formazione necessaria per utilizzarla” (“Corriere della sera” 20 aprile).

Like e tag, emoticon e commenti li riversano copiosi gli studenti sui post dei loro prof. Poco male, se il buon senso non difetta. In chi pubblica, prima di tutto. Deontologia professionale vuole che insegnanti di allievi amici sui social non diffondano l’inopportuno: educatori si diventa e si rimane, sempre. Anche fuori dalla scuola. Alternativa non c’è: post, foto, video rimangono indelebili.

Ma è nell’era digitale che viviamo, non nel mondo della luna.Impensabile, impraticabile voler forgiare una materia prima che di rete, di tecnologia e di social si nutre. Non a caso la Rete degli studenti medi di un codice deontologico non ne vuole sentire neanche parlare: “Un parere poco utile e fuori dal tempo. Serve educare alla tecnologia, non disincentivarla”.

Equilibrio, buon senso, moderazione: il linguaggio social si può declinare. A patto di avere a che fare con genitori e docenti adulti. Ed educatori.

Buona domenica

 


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Roberto Grigoletto

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