BUONA DOMENICA Professori chiarissimi e possibilmente esenti
Centocinquanta docenti universitari, tra i quali il noto e apprezzato storico Barbero, contro l'obbligo del green pass. Senza "passaporto" però rischiano tutti, anche di non tornare in presenza
TREVISO - Figura in un elenco di centocinquanta firme ma il suo è il nome che più è risaltato e ha fatto colpo: il prof. Alessandro Barbero, docente ordinario di Storia Medievale all’Università del Piemonte Orientale, divulgatore televisivo che la Storia sa come raccontarla, appassionando tanti, giovani e meno giovani, studenti lavoratori e pensionati, in tv e su podcast.
Meno avvincente (e poco convincente) nel raccontarne un’altra di storia: quella della natura discriminatoria del green pass. Ma soltanto all’università. “Un conto è dire “Signori, abbiamo deciso che il vaccino è obbligatorio perché è necessario, e di conseguenza, adesso introduciamo l’obbligo”: io non avrei niente da dire su questo. Un altro conto è dire “No, non c’è nessun obbligo, ma non puoi più andare all’università senza il green pass”.
La carica dei cento e… cinquanta, chiamati a raccolta per lanciare un appello che dice tutto e il suo contrario: “Molti tra noi hanno liberamente scelto di sottoporsi alla vaccinazione anti-Covid-19, convinti della sua sicurezza ed efficacia. Tutti noi, però, reputiamo ingiusta e illegittima la discriminazione introdotta ai danni di una minoranza, in quanto in contrasto con i dettami della Costituzione”.
Vaccinati per lo più lo sono i docenti sottoscrittori dell’appello pubblico. Vogliono preservare però la libertà di scelta di tutti e favorire l’inclusione paritaria, in ogni sua forma. “Nella situazione attuale, o si subisce il green pass, oppure si viene esclusi dalla possibilità di frequentare le aule universitarie e, nel caso dei docenti, si è sospesi dall’insegnamento: tutto questo viola quei diritti di studio e formazione che sono garantiti dalla Costituzione e rappresenta un pericoloso precedente”.
Peccato che una differenziazione verrebbe surrettiziamente a insinuarsi e una discriminazione bella e buona nei confronti di chi insegna alle superiori, alle medie e alle elementari, rispediti a casa senza soldi se non esibiscono il passaporto verde: loro no e gli altri sì? Com'é che "loro", gli accademici, possono essere così generosi da accogliere colleghi e studenti no green pass (che poi, alla fin fine, è sinonimo di no vax). Hai visto mai che sono in possesso, insieme ai titoli, di un numero assai più elevato di anticorpi.
E tuttavia le argomentazioni dei “Chiarissimi 150” in tema di popolazione scolastica universitaria privata - come si legge ancora nell’Appello - “di quei diritti fondamentali garantiti loro dalla Costituzione (eguaglianza, libertà personale, lavoro, studio, libertà di associazione, libertà di circolazione, libertà di opinione)”,non sembrano così stringenti. Appunto il rischio elevato di contagio per i numeri di studenti in circolazione, peregrinanti di aula in aula e di sede in sede - cosa che rende realmente complesso un eventuale tracciamento ma probabilmente anche un rigoroso rispetto dei protocolli (si pensi ad aule sovraffollate) - dovrebbe far desiderare il green pass come fosse la manna.
Sarà un caso che non si annoverino nelle fila degli obiettori del green pass quelli che all’università - e dal vivo - ci vogliono tornare e per restare? È il loro diritto. Allo studio.
Buona domenica