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29 marzo 2024

Conegliano

BANCAROTTA: IN 90 SENZA LAVORO

Arrestato imprenditore coneglianese. Sette indagati. Ecco cosa c’era dietro al fallimento della Marmitte Zara

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Treviso/Conegliano – L’accusa a carico dell’imprenditore coneglianese Bruno Campeol, 53 anni, è di bancarotta fraudolenta impropria patrimoniale, bancarotta fraudolenta documentale e pagamenti preferenziali.

È stato tratto in arresto all’alba dal Nucleo di Polizia Tributaria. Hanno fatto irruzione in casa sua mentre stava dormendo. Ad emettere l’ordinanza di custodia cautelare in carcere il Gip di Treviso Umberto Donà, su richiesta del sostituto procuratore Antonio Miggiani.

Implicate altre sette persone le cui abitazioni sono state perquisite. Le operazioni hanno visto impiegati circa trenta finanzieri.

Il fallimento della Marmitte Zara Spa, avvenuto nel luglio 2007, cui sono seguiti i fallimenti delle società a questa collegate, Errepia Spa, Promar Spa, Immobiliare Zero Più Spa ed Ape Srl, l’ultima a fallire nel maggio del 2009, avevano significato la perdita del lavoro per novanta lavoratori. Erano rimasti a casa dall’oggi al domani.

Non si trattava, però, di un fallimento come gli altri. Durante le indagini la Guardia di Finanza è riuscita a scoprire come i macchinari, le merci in magazzino e le risorse finanziarie erano stati fatti sparire. Questo per un valore complessivo di oltre 3 milioni di euro. Il disegno architettato ha previsto anche la sistematica distruzione di ogni documentazione contabile: impossibile ricostruire l’esatta storia dell’azienda.

Le aziende, un tempo floride, erano state sistematicamente svuotate e rese insolventi. Il tutto aggravato appunto dell’occultamento della documentazione contabile. In questo modo i creditori non hanno potuto recuperare nulla e i lavoratori, ritrovatisi con l’azienda svuotata, non hanno potuto far altro che scendere in strada a protestare.

«C’era stato un fittizio trasporto dei macchinari verso la Russia – ha affermato il tenente colonnello Giuseppe De Maio (foto sotto), comandante del Nucleo Polizia Tributaria di Treviso -. I materiali in realtà si trovavano poco lontano da Refrontolo, in provincia di Venezia. Si parla di circa 1 milione di euro di macchinari e di circa 3 milioni totali per il fallimento».

La distruzione della documentazione era organizzata e sistematica. «Il lavoro era stato commissionato ad una società che a ridosso delle vacanze natalizie portava al macero la documentazione – ha aggiunto -. Sono andate distrutte sia la documentazione cartacea che quella su supporti informatici».

«Novanta persone – ha detto ancora De Maio –sono state licenziate e si sono ritrovate senza lavoro da un momento all’altro a seguito della dispersione del patrimonio sociale. A Refrontolo questo ha determinato un vero e proprio allarme sociale».

«Delle vittime di illeciti come questi spesso non si parla – ha commentato il procuratore Antonio Fojadelli (al centro nella foto in alto)-. Soggetti che subiscono le conseguenze di reati non meno gravi di quelli violenti». «Ci sono crisi, come questa, – ha sottolineato il procuratore – che possono essere riferite a condotte illecite e sprezzanti». Le indagini sono tutt’ora in corso. In via di definizione le posizioni degli altri sette indagati.

Matteo Ceron

FOTO CERON

 


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