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29 marzo 2024

Nord-Est

Assunzioni, in Veneto dati in picchiata

Tutti i dati del mercato del lavoro in Regione nel mese di gennaio 2021

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mercato del lavoro

VENEZIA - Il Veneto vede per il 2020 una flessione del Pil regionale pari al -9,3% (Italia -9,1%) e un recupero per il 2021 del +5,6% (Italia +4,8%), con un tasso di disoccupazione fissato per il 2020 al 5,7% (sostanzialmente stabile rispetto all'anno precedente) ma in crescita fino al 6,7% per l’anno in corso. Questo si evince dall'aggiornamento dello scorso gennaio di Prometeia.

La nostra Regione nel 2021 dovrebbe mostrare una dinamica più favorevole rispetto al dato nazionale degli investimenti fissi lordi segnando, un +11,1% rispetto al +10,3 dell'Italia, mentre per quanto riguarda le esportazioni di beni esse sono viste, a livello regionale, in crescita nell'anno corrente del +6,7%.

L'ultimo bollettino di Unioncamere Veneto vede nel quarto trimestre dell'anno una flessione tendenziale delle imprese attive dello -0,6%, ma anche una riduzione delle aperture di fallimenti e concordati (265, -10,5%) e degli scioglimenti e liquidazioni (2.806, - 4,2%), ancora una volta ad indicare come le misure messe in atto a livello governativo per mitigare gli effetti pandemici incidano sui comportamenti e di conseguenza sugli indicatori.

Come riporta il Bollettino socio-economico del Veneto di gennaio 2021, importanti sono gli esiti della rilevazione “Situazione e prospettive delle imprese nell’emergenza sanitaria Covid-19”, che Istat ha effettuato tra il 23 ottobre e il 16 novembre 2020; emerge come il 72,4% delle imprese venete ha dichiarato di essere in piena attività, il 20,8% di essere parzialmente aperta, il 6% di essere chiusa ma di prevedere la riapertura, mentre lo 0,8% è chiusa e non prevede di riaprire.

In Veneto, alla prima osservazione del 2021 del 31 gennaio, il saldo annualizzato risulta continuare lentamente a ridursi e pari a -13.000 unità, con una contrazione dei posti di lavoro dipendente pari a circa il 2% rispetto a prima della pandemia. Il saldo tra assunzioni e cessazioni è stato pari a 18.100 unità, di poco inferiore a quello fatto registrare nell’analogo mese del 2020 (19.900) che già denotava una cospicua riduzione rispetto a quello fatto segnare nel 2019 (+24.000).

In questa delicata fase, tuttavia, risulta difficile il raffronto con il passato; è l’andamento delle assunzioni che fa emergere le tendenze del mercato: risultano in flessione del -27% rispetto all’anno precedente e del -32% sul 2019.

La dinamica di gennaio 2021 è stata positiva per il tempo indeterminato (+4.700 posizioni) e per il tempo determinato (+13.600), mentre per l’apprendistato risulta appena negativa.

Dal punto di vista settoriale la flessione della domanda di lavoro (assunzioni) nel mese di gennaio si è concentrata principalmente nei settori soggetti alle maggiori restrizioni (servizi turistici -79% e commercio -34%) ma non ha risparmiato anche i settori industriali, a dimostrazione che il blocco del turnover determinato dall’impossibilità del licenziamento tende a anche “ingessare” il mercato del lavoro. Il flusso delle DID (dichiarazioni di immediata disponibilità) a gennaio 2021 è stato pari a 9.600 unità, in diminuzione del -29% rispetto all’analogo mese del 2020.

Le donne si confermano la componente quantitativamente prevalente (con una quota del 53% sul totale) ma segnano una variazione tendenziale appena inferiore rispetto agli uomini; gli stranieri mantengono la loro presenza attorno al 24% e registrano una maggiore riduzione tendenziale (-35%).

La dinamica del lavoro nelle PMI

La pandemia ha investito il sistema economico regionale quando esso aveva recuperato e implementato i livelli occupazionali presenti prima della crisi innescata dalla bolla finanziaria del 2008. Se dall’estate del 2017 si era tornati ai livelli pre-crisi e se in quella del 2019 si erano toccati nuovi massimi occupazionali, la caduta avvenuta a partire dal marzo 2020 è stata sicuramente severa e tale da azzerare tali incrementi.

Dall’analisi della variazione annualizzata del saldo delle posizioni di lavoro dipendente calcolate su base giornaliera, emerge nettamente come il trend di variazioni positive dapprima si è annullato (già attorno alla metà di marzo), quindi è divenuto significativamente negativo, superando a giugno le -44.000 unità, per poi mostrare significativi segnali di recupero occupazionale. Alla prima osservazione del 2021 il saldo annualizzato continua lentamente a ridursi e risulta pari a -13.000 unità, con una riduzione dei posti di lavoro dipendente pari a circa il 2% di quelli occupati prima della pandemia.

Il saldo tra assunzioni e cessazioni nel mese di gennaio 2021 è stato pari a 18.100 unità, di poco inferiore a quello fatto registrare nell’analogo mese del 2020 (19.900) che già denotava una cospicua riduzione rispetto a quello fatto segnare nel 2019 (+24.000). Come più volte ribadito, in questa fase di difficile raffronto con il passato maggiormente significativo per cogliere le tendenze del mercato è l’andamento delle assunzioni che risultano in flessione del -27% rispetto all’anno precedente e del -32% sul 2019. Da segnalare come la forbice con gli andamenti tendenziali sia andata allargandosi già negli ultimi mesi del 2020.

La dinamica di gennaio 2021 per le tre tipologie contrattuali considerate è stata positiva per il tempo indeterminato (+4.700 posizioni) e per il tempo determinato (+13.600), mentre per l’apprendistato risulta appena negativa. Guardando l’andamento tendenziale notiamo traiettorie differenziate: i contratti a tempo indeterminato, protetti da cassa integrazione e divieto di licenziamento, hanno segnato un calo costante ma contenuto e si sono mantenuti in terreno positivo nonostante prosegua ancora la flessione delle assunzioni, a gennaio pari al -34% sull’analogo mese dell’anno precedente); l’apprendistato segna una lenta, modesta e progressiva contrazione (con una riduzione delle assunzioni del -28%); i contratti a termine, sia stagionali che non, sono quelli su cui si è scaricato tutto il peso delle diverse fasi di lockdown, con una caduta profondissima nei mesi di maggio e di giugno seguita da un parziale recupero, arrestatosi però nel mese di novembre (la flessione delle assunzioni a gennaio è stata pari al -24%).

Sul versante delle cessazioni dei contratti di lavoro nel gennaio 2021 esse si sono complessivamente ridotte del -37% rispetto al corrispondente mese dei due anni precedenti. Quanto ai motivi, tutti sono ovviamente in netta flessione, in modo particolare i licenziamenti per motivi economici individuali (-61% su gennaio 2020) e quelli legati alla fine dei rapporti a termine, come conseguenza dei mancati reclutamenti (-43%); le minori contrazioni riguardano i pensionamenti (-10%) e i licenziamenti disciplinari (-20%).

Per quanto riguarda le caratteristiche anagrafiche dei soggetti coinvolti nel mercato del lavoro, le più penalizzate sul versante delle assunzioni risultano essere le donne (un calo del -32% rispetto al gennaio 2020, a fronte del -24% degli uomini), mentre la nazionalità vede penalizzare maggiormente gli italiani (-29% contro -23%). In funzione della classe d’età pagano di più i giovani e le età centrali (-29%), mentre i senior (numericamente meno rilevanti) segnano un -17%.

Articolando la lettura dell’andamento occupazionale a livello provinciale, graficamente risulta in maniera evidente come siano state le province ad elevata propensione turistica, Venezia e Verona, a pagare i costi più rilevanti della crisi pandemica. Anche Belluno si inserisce nel medesimo quadro, in funzione della stagione invernale ma paga anche le difficoltà del settore dell’occhialeria. Il saldo del mese di gennaio, come usuale a inizio d’anno, è positivo in tutti i territori, come ovunque si mantiene rilevante la significativa flessione della domanda di lavoro (dal minimo di Rovigo, -15%, al massimo di Venezia, -48%).

L’analisi settoriale evidenzia come la flessione della domanda di lavoro nel mese di gennaio si sia concentrata principalmente nei settori soggetti alle restrizioni (servizi turistici -79% e commercio -34%) ma non abbia risparmiato anche i settori industriali a dimostrazione che il blocco del turnover determinato dall’impossibilità del licenziamento tende a “ingessare” il mercato del lavoro. Graficamente emerge che il periodo pandemico vissuto nel corso del 2020 ha risparmiato essenzialmente il settore delle costruzioni, l’agricoltura, i servizi informatici e il terziario avanzato.

I flussi di disoccupazione

Il flusso delle dichiarazioni di disponibilità (did) a gennaio 2021 è stato pari a 9.600 unità, in diminuzione del -29% rispetto all’analogo mese del 2020. È un risultato esito di più cause: il lockdown, con le conseguenti difficoltà di spostamento e le chiusure degli uffici pubblici; l’effetto di scoraggiamento, sempre rilevabile nei periodi di crisi economica, che riduce la propensione alla ricerca attiva del lavoro; le misure messe in atto al fine di salvaguardare i posti di lavoro, che hanno irrigidito i flussi complessivi di entrata e uscita dal mercato del lavoro.

Le donne si confermano la componente quantitativamente prevalente (con una quota del 53% sul totale) ma segnano una variazione tendenziale appena inferiore rispetto agli uomini; gli stranieri mantengono la loro presenza attorno al 24% e registrano una maggiore riduzione tendenziale del numero di did (-35%); rispetto all’età si accresce il peso dei giovani, che pesano per il 47% sui flussi totali e vedono una riduzione delle dichiarazioni del -21% contro il -36% degli adulti.

Il peso dei disoccupati provenienti da un contratto a tempo indeterminato nel mese di gennaio è pari al 18%, quello dall’apprendistato al 9%, quello da tempo determinato al 35,3% e dal domestico attorno al 10% (ma sale al 27% tra i senior).

Commenta così i dati la Presidente di Confapi Treviso, Federica Polloni: “Le criticità delle nostre Piccole e Medie Imprese e del Mercato del lavoro sono confermate con i primi dati dell’anno in corso, tuttavia si registra qualche timido segnale di ripresa che ci deve far guardare con fiducia ai prossimi mesi.

Come sindacato datoriale continuiamo a fare la nostra parte, offendo ai nostri associati strumenti e servizi che consentano non solo di reggere alla crisi, ma anche di non farci trovare impreparati alla concreta ripresa attesa.

Le novità governative, inoltre, ci stimolano nel programmare possibili investimenti con la consapevolezza di contare su risorse certe e destinate scrupolosamente e in modo mirato nei cardini su cui si base la produttività e il nostro paese: le Pmi.

Confermiamo la nostra disponibilità a spalancare le nostre aziende per effettuare le vaccinazioni anti Covid-19 quanto prima possibile, al fine di garantire continuità lavorativa in sicurezza e con maggior serenità.”

 



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