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29 marzo 2024

Castelfranco

Covid: “Siamo alla fine della seconda ondata ma dopo gli assembramenti di domenica la terza è prevedibile”

Il dottor Claudio Beltramello spiega perchè il Veneto da modello è diventato fanalino di coda

| Ingrid Feltrin Jefwa |

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| Ingrid Feltrin Jefwa |

claudio beltramello

CASTELFRANCO – “Domenica ho visto anch’io il pienone nei ristoranti di Castelfranco. La gente è stanca ha allentato oltre misura le norme di sicurezza: senza scomodare le mie competenze di medico è chiaro che a questo punto la terza ondata arriverà, se non si trova una via di mezzo a livello di comportamento tra il rigore e la normalità”: a parlare è il dottor Claudio Beltramello, esperto di pandemie, diventato celebre suo malgrado per essere stato costretto a lavorare fuori dal Veneto, dopo le sue esternazioni sulla gestione regionale del Covid.

La vaccinazione è l’unica strada, a lungo termine, per contrastare il Covid ma su questo il dottore castellano spiega che: “In questo momento l’epidemia sta scendendo, solitamente le epidemie hanno sempre 4 o 5 piccoli, noi siamo alla fine della seconda ondata. Capisco che la gente sia esasperata ma se si dà il liberi tutti si torna a crescere. Oltre ad un comportamento più prudente di quello che ho visto domenica serve un’imponente campagna vaccinale ma per poterla attuare bisogna essere pronto logisticamente e non mi pare che sia questa la situazione attuale.

Per vaccinare la popolazione servono strutture ampie, perché soprattutto se si tratta di anziani saranno accompagnati e quindi dobbiamo garantire a paziente ed accompagnatore un adeguato distanziamento. Calcolando che ci si impiega pochi minuti a persona, per una vaccinazione si può ben immaginare quali spazi debbano occorrere alla luce del fatto che ogni vaccinato deve stare in osservazione e attendere sul posto almeno per 30 minuti dopo la vaccinazione. Ad oggi non abbiamo visto predisposto nulla di tutto ciò ed è quindi evidente che sulla questione vaccini stiamo andando a rilento”.

Ma Beltramello fa anche una disamina del perché la nostra regione sia passata da modello virtuoso a fanalino di coda nella gestione del Covid a livello nazionale. “I tamponi rapidi e i loro limiti spiegano la diffusione dell’epidemia nella RSA e negli ospedali, dove non si sono fatti i molecolari per accelerare i tempi, così una percentuale di sanitari era inconsapevolmente positiva e ha contagiato pazienti e colleghi. Ma non è per i tamponi rapidi che il Veneto si è trovato in serie difficoltà: la catastrofe tra la popolazione è stata causata dall’aver negato il problema.

In Veneto non si possono umanamente fare più di 20.000 temponi molecolari al giorno. Quindi si è optato per quelli rapidi che hanno come unica alternativa quella di non fare i tamponi: perciò meglio quelli che niente. Zaia avrebbe dovuto ammettere che c’erano dei limiti perché dipendono dagli esseri umani. Questa pervicace volontà di dire che andava tutto bene, e poi i direttori generali che continuavano a dire che non c’erano problemi, sono all’origine della situazione che si è venuta a creare”.

Il dottor Beltramello, quindi tocca un altro aspetto: “In questo modo si è fatto saltare il tracciamento e la situazione è diventata fuori controllo. Dobbiamo pensare che per ogni positivo nell’immediato ci sono da chiamare almeno 10 contatti (la media di quelli avuti negli ultimi 4 giorni): a quel punto i contagi erano talmente tanti che non si riusciva più a tracciare i contatti. Quindi taroccando i dati, virus è circolato alla grande. Lo stesso è stato con i posti letto nelle terapie intensive che di fatto in Veneto non sono 1000 come è stato ripetuto ma 700 perché per avere un posto letto in rianimazione non basta un respiratore ma serve anche un anestesista e un infermiere esperto e questi non li abbiamo”.
 

 


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