“Quota cento”: nella Marca il sindacato chiede tutele per i lavori usuranti
Il Governo cancella “Quota cento” e reddito di cittadinanza: ora il sindacato trevigiano chiede di pensare seriamente ai lavori usuranti
TREVISO - Quota 100 e reddito di cittadinanza al capolinea. Il premier Conte ha confermato la volontà del Governo di non voler andare oltre con i due provvedimenti. La scadenza per quota 100, introdotta in via sperimentale, era stata fissata dal precedente Esecutivo a gennaio 2021 e anche nella Marca trevigiana non ha sortito gli effetti che si speravano.
Ne è fermamente convinto Mauro Visentin, segretario generale della Cgil della provincia di Treviso, per il quale quota 100 è niente altro che “una bella medaglia appuntabile a pochi petti”. E spiega come a beneficiarne siano state soltanto determinante categorie e non certamente quelle meno tutelate come precari, lavoratori a intermittenza (che hanno interrotto i rapporti di lavoro), donne rimaste a casa per accudire i figli dopo la maternità o per assistere parenti anziani o malati”. Un provvedimento che viceversa ha favorito – continua Visentin – soltanto chi ha lavorato continuativamente, in ufficio piuttosto che in fabbrica; e non importa neanche quanto precoce sia stato l’inizio “perché se uno è andato a lavorare a 14 anni, mica aveva bisogno di arrivare a quota 100!”. Piuttosto adesso bisogna trovare il modo di far uscire dal mondo di lavoro chi svolge professioni usuranti.
Cinzia Bonan, segretaria della Cisl di Treviso e Belluno pensa a degli “scivoli” che permettano a certe categorie di lavoratori (muratori ma anche insegnanti di scuola materna) di poter smettere qualche anno prima: “Quota 100 andava bene solo se applicata a determinate professioni; per il resto si è rivelata una riforma iniqua”.
Per il reddito di cittadinanza non si sentirà alcuna nostalgia. Bonan e Visentin concordano: provvedimento inutile se decontestualizzato da una politica di reinserimento nel mondo del lavoro. “Dispensare sussidi a pioggia sulla base dell’Isee alimenta l’assistenzialismo, facendo diventare permanente uno stato di difficoltà” – assicura Cinzia Bonan (Cisl). E Mauro Visentin, per la Cgil invoca “un accompagnamento al lavoro e retribuzioni proporzionali alle mansioni svolte”.