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23 aprile 2024

Valdobbiadene Pieve di Soligo

“Quando mi hanno detto ‘Hai la sclerosi multipla’ mi è crollato tutto”. Eclisse di Farra di Soligo si racconta

La ragazza, ora 30enne, ha scoperto la malattia 10 anni fa. E da allora si dà da fare per sostenere la ricerca con AISM

| Stefania De Bastiani |

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| Stefania De Bastiani |

Eclisse Positello

FARRA DI SOLIGO - “Se a vent’anni ti dicono ‘Hai la sclerosi multipla’ e tu sei sempre stata bene, non ci credi. E appena realizzi che ti è accaduta una cosa a cui mai lontanamente avresti pensato, ti crolla il mondo addosso. Ti cade la terra sotto i piedi. Non vedi più un futuro, e la tua vita cambia totalmente, in un istante”. A Eclisse Positello è successo questo. Da un momento all’altro la sua vita è stata stravolta e ora che ha 30 anni, a 10 anni esatti da quella diagnosi che l’ha colpita come un masso, la ragazza si sente pronta ad aprirsi. Per raccontare qualcosa che non è successo solo a lei: “Siamo in tanti. In Italia si contano 133.000 malati di sclerosi multipla, e i numeri sono purtroppo in crescita - riferisce Eclisse -. La diagnosi arriva sempre così: improvvisamente, quando sei nel pieno della giovinezza, quando meno te lo aspetti”.

 

Cos’è la sclerosi multipla

La sclerosi multipla è una malattia degenerativa che colpisce il sistema nervoso centrale, attaccando la mielina (guaina che protegge i neuroni), e la conseguenza è che gli impulsi dal cervello diventano più lenti, o nulli. Le lesioni della mielina provocano placche, che in fase cronica diventano cicatrici (dette sclerosi). Al momento non esiste alcuna cura per la sclerosi, ma esistono molte terapie che ne rallentano il decorso. Se la malattia è progressiva, la persona può trovarsi su una sedia a rotelle, fino a non riuscire più a muovere nulla. Ma grazie ai farmaci a disposizione e alla ricerca continua, in molti casi la malattia viene bloccata, rallentata. Anche quando si hanno 40 cicatrici in testa.

 

Come Eclisse ha scoperto la malattia: 40 cicatrici in testa e non sapere di averle

Aveva vent’anni, Eclisse, quando le è stata diagnosticata la sclerosi multipla. Era sempre stata bene, giocava a pallavolo a livello agonistico, studiava Giurisprudenza a Treviso. Aveva un ragazzo, amici, una famiglia. “Un giorno - racconta - sono salita in auto per tornare a casa dalla stazione dei treni, e ho notato che non riuscivo a comandare il piede sinistro, a spingere il pedale. Era una sensazione stranissima, ma non ci ho dato gran peso. Ho chiesto consiglio a mio zio, che fa l’infermiere, e lui mi ha invitata ad andare in pronto soccorso. Io ero serena: dopo 10 anni di pallavolo pensavo a qualche contrattura, cose così. A una prima visita è seguito però un ricovero ospedaliero, durato una settimana. Esami, visite, tac, mi hanno fatto di tutto, e alla fine la neurologa mi ha chiamata fuori dalla mia stanza d'ospedale, e mi ha detto delle parole che non dimenticherò mai: “Hai la sclerosi multipla”. Io non potevo crederci: non avrei mai immaginato che potesse succedere a me una cosa così. A me, che ero sempre stata bene, sempre sportiva, attiva, dinamica. Sono scoppiata a piangere e, tornata nella stanza di ospedale, le altre pazienti mi hanno chiesto cosa avevo. ‘Niente’, ho risposto. Avrei tenuto quella cosa per me, a lungo. Avrei tenuto segreta quella diagnosi, e quelle 40 cicatrici che mi avevano trovato in testa”.

 

La paura che gli altri sappiamo e poi la voglia di mettersi in gioco

Eclisse non voleva che gli altri sapessero, che la guardassero in modo diverso. E così si è tenuta tutto dentro: non con i parenti più stretti, ovvio. “Mia mamma lo sapeva già da giorni - riferisce Eclisse - In pronto soccorso avevano capito tutto subito, e avevano informato mia madre, che però non mi ha detto nulla fino alla certezza dei risultati degli esami. 40 lesioni in testa a 20 anni non sono un boccone facile da mandare giù, e l’ultima cosa che volevo era essere guardata con pietà e compassione. Così ho rinunciato alla pallavolo, non volevo facessero domande, ma nonostante avessi perso un semestre, ho ricominciato a studiare alla facoltà di giurisprudenza, fino alla laurea. Grazie alle terapie immediate avevo recuperato a livello fisico, e riacquisito il controllo del piede. Ho avuto delle ricadute a livello motorio, e visivo, ma grazie alle cure, che ho cambiato negli anni, ho sempre recuperato. C’è una grande stanchezza che mi accompagna, una continua somministrazione di farmaci, ma nel complesso sto bene e non ho permesso che la malattia mi impedisse di fare ciò che avrei voluto. Sono anche andata in Erasmus in Austria, portandomi dietro le siringhe che dovevo iniettarmi tre volte a settimana. Mettendole nel frigo di quell’appartamento condiviso, con vergogna, ma anche con la consapevolezza che non potevo fare altrimenti, se volevo portare avanti i miei obiettivi. Ho cambiato nel tempo varie terapie, mi sono accorta che un farmaco che prendevo non funzionava, perché avevo 9 lesioni in testa in più. Ma ora ho trovato una cura nuova, a cui mi sottopongo da alcuni anni, e sembra funzionare su di me. Ognuno è diverso, ognuno ha il suo farmaco più idoneo. Basta cercarlo, trovarlo. E la ricerca in questo campo è fondamentale”.

AISM e la ricerca. Una speranza per il futuro

Dopo un paio di anni dalla diagnosi, Eclisse, nonostante il supporto dei genitori, delle due sorelle, del fidanzato Davide, ha sentito il bisogno di confrontarsi con qualcuno che la capisse a fondo, perché si trovava nella stessa situazione. E così si è rivolta ad AISM Treviso, Associazione Italiana Sclerosi Multipla. “Ho trovato un gruppo di persone che mi hanno subito accolta. Molti dei volontari, come me, vivono e combattono la malattia e ognuno di loro ha una storia, una diagnosi, un decorso diverso. Come volontaria ho iniziato a prendere parte alle attività, e dallo scorso anno faccio parte del consiglio direttivo. Il nostro scopo è quello di sensibilizzare, e di raccogliere fondi per la ricerca: a questo fine vendiamo le gardenie e le ortensie a marzo e le mele ad ottobre. Metà del ricavato va alla ricerca, l’altra metà rimane a Treviso, dove forniamo anche un servizio di assistenza psicologica (per me questo è stato fondamentale), di segreteria, di trasporto alle varie visite e terapie, di informazione. Come dicevo, siamo in tanti, ed è importante che nessuno si senta solo”. “Grazie ad AISM - conclude Eclisse - mi sono sentita capita. Ho trovato una risposta, nel confronto. Ho capito che non ero sola, e che avrei dovuto portare avanti i miei sogni, come se la malattia non ci fosse. Sono tornata a giocare a pallavolo, ho concluso il mio percorso di studi, anche cambiando idea su cosa volevo fare: ora insegno, e mi piace tantissimo. Certo, ci penso ogni giorno: penso che ciò che ho potrebbe vacillare, ma vado avanti con grinta e speranza. Nelle mie forze, nella ricerca, e credo che, nonostante la sfortuna di una diagnosi così devastante, io possa anche ritenermi fortunata”.

In foto: Eclisse Positello con altre volontarie di AISM Treviso

 


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