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29 marzo 2024

Oderzo Motta

“Il virus non se n’è mai andato”

Intervista al virologo trevigiano Giorgio Palù

| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

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| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

 virologo Giorgio Palù

ORMELLE - Tenuto conto che in questo momento la pandemia risulta essere un problema che, purtroppo, ci accompagnerà ancora per molto tempo, abbiamo consultato un personaggio, le cui riflessioni sono autorevoli non solo a Nordest, ma a livello europeo e internazionale, come si può evincere dal curriculum del professor Giorgio Palù, trevigiano residente a Ormelle nonché ex presidente dei virologi europei.

Palù sta collaborando con il Dipartimento di prevenzione, del Servizio epidemiologico regionale (SER) ed il Servizio informatico, fin dallo scorso febbraio, presso l’Aziendazero che ha sede a Padova ed è diretta dal Dott. Mantoan ed a tal proposito ci spiega che: “All’interno del sistema informativo, ho studiato e seguito i dati epidemiologici, virologici e clinici, collaborando a preparare il piano preventivo e diagnostico per la comunità e per le industrie e coordinato lo studio di sorveglianza sulla diffusione del virus con l’utilizzazione dei primi test sierologici altamente sensibili e specifici”

Cosa ci può dire sui tamponi, cosiddetti “veloci”…
Il tampone veloce è quello che fa l’analisi in 7 minuti ricercando un antigene specifico che è riconosciuto dai nostri anticorpi: in virologia si usa già per la diagnosi di epatiti virali, AIDS, enteriti e tante altre sindromi infettive. È un test meno sensibile dei test molecolari, ma utile quando si tratta di rivelare una concentrazione virale correlata al dato clinico (sintomi, malattia). Abbiamo imparato a capire da alcune pubblicazioni che esiste una carica virale limite (circa 1 milione di genomi-equivalenti per millilitro di secrezione) nelle mucose delle vie aeree al di sotto della quale non c’è possibilità di trasmettere il contagio. Sappiamo che molti tamponi positivi alla PCR (tecnica di biologia molecolare diagnostica che permette l’amplificazione di sequenze geniche virali fino a milioni di volte) non sono predittivi di possibile contagio. Infezione inoltre non vuol dire malattia e poco virus (o sequenza di genoma) rivelato con tecnica ultrasensibile può non comportare la possibilità di trasmettere l’infezione. Quindi il tampone rapido che cerca l’antigene, è meno sensibile, però può essere più predittivo di una situazione clinica, più morbosa e importante. Essendo una tecnica di diagnosi veloce, può essere applicata a screening massivi. In questa fase è molto utile perché può permettere di valutare tutta una scolaresca. Il test antigenico rapido può essere utilizzato negli aeroporti, negli imbarcaderi, nelle fabbriche, nei centri di accoglienza, dove ci sono centinaia di immigrati al giorno. Di fatto è l’unico sistema disponibile per prendere decisioni e misure di contenimento in tempi rapidi. Oltre a questi test rapidi, attualmente ci sono test molto meno invasivi e altrettanto sensibili del tampone nasofaringeo, quali i test salivari che raccolgono la saliva dal vestibolo linguale e guanciale. Il tampone nasofaringeo, inteso come mezzo di prelievo, per essere efficace dal punto di vista diagnostico richiede accuratezza nell’inserimento in profondità nelle narici ed in faringe e può arrecare molto fastidio oltre ad essere poco riproducibile dipendendo strettamente da chi effettua il prelievo e dalla reazione del soggetto sottoposto al prelievo. Insomma, ragionevolmente, il tampone nasofaringeo non è sempre la soluzione migliore. I tamponi salivari, come quelli che si usano dal dentista, sono addirittura più sensibili, se utilizzano la PCR come sistema di rivelazione e possono essere adattati anche alla ricerca dell’antigene con risposta in pochi minuti.

Siamo nella seconda fase della pandemia, quella del ritorno in Italia?
Siamo nella fase endemica, il virus non se n’è mai andato, non si è mai azzerata la prima fase, come è avvenuto in Cina, dove si potrebbe parlar, se del caso, di una 2ª fase, perché lì in 100 giorni il virus si era spento. Da noi invece non si è spento, ha avuto una recrudescenza ad agosto e sembra in continua espansione a settembre con oltre 2800 focolai e più dell’80% di casi autoctoni. Fortunatamente, anche se i casi positivi giornalieri superano negli ultimi giorni i 1.500, la mortalità è relativamente bassa com’è relativamente basso il numero di ricoveri in terapia intensiva. Ovviamente l’urgenza è quella di limitare il più possibile la curva dei contagi in quanto letalità e morbosità dipendono dall’incidenza cumulativa di nuovi casi. Meno ci si infetta ora e meglio ci ritroveremo in autunno e inverno, quando le condizioni favoriscono la diffusione del virus. Siamo dunque in una fase di ripresa della malattia, meglio di una infezione, che non si è mai spenta.

A che punto siamo con i vaccini?
Ci sono almeno una decina di vaccini nella fase 3, a cui si arriva dopo la fase 1, quella in cui si cerca la dose ottimale da somministrare e la fase 2 che valuta le reazioni avverse. Nell fase 3 il vaccino anti-SARS-CoV-2, viene somministrato in maniera “cieca”, cioè casualmente a qualche decina di migliaia di soggetti trattati e di controlli non trattati o sottoposti a vaccinazione con un preparato del tutto diverso. In questa fase si valuta dunque appieno l’efficacia e la sicurezza del preparato. C’è molta attesa e grande aspettativa (dei politici, dei governanti, della popolazione) per avere presto un vaccino che blocchi il diffondersi della pandemia; ma per quanto si dica o si auspichi sarà necessario attendere l’espletamento della fase 3 e capire quale o quali saranno i vaccini da somministrare. Come è avvenuto per il vaccino anti-Ebolavirus, che ha precorso i tempi in circa due anni di sperimentazione, arriveremo presto (2021?) anche ad un vaccino anti-SARS-CoV-2, ma questo sarà inizialmente disponibile solo per i soggetti più a rischio (anziani, medici, infermieri, soggetti con comorbosità). Dovremo capire quale vaccino (o combinazione di vaccini) funzionerà, non è detto che funzioni il primo vaccino che esce dalla fase 3, forse bisognerà attendere un vaccino di nuova generazione. La cosa importante però è che tutti i vaccini sinora sperimentati sui volontari si sono dimostrati in grado di produrre una forte risposta immunitaria in grado di neutralizzare l’infettività virale, diversamente da quanto è avvenuto con i vaccini contro l’HIV e la Dengue. Per concludere e per completezza di informazione va ricordato che: 1. SARS-CoV-2 origina da un pipistrello (il suo genoma è identico per il 96% al virus RaTG13; 2. il virus è uscito da Whuan, con tutta probabilità da un laboratorio di virologia dove si studiano i virus dei pipistrelli; 3. il virus ha cominciato da subito a diffondersi da uomo a uomo, ma non è più in grado di infettare il pipistrello in quanto riconosce solo un recettore cellulare umano (ACE2; 4. l’analisi del genoma dimostra che SARS-CoV-2 ha acquisito sequenze uniche rispetto al virus del pipistrello; 5. l’analisi genomica ha rivelato inoltre che il virus circolava nell’uomo almeno da settembre 2019, per cui come nel caso della SARS (2002) i cinesi non hanno subito rivelato la sua diffusione; 6. la mortalità da COVID-19, inizialmente stimata intorno all’1-2% sembra essere invece collocarsi, sulla base di recenti studi di siero-prevalenza, condotti su strati significativi di popolazione, tra lo 0,3% e 0,7%; 7. non possiamo assolutamente, in attesa di vaccini e farmaci efficaci, non mettere in atto tutte le misure di prevenzione igienico-sanitarie, oltre a quarantena, tracciamento e identificazione dei contatti dei casi positivi per contenere il contagio; 8. sarà opportuna una attenta analisi, dei costi/rischi-benefici per organizzare prossimi interventi di contenimento che implichino la chiusura, anche temporanea e localizzata, di attività di interesse prioritario per il Paese.

Qui l’intervista completa

 


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