VITTORIO VENETO - «Stiamo lavorando al 30% delle nostre capacità. Chiudere alle 18 vuol dire far mancare il servizio serale, quello su cui si sostiene la ristorazione». A raccontare le ricadute che l’ultimo dpcm sta avendo sulla categoria dei ristoratori è Ronny Perin, titolare del ristorante “Antica Vittorio”.

«Non si capisce – sottolinea Perin – perché fino alle 18 si è in regola e poi no. Eppure in questi mesi, dopo il lockdown, per poter riaprire e tornare a regime abbiamo investito molto in sicurezza. Le accortezze sono massime. Io sinceramente mi aspettavo di dover chiudere alle 22-23, non che fosse tolto completamente un intero servizio, la cui assenza ora grava pesantemente sulle nostre casse».

La ripresa a maggio, dopo il lockdown, non è stata facile. Una strada in salita e finalmente, dopo mesi, il settore della ristorazione aveva ripreso ad ingranare. «Pur con molta fatica e accortezze, stavamo tornando a lavorare come un tempo. Ed eccoci di nuovo nel baratro – afferma il ristoratore vittoriese -. Pur lavorando ora sette giorni su sette a pranzo e offrendo il servizio d’asporto alla sera, lavoriamo al 30% delle nostre possibilità. È una lenta agonia». E il periodo che si apre per il mondo della ristorazione storicamente è uno dei più favorevoli in vista del Natale: cene aziendali e cerimonie sono ora tutte cancellate.

«Così – conclude Perin – non si sbarca il lunario. Abbiamo sette dipendenti che sono per me come dei famigliari: non è semplice dire ad una persona vai in cassa integrazione, perché ognuno ha i propri problemi. Al momento li faccio lavorare a rotazione un po’ tutti, sfruttando permessi e ferie».