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19 aprile 2024

Conegliano

«Riportiamo a casa gli immigrati»

Le associazioni senegalesi a Conegliano con un piano per il rientro

| Andrea De Polo |

| Andrea De Polo |

«Riportiamo a casa gli immigrati»

CONEGLIANO – Qualcuno predica di «aiutarli a casa loro». A casa loro, però, mangiare (e quindi vivere) sta diventando impossibile.

 

Casamance, regione agricola del Senegal considerata il granaio del Paese, una delle zone a più alta densità abitativa: da qualche anno, la risalita del cuneo salino di un fiume per oltre 200 chilometri a partire dalla foce sta inaridendo il terreno, rendendo impossibile la coltivazione del riso o di qualsiasi altra coltura in grado di garantire il sostentamento della popolazione locale. È successo, su scala minore, anche per il Po: il sale dell’Adriatico ripercorre a ritroso il corso del fiume, e rende sterili terreni che fino a prima erano estremamente produttivi. In Italia la soluzione si è trovata e applicata quasi subito: barriere anti sale in grado di fermare la salinizzazione.

 

In Senegal, è tutto molto più complicato. E le persone, da Casamance, fuggono, cercando con ogni mezzo di arrivare in Europa. Magari proprio a Conegliano, dove ha sede una delle comunità senegalesi più numerose del Veneto, e dove – non a caso – stamattina le associazioni di immigrati dal Senegal si sono incontrate per discutere di come, e con l’aiuto di chi, risolvere il problema.

 

La Face (Federazione dei Casamancesi all’Estero) e la Diamoral (Associazione dei Casamancesi in Veneto) potranno contare sul supporto logistico e di competenze, tra gli altri, di DeltaMed, I Care, Fondazione Ca’ Vendramin e Comuni di Conegliano, Casier, Vittorio Veneto e Fregona.

 

«Gli amici si riconoscono nel momento del bisogno» ha detto, a Conegliano, Mamina Camara, presidente del dipartimento di Bignona (Casamance) – e in questo momento, in Senegal, c’è bisogno di aiuto. Questo progetto per la desalinizzazione dell’area darebbe una risposta anche ai problemi dell’immigrazione in Italia. Da una decina d’anni non riusciamo più a lavorare la terra, cosa dovremmo fare? Il cibo, anziché produrlo ed esportarlo, siamo costretti ad acquistarlo dalla Cina».

 

Parole che hanno fatto eco a quelle di Rockoya Ba Touré, console sengalese a Milano: «L’idea è partita da Conegliano, e ha coinvolto tutta Europa. L’agricoltura è ai primissimi posti dell’economia del Senegal: permettere di continuare a lavorare la terra a Casamance significa aiutare a tornare a casa chi è in Italia, ed evitare che i nostri giovani partano. Con questo progetto stoppiamo l’immigrazione clandestina: ci guadagna anche l’Occidente».

 

Il ruolo dei Comuni come Conegliano, in questa fase, è soprattutto diplomatico: mettere in contatto persone, esperienze, associazioni in grado di portare materialmente gli aiuti in Senegal.

 


| modificato il:

Andrea De Polo

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