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29 marzo 2024

Nord-Est

La verità sulla morte dell'operaio: non è caduto, ma è morto stritolato dai denti del macchinario

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La verità sulla morte dell'operaio: non è caduto, ma è morto stritolato dai denti del macchinario

Non per una fantomatica caduta, ma stritolato dai “denti” di una benna manovrata dal padre del suo titolare: così è morto Andrea Dalan. A fare definitivamente chiarezza sulla terribile dinamica del tragico incidente sul lavoro costato la vita giusto un anno fa, il 16 gennaio 2017, al 40enne di Oriago di Mira, all'interno dell'autodemolizione Vivian di Mirano, dove lavorava da tempo, l'avviso di conclusione delle indagini preliminari redatto dal Pubblico Ministero titolare del procedimento penale per omicidio colposo, la dott.ssa Carlotta Franceschetti: un atto notificato in primis ai due indagati, il 44enne Michele Vivian, il datore di lavoro, e, appunto, il padre, Gianni Vivian, di 74 anni, entrambi di Mira, per i quali si va decisamente verso una richiesta di rinvio a giudizio.

 

Com'è noto, inizialmente era stato riferito che l'operaio sarebbe caduto da solo da uno scaffale dall'altezza di tre metri, ma fin da subito i rilievi degli ispettori dello Spisal avevano evidenziato delle incongruenze rispetto a questa ricostruzione, ed era trapelata un'altra verità: Andrea Dalan in realtà sarebbe stato colpito da un macchinario in movimento condotto da altri, il cosiddetto “ragno”, e peraltro in una zona dell'azienda diversa rispetto a quella dov'è stato trovato il corpo.

 

I familiari, doppiamente sconvolti dalla perdita del proprio caro e da questo inquietante “giallo”, per fare piena luce sui fatti si sono rivolti, attraverso la consulente personale dott.ssa Elisa Sette, a Studio 3A, società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, a tutela dei diritti dei cittadini, ed è stata subito presentata alla Procura di Venezia una formale richiesta affinché si verificasse questa nuova, inquietante versione dell'incidente, disponendo ulteriori indagini per appurarne l'attendibilità e per ricostruire l'esatta dinamica dell'incidente, anche attraverso l'eventuale nomina di un consulente tecnico d'ufficio per effettuare gli accertamenti tecnici irripetibili.

 

Ora, sulla base dei riscontri dell'esame autoptico sulla salma e dell'accurata indagine condotta dallo Spisal dell'Ulss 3 Serenissima, Distretto di Mirano e Dolo, il Sostituto Procuratore ha dunque comunicato la chiusura delle indagini preliminari, un documento fondamentale in particolare perché specifica nel dettaglio i fatti per i quali si procede a carico dei due indagati.

 

Che sono “sussumibili”, per citare l'atto, “nella violazione di legge del delitto di cui agli artt. 40 cpv., 589 co. 2 c.p., perché, Vivian Michele nella sua qualità di amministratore unico della Vivian s.r.l. e datore di lavoro, e Vivian Gianni, nella sua qualità di amministratore di fatto della Vivian s.r.l., cagionavano per colpa la morte di Dalan Andrea, lavoratore dipendente della predetta società con mansioni di operaio, impegnato nelle operazioni di ausilio alla movimentazione di un motore di autoveicolo per mezzo di una benna a polipo (caricatore Tabarelli T520) presso lo stabilimento della società.

 

Colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia, nonché nell’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline e nella violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro”. In particolare, in violazione degli artt. 29 comma 1, 37 comma 1, anche in relazione all’art. 73 e 71 comma 1, D.L.vo 81/08 e 2087 cod. civ., i due indagati “omettevano: di effettuare la valutazione dei rischi connessi alle operazioni di immagazzinamento e di movimentazione dei motori; di formare ed addestrare il personale in relazione alle condizioni di impiego delle attrezzature ed alle situazioni anormali prevedibili; di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate alle mansioni da svolgere”.

 

“Con la conseguenza – ed è qui che si ricostruisce la sconvolgente dinamica dei fatti – che mentre Dalan Andrea si era posto al di sotto della benna a polipo del caricatore Tabarelli T520 nell’intento di agganciarvi una catena nella quale era imbrigliato un motore, al fine di consentirne il sollevamento e la movimentazione, Vivian Gianni, in violazione delle prescrizioni di sicurezza riportate nel manuale d’uso, ed omettendo di verificare che nell’area circostante il mezzo in azione non vi fossero persone al di sotto della distanza minima di sicurezza pari a 20 metri, azionava i rebbi della benna a polipo causando lo stritolamento del corpo del Dalan Andrea, che rimaneva stretto fra i rebbi chiusi, causandone il decesso per insufficienza cardiocircolatoria e respiratoria da shock emorragico acuto ed irreversibile in grave politraumatismo toracico.

 

Con la circostanza aggravante di aver commesso il fatto con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro”. Conclusioni che sono chiaramente il preludio per una richiesta di rinvio a giudizio a carico dei due indagati “e che rappresentano una prima, importante risposta alle accorate istanze dei familiari di Andrea, nel primo anniversario della sua tragica scomparsa – commenta il Presidente di Studio 3A, dott. Ermes Trovò – Saremo al loro fianco fino in fondo per rendere loro verità e giustizia”.

 



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