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29 marzo 2024

Vittorio Veneto

Una sala per i bambini. Del Vajont

Intitolata ai 487 bambini, da zero a 15 anni, comparsi nel Vajont una delle sale della “tana” Fenderl

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Una sala per i bambini. Del Vajont

VITTORIO VENETO - Commozione, sdegno, memoria. In tre parole (ma dovrebbero essere molte di più) si può sintetizzare l’atmosfera che ieri si respirava nella “tana”. La casa di Ettore Fenderl, oggi sede di diverse associazioni culturali. Per volontà della Consulta culturale vittoriese, dei Cittadini per la memoria del Vajont, della Fabbrica dei coriandoli e del Collettivo di ricerca teatrale, da ieri sera la “tana” di Fenderl ha una sala intitolata ai 487 bambini vittime del Vajont.

L’intitolazione è avvenuta in contemporanea con l’inaugurazione di una mostra sul “Vajont prima, durante e dopo” che resterà aperta ai cittadini e alle scolaresche fino al 21 ottobre. L’evento ha visto la partecipazione di esponenti delle amministrazioni vittoriesi e bellunesi (presente il sindaco di Longarone e di Erto e Casso). Ma ha visto soprattutto la testimonianza di alcuni sopravvissuti, come Mario Pozzobon e Mirella Bratti. Due “cittadini per la memoria” che, in occasioni come questa, trovano la forza di rivivere ciò che è stato. Di diventare memoria viva del Vajont. Per sottolineare, ancora una volta se ce ne fosse bisogno, che la più grande tragedia della storia della repubblica italiana non è avvenuta per “incuria”, ma per colpa dell’uomo.

E a questo proposito. Se ci sono eventi che non vorremmo fossero avvenuti, ci sono parole che non vorremmo aver mai letto. Come le 18 parole del telegramma che l’ingegner Biadene (uno dei responsabili della diga del Vajont) aveva scritto al collega Pancini (che si era fatto trasferire oltreoceano) il 10 ottobre 1963, poche ore dopo l’olocausto. “Improvviso crollo enorme frana - scriveva Biadene - ha provocato tracimazione diga Vajont con gravi danni Longarone. Stop. Diga ha resistito bene.” Nel momento del dolore, della scomparsa di un comune e delle sue numerose frazioni, l’ingegner Biadene riferiva al collega che il manufatto ingegneristico a cui si erano dedicati non aveva subito danni. Ogni commento è irrilevante. Oggi. L’importante è che non inquini le coscienze. Come un bubbone.

Paola Perin, della Fabbrica dei coriandoli, ha detto: “Non ci fermeremo. L’iniziativa dedicata i bambini del Vajont (che nei prossimi giorni avrà momenti di teatro e riflessione collegiale) non ha date. Continuerà a stare alla base di ogni intervento. A essere vigile nelle azioni di formazione”.

 

In foto: Il maestro Paolino De Bona con la moglie e le sei figlie

 



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