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23 aprile 2024

Treviso

TRENI TAGLIATI: POCHE RISORSE

Pipitone: "I pendolari resteranno a piedi"

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TRENI TAGLIATI: POCHE RISORSE

VENEZIA - Il caos normativo, lo "stop & go" statale sulle gare d'appalto, i tagli e le perduranti incertezze sui fondi storici di finanziamento sono le cause prime dei gravi problemi del trasporto pubblico ferroviario che utenti e pendolari quotidianamente riscontrano.

A fotografare la situazione normativa e finanziaria nella quale il Veneto si trova ad operare in materia di servizio pubblico ferroviario é l'Osservatorio sulla spesa del Consiglio regionale, che ha presentato alla commissione Trasporti, presieduta da Andrea Bassi (Lega), il monitoraggio sulle risorse a bilancio nel decennio 2000-2010 per il settore. La ricognizione parte da lontano, dal decreto Bassanini del 1997 che ha trasferito competenze e risorse alle Regioni in materia di trasporto locale ferroviario.

Ma, primo problema della 'regionalizzazione' sono le risorse: nella ripartizione nazionale il Veneto è stato penalizzato perché ha ricevuto in dote il 7,33 per cento dei trasferimenti nazionali (in quota assoluta 86,6 milioni di euro, rimasti pressoché immutati negli anni), pari a 5,93 euro per chilometro, a fronte di una media nazionale di 8,12 euro. Il Veneto ha ottenuto, quindi, 21 euro per abitante, circa il 40 per cento in meno della media nazionale.

Altro problema evidenziato dall'Osservatorio riguarda le modalità di gestione del servizio: inizialmente il decreto Bassanini prevedeva l'obbligo di messa in gara del servizio. Il Veneto è stata la prima regione in Italia a mettere in gara il servizio ma l'effetto di liberalizzazione e concorrenza è stato praticamente nullo, perché a vincere la gara è stata Trenitalia, praticamente unica concorrente. "In sostanza - spiegano i tecnici dell'Osservatorio - il servizio ferroviario regionale viene effettuato in gara con risorse trasferite dallo Stato da un operatore di proprietà dello Stato medesimo: il grado di autonomia decisionale delle Regioni è perciò limitato a possibili integrazioni del servizio con risorse proprie. Il tutto appare poco coerente con il principio di autonomia finanziaria delle regioni".

A limitare ancor più il potere decisionale della Regione è intervenuto il cambio di contratto di vendita: dal 2010 Trenitalia non vende più i propri servizi a chilometro ma 'a catalogo', nuovo criterio che dovrebbe privilegiare la qualità dell'offerta ma che in realtà "ha comportato per le Regioni un aumento dei costi del servizio superiore al 30 per cento". A fronte dell'aumento dei costi del servizio imposto da Trenitalia il Veneto (come le altre regioni) ha subito l'accetta della manovra Tremonti che, nell'estate 2010, ha pressoché dimezzato i fondi del trasferimento statale per il trasporto pubblico ferroviario. Da allora si sono succeduti ben 17 interventi normativi in meno di due anni, che hanno generato una situazione di totale incertezza sulle risorse disponibili. "L'evoluzione normativa - commenta l'Osservatorio - è complessa e poco coerente: da un lato si sono tagliate risorse per reintegrarle successivamente anche a scapito degli investimenti infrastrutturali e per il materiale rotabile".

Il quadro legislativo e finanziario continua a rimanere tuttora confuso, rimarca l'Osservatorio: venuto meno l'obbligo di mettere in gara il servizio, a seguito della sentenza 199/2012 della Corte Costituzionale, si torna ora ai contratti di servizio di sei anni (rinnovabili); intanto il fondo nazionale per il trasporto pubblico locale a luglio è stato ridotto da 1,7 a 1,2 miliardi, vale a dire 500 milioni di euro in meno di quelli necessari per coprire il costo dei contratti di servizio vigenti tra Regioni e Trenitalia. Le Regioni dovranno quindi procedere a l'"efficientamento del servizio", vale a dire tagli di linee e di corse.

Secondo Antonino Pipitone, consigliere regionale IdV, il reale significato di efficientamento è che "gli studenti e i pendolari veneti resteranno a piedi". "Nel rapporto – spiega Pipitone - si tratteggia la situazione dei trasferimenti di soldi per far funzionare i treni. In agosto è stato deciso di ridurre il fondo per il trasporto pubblico locale da 1.200 milioni di euro a 700 milioni. 500 in meno di quelli necessari per coprire il costo dei contratti di servizio con Trenitalia. Questi 500 milioni in meno riguardano tutta Italia, ma al momento nessuno ha saputo dirmi quanti di questi soldi saranno tagliati dai servizi ferroviari in Veneto».

«E, soprattutto, nessuno ha saputo dirmi – continua Pipitone - chi deciderà gli “efficientamenti”, cioè quali linee e quali convogli tagliare. La Regione a braccetto con Trenitalia? E se Moretti non fosse d'accordo con Chisso, che si fa, estraggono a sorte se eliminare il treno da Belluno o quello da Legnago?». «Insomma – chiosa Pipitone in chiusura – si profilano nuovi tagli per i treni veneti, con mesi difficili e colmi di incertezza per gli utenti del trasporto pubblico ferroviario. Questa è la sola certezza. Tutto il resto, quanto sarà tagliato, dove e da chi, resta ammantato dal dubbio. Un'incertezza che Zaia e l'assessore Chisso non dovrebbero permettere».

 



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