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25 aprile 2024

Cronaca

"Sono una potenza": le intercettazioni che accusano il direttore della tv antimafia

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Divieto di dimora nelle province di Palermo e Trapani per Giuseppe Maniaci, il direttore dell'emittente televisiva Telejato di Partinico (Palermo), indagato per estorsione. Il provvedimento, che gli è stato notificato questa mattina, è stato emesso dal gip del Tribunale di Palermo Fernando Sestito su richiesta dei sostituti procuratori Francesco Del Bene, Amelia Luise, Annamaria Picozzi, Roberto Tartaglia e dal Procuratore aggiunto Vittorio Teresi, che coordinano l'inchiesta. Maniaci, ritenuto da molti un 'paladino dell'antimafia', per le sue battaglie condotte nei suoi tg contro la mafia, ha sempre respinto le accuse, affermando che l'inchiesta è una 'vendetta' della Procura nei suoi confronti. Secondo l'accusa, Maniaci, avrebbe chiesto e ottenuto dal sindaco di Partinico Salvatore Lo Biundo anche un’assunzione per un'amica. Come ha ammesso lo stesso primo cittadino interrogato dai pm. Maniaci avrebbe imposto l'assunzione e in cambio avrebbe assunto una linea più 'morbida' nei suoi tg nei confronti degli amministratori locali.

Secondo il gip Fernando Sestito, Maniaci avrebbe creato con la sua tv "un vero e proprio sistema di potere". "L'emittente antimafia –scrive nell'ordinanza – era utilizzata solo come un ingranaggio per accrescere la sua popolarità e ottenere quindi tornaconti personali". A testimoniarlo, secondo i magistrati della Procura di Palermo, ci sono le intercettazioni, che dimostrerebbero “non solo il potere ritorsivo che il giornalista era in grado di esercitare con la sua emittente televisiva, ma la condizione si subordinazione degli amministratori locali".

Con i suoi interlocutori, Maniaci si definiva "una potenza", al punto da essere convinto di potere "mandare a casa" il sindaco se quest'ultimo "se non si mette le corna a posto", vantandosi di attaccarlo in tv. Non solo. Non lesinava insulti neppure al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, che lo aveva chiamato al telefono per esprimergli la sua solidarietà per le presunte minacce ricevute. Maniaci è stato incastrato dalle intercettazioni telefoniche e ambientali registrate dagli investigatori. Quando lo chiamò Renzi, nel dicembre del 2014, dicendogli "Pino, vienimi a trovare", Maniaci telefonò subito dopo a un'amica e disse: "Tutti in fibrillazione sono, mi ha telefonato anche quello str.... di Renzi". In realtà, si scopre adesso, non erano minacce di Cosa nostra. Ad uccidere i cani di famiglia non era stata la mafia, ma, come dicono gli inquirenti, il marito della sua amante. Quella volta, Maniaci ricevette la solidarietà di numerosi esponenti politici, tra cui Claudio Fava, vicepresidente della Commissione antimafia che lo andò persino a trovare a Partinico.

Così forte del suo potere, il giornalista, per anni simbolo dell'antimafia, avrebbe incalzato, secondo l'accusa, sindaco e assessori del Consiglio comunale di Partinico per ottenere l'assunzione della sua amante, impiegata a tempo determinato al comune come lavoratrice socialmente utile. Anzi, per l'esattezza avrebbe ottenuto un doppio impiego e un doppio stipendio: quello, in nero, "ai cantieri" e quello al servizio civile. Un lavoro che prevedeva, però, l'assunzione presso una casa di riposo, una sistemazione non gradita alla donna, che non esita a lamentarsi con Maniaci.

 



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