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29 marzo 2024

Treviso

Sindaci divisi sul futuro di Asco Holding

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Sindaci divisi sul futuro di Asco Holding

TREVISO - Attesa e temuta, è arrivata la sentenza del TAR del Veneto, giovedì 5 aprile, in merito al futuro delle società partecipate, secondo la Legge Madia sulla Pubblica Amministrazione. Si è aperto un dibattito destinato a scenari imprevisti, che dovrebbe far nascere la terza fase della cassaforte Asco Holding, nella storia della Sinistra Piave. Asco Piave è nata dal BIM Piave.

 

Alla storia del Consorzio di Comuni del Bacino Imbrifero Montano del Piave e soprattutto al ruolo che in esso ebbe Francesco Fabbri, per la sua fondazione nel 1957 e quale presidente fino alla morte, avvenuta nel gennaio 1977, quando l’illustre politico ricopriva l’incarico di Ministro nel Governo Andreotti. A quella vicenda è dedicato un intero capitolo dallo storico Ivano Sartor, nel suo volume “Francesco Fabbri”, recentemente edito dalla Fondazione F. Fabbri (ZeL Editore).

 

Scrive Sartor: «Il senso profondo, identitario, di un’impresa istituzionale quale è stato e continua a essere il BIM Piave poggia sulla personalità di Francesco Fabbri».

 

Costituito per dare attuazione alla legge nazionale n. 959 del 27 dicembre 1953, il Consorzio aveva in origine lo scopo principale di gestire il fondo comune derivante dai sovracanoni versati dalle società idroelettriche per lo sfruttamento delle acque; le risorse dovevano essere indirizzate all’esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, intese a favorire lo sviluppo economico e sociale delle popolazioni interessate.

 

Nella Sinistra Piave quella intuizione avviò un processo di crescita sociale ed economica, garantita per diversi decenni dalla pax democristiana. Con la seconda Repubblica la situazione si è andata complicando. Dalla casa-madre di Asco Holding, partecipata da 90 comuni trevigiani con il 90, 93%, mentre i privati di Plavisgas srl posseggono l' 8,61% e Bluenergy Group lo 0,46%, sono nati nel tempo questi i sottosistemi, come si evince dal sito ufficiale di Asco Holding (www.ascoholding.it) : 1. Ascopiave; 2. Reti Gas Rovigo; 3. Unigas; 4. Meta; 5.Pasubio Servizi; 6. AmGas blu; 7. EstEnergy; 8. RetiGas; 9. Edigas; 10. Ascotrade; 11. Veritas; 12. Etra Energy; 13. AsmSet; 14. Ascotlc; 15 Bim Piave.

 

Insomma per i non addetti ai lavori sembra di essere davanti alle classiche scatole cinesi. Si tratta di uno spaccato, alimentato dalla politica, dai vertici fino alla base, con tanti consigli di amministrazione, con stipendi generalmente ignoti alle varie comunità, ma notoriamente con cifre, che superano € 100.000 per coloro che ricoprono i posti di maggiore responsabilità.

 

Di fronte a questa situazione ingarbugliata, a partire dal 2016, il Parlamento ha cercato di eliminare molte scatole cinesi e con il nuovo decreto Dlgs 100/2017, è stata imposta il piano di organizzazione delle società partecipate. Secondo stime dei giornali economici la Legge Madia prefigurava che almeno un terzo delle aziende partecipate era destinato ad essere dismesso.

 

Naturalmente ridurre le poltrone è un'impresa titanica e questa battaglia ha toccato anche Asco Holding. A seguito di un esposto della società Plavigas, il Tar del Veneto si è pronunciato sostanzialmente a favore dei privati, bocciando il piano della maggioranza, favorevole alla soluzione Holding-Tlc, che avrebbe garantito sostanzialmente la realtà esistente.

 

Per capire meglio la situazione, si è registrato questo dato: i comuni trevigiani si sono divisi in tante sottosistemi: a) i comuni leghisti vicini al segretario regionale Toni Da Re, la cui posizione è condivisa dalle neo parlamentari Sonia Fregolent e Angela Colmellere; b) i comuni leghisti a lui contrari; c) anche i sindaci di centro-sinistra si sono divisi, come i leghisti, ma il nuovo segretario provinciale, Giovanni Zorzi ha commentatocosì la sentenza del TAR : "Se i Comuni vogliono mantenere le loro quote di partecipazione in Asco Holding e mettere così in sicurezza un patrimonio che è di tutti i cittadini trevigiani, non c’è altra strada che conformarsi a quanto dispone la Legge Madia, pensata, da una parte, per liberarci dagli inutili carrozzoni che hanno causato tanti danni alle casse e alla credibilità del settore pubblico e dall’altra per permettere a quelle società veramente utili alla comunità e ai territori di adeguarsi a standard di trasparenza e efficienza".

 

Inoltre posizioni diversificate hanno espresso alcuni i sindaci civici e quelli più vicini a Forza Italia. Il responso del Tar è stato accolto con molto favore dai soci privati, mentre i soci leghisti, che in un primo momento, avevano accusato il colpo con le prime dichiarazioni, successivamente hanno sottolineato che non si tratta di una vera e propria bocciatura.

 

Secondo loro sarebbe sufficiente intervenire con modesti aggiustamenti. I fautori di questa ultima ipotesi già pensano al ricorso al Consiglio di Stato. Il che significa che viene rinviato a tempi lunghissimi e potrà succedere tutto o il contrario di tutto. La sentenza del Tar non chiarisce tutti gli aspetti della complessa vicenda, per cui solo il tempo, che è galantuomo, nei prossimi mesi permetterà di capire cosa succederà in tutta questa vicenda.

 

Inoltre, tenuto conto che i comuni dovevano deliberare entro il 23 marzo 2018 l'adeguamento alla Legge Madia, essendo trascorso quel vincolo, potrebbero essere costretti a vendere le proprie azioni. È evidente che al di là degli aspetti giuridici, il nodo di Asco incide profondamente nella politica locale.

 

Non a caso, i quotidiani del trevigiano hanno sottolineato che molti sindaci si attendono le dimissioni del consiglio di amministrazione, che da sempre aveva spinto per la soluzione adottata e che è stata bocciata dal Tar. Tra l'altro entrare, all'interno del complicato circuito dell'azionariato, con gli alti e bassi tipici del mercato, non saranno garantiti i tradizionali appannaggi delle amministrazioni comunali, che annualmente venivano erogati ai comuni.

 

Del resto, una prima fetta del tesoretto di Asco già ora è appannaggio del fondo Amber di Londra, che detiene una partecipazione stimata in circa 40 milioni di euro. Insomma la confusione è grande, per cui già alcune amministrazioni locali avevano cominciato a vendere tutte o in parte le proprie azioni. Secondo la vulgata, nei comuni del nostro territorio sta iniziando il periodo delle vacche magre!

 



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