"Se vogliono Sky, se lo pagano. Lo stesso il ticket, se stanno male"
Don Gigetto De Bortoli fa chiarezza sulle presunte richieste dei profughi
VITTORIO VENETO - Ricevono 70 euro al mese, i profughi. E con quei soldi si pagano il ticket sanitario, se stanno male, o i farmaci. Si comprano il biglietto dell'autobus, se necessitano l'utilizzo di mezzi pubblici, e la ricarica telefonica. E se vogliono vedere la Coppa Africa, si pagano l'accesso a Sky.
A specificare il trattamento riservato agli ospiti del Ceis a Vittorio Veneto è il direttore della struttura, don Gigetto de Bortoli (in foto). Che smentisce il caos mediatico e le "bufale" scritte, dette, sentite su presunte pretese da parte degli ospiti e sulla fasulla accondiscendenza da parte della struttura che li accoglie.
"Se vogliono la Coppa d’Africa, pagano l’accesso a Sky. Se usano l’autobus pagano i biglietti, altrimenti multe e segnalazione. Se hanno bisogno di farmaci pagano i ticket sanitari. Se acquistano tempo di conversazione per i telefonini se lo comprano dai gestori. Su ciò - ci tiene a precisare don Gigetto - nessuno degli ospiti ha avuto nulla da dire".
Allora, perché avete montato la parabolica a Serravalle?
A Serravalle, geograficamente una gola stretta, tutti sanno quanto si fatica a prendere ogni radiofrequenza, tv e cellulari compresi. Abbiamo installato l’apparato, montaggio non facile per il tipo di edificio e di luogo, per un’esigenza precedente la richiesta dei Profughi. Il grosso complesso al servizio della vita comunitaria non aveva un impianto antenne adeguato. La tv stessa riceve poco e male. Per una sede di meeting internazionali, ho visto che con le nuove apparecchiature avremmo garantito maggior valore. Quindi decisione: risolviamo il problema alla radice. L’impianto ora è per tutti, non solo per i Profughi. E tutti si assumeranno le spese di accesso.
E i contrasti di cui si è parlato?
Le tensioni e i conflitti sono normali nei luoghi dove convivono insieme molte persone. Qui poi le cose si accentuano: gruppi di diversa etnia, provenienza da stati molto lontani tra loro, cultura differente e stili di vita poco conciliabili. Le persone portano bisogni individuali molto diversi e le loro valutazioni sulle risposte ricevute il più delle volte sono imprevedibili. Per esempio, l’accordo concordato sui cibi è stato all’inizio complicato, ma ora il menu settimanale è gradito a tutti. Ciò è normale.
Come mai si è creata questa confusione mediatica?
Da giornalista, posso dire che le cose raccontate mirano a confermare tesi stabilite in partenza. Succede meno nei giornali locali, di più nelle testate nazionali e ispirate dai partiti. Non conta quel che c’è, conta quanto corrisponde a una visione politica, a un’angolazione di parte. Ma così non si risolve il “problema Profughi”, un grande problema, realissimo e impegnativo. Lo vivo in prima persona e lo sento molto bene, visto che dormo accanto alle stanze degli ospiti, stesso edificio e stesso piano. La porta della mia camera si apre a tre metri da quella dei miei vicini. Quindi stessa convivenza e medesimi cibi, stessi rumori e medesimi reciproci limiti. Lo dico: la confusione mediatica, vedi internet, purtroppo favorisce i pregiudizi, da una parte e dall’altra, ma con i pregiudizi non si va ad alcuna meta, detto in termini di rugby, gioco rude ma solidale e molto pacifico. E certo non cresce la convivenza. Questa può trasformare un problema in risorsa italiana. Lo sanno negozi e fornitori cui Integra si rivolge per gli acquisti.