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25 aprile 2024

Vittorio Veneto

I profughi chiedono di rendersi utili. Il Comune ne accontenta uno (su 120)

A due anni dai primi arrivi al via il progetto di coinvolgimento dei rifugiati in attività volontarie

| Stefania De Bastiani |

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| Stefania De Bastiani |

I profughi chiedono di rendersi utili. Il Comune ne accontenta uno (su 120)

VITTORIO VENETO - A due anni dai primi arrivi di profughi in città e dopo quattro mesi dalla sottoscrizione della convenzione per coinvolgere questi ragazzi in attività di volontariato, il progetto ha preso il via.

Non per tutti i 120 ospiti del Ceis. Per uno soltanto.

Per tre ore al giorno.

Sabato e domenica esclusi.

 

L'avevano chiesto in tutti i modi, i giovani richiedenti asilo, di poter fare qualcosa per impiegare le giornate in maniera produttiva, per sentirsi, in qualche modo, vivi e partecipi di una comunità dove l'integrazione è ancora, protroppo, difficile. A Vittorio Veneto, per questi ragazzi, sarà anche complicato socializzare ma ben più arduo è rendersi utili.

 

Apripista nell'idea di coinvolgere i profughi in attività di volontariato è stato il Comune di Belluno che, dall'agosto 2011, ai primi arrivi, aveva già iniziato a impegnare i migranti in lavori socialmente utili. A Vittorio Veneto ci sono voluti 2 anni ma alla fine a Ibrar Hussain è stato permesso di essere in qualche modo produttivo per la città.

Il ragazzo pakistano vive al centro di accoglienza di Serravalle da circa un anno e in questi giorni ha iniziato a occuparsi di piccoli lavori di manutenzione all'Area Fenderl, collaborando con la Consulta dell’Associazionismo Culturale Vittoriese guidata da Vittorino Pianca.

Certo, uno su 120, dopo due anni può sembrare un risultato alquanto irrisorio, ma il sindaco Roberto Tonon si dichiara soddisfatto. “Dopo tanto impegno dedicato al superamento di molti ostacoli burocratici il progetto di coinvolgimento prende il via - commenta il primo cittadino - speriamo che alle cinque realtà associative che ad oggi hanno sottoscritto la convenzione si aggiungano altri, singoli o associazioni, desiderosi di contribuire ad un progetto che consente ai richiedenti asilo di dare un segno di impegno, attraverso il volontariato, per la comunità che li ospita”.

Insomma, che i migranti abbiano voglia di lavorare (anche senza compenso) è palese. Il difficile, in città, sembra trovare qualcuno che glielo permetta di fare.

 

A prendere la parola sui risultati raggiunti è anche l'assessore alla Politiche per l'Immigrazione Barbara De Nardi. “Il giusto, doveroso e umanitario principio di accoglienza e aiuto - ricorda l'assessore - non può divenire, in nessun caso, assistenzialismo sine die e la prospettiva nell’accoglienza dei richiedenti asilo deve allontanarsi da logiche di buonismo assistenziale e mero accudimento e mirare, invece, alla creazione di consapevolezza e autonomia nei migranti".

 

Lasciare che ragazzi di 20, 30 anni passino anni in un centro di accoglienza dove vengono nutriti e lasciati oziare è deleterio. Un trattamento che toglie all'ospite la possibilità di agire, di imparare, di fare, di auto gestirsi è un'arma che trasforma la persona indipendente in un soggetto vincolato, sottomesso. Un'accoglienza che ingabbia, che dà e non chiede, che limita la libertà e impedisce l'attività è uno strumento che rende l'uomo impotente. Incapace di crescere e imporsi.

 

I ragazzi ospitati al Ceis di Vittorio Veneto, prima di essere profughi, erano persone con un ruolo. Studenti, ingegneri, operai, inservienti. Ora, su 120, solo uno ce l'ha fatta ad avere un impegno (quasi) quotidiano. E gli altri? "Si sta profilando l’ipotesi concreta - spiega De Nardi - del coinvolgimento di altri connazionali di Ibrar Hussain in un progetto di miglioramento del Parco Fenderl che, ricordiamo, è un importante patrimonio della nostra Città”.

Un patrimonio che potrebbe essere migliorato, valorizzato, rilanciato.

Grazie ai migranti.

 


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Stefania De Bastiani

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