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19 aprile 2024

Castelfranco

Popolare di Vicenza, impossibile sequestrare i beni di Zonin

Lo 'svuotamento' dell'istituto, diviso in bad e good company, toglie risorse disponibili per i rimborsi ai risparmiatori

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Gianni Zonin

CASTELFRANCO - Non cadrà la mannaia della prescrizione nel processo agli ex vertici della Popolare di Vicenza ma oramai non c'è speranza di sequestrare i beni all'ex presidente Gianni Zonin (in foto) e gli altri manager mentre lo 'svuotamento' dell'istituto, diviso in bad e good company, toglie risorse disponibili per i rimborsi ai risparmiatori.

Il procuratore di Vicenza Antonino Cappellari resta strettamente nel perimetro della sua inchiesta durante l'audizione alla Commissione d'inchiesta sulle banche alla quale chiarisce: gli ex vertici avevano creato un ristretto gruppo di comando dal quale stavano fuori gli altri consiglieri e sindaci e hanno fuorviato e nascosto i documenti agli ispettori di Banca d'Italia. Questi non potevano acquisire d'imperio i documenti sulle azioni 'baciate' o gli altri trucchi inventati a Vicenza per far salire il valore delle azioni e il patrimonio.

 

L'emersione delle operazioni 'baciate' avverrà nel 2015 proprio dopo un'ispezione d'intesa con la Bce che Bankitalia definì "in continuità" con quanto emerso da alcune evidenze delle sue ispezioni compiute nel 2014. Si vedrà comunque più nel dettaglio nell'audizione del capo della vigilanza Carmelo Barbagallo il 2 novembre davanti alla Commissione come e perchè (considerati i poteri di cui disponeva l'istituto centrale all'epoca) quelle evidenze non portarono ad azioni più incisive. Per tornare alle indagini la Procura, anche per evitare la prescrizione, ha limitato le imputazioni a un ristretto numero di persone e ai due reati di aggiotaggio e ostacolo all'attività di vigilanza.

 

Gli altri consiglieri scelti in quanto 'esponenti del territorio', poco sapevano di banca e quindi delegavano consapevolmente a Zonin e al dg Sorato la guida della banca. Altro discorso vale per quelli che, come hanno sottolineato più volte diversi parlamentari della Commissione, facevano parte della 'rete di relazione' costituita da Zonin assumendo o dando incarichi a ex pubblici ufficiali o esponenti della vigilanza. Quella che il senatore Bruno Tabacci ha chiamato 'cattura dei controllori'. Per loro un ipotetico reato è comunque prescritto e l'azione non può essere avviata, chiarisce il procuratore. Nella lista citata dai parlamentari, alcuni dei quali del Pd, e già apparsa sui media nei mesi scorsi, figurano dirigenti e funzionari della Banca d'Italia, tra cui Gianandrea Falchi.

 

Un episodio che Matteo Orfini in serata è tornato a stigmatizzare parlando di un meccanismo di "porte girevoli discutibile e che ha prodotto disastri che hanno pagato i cittadini". Tra i nomi citati anche esponenti della Gdf, dell'amministrazione dello Stato e l'ex procuratore di Vicenza Antonio Fojadelli nominato nel cda di una controllata dopo il suo pensionamento. Sulla scelta di quest'ultimo Cappelleri si "astiene da valutazioni" ma sul piano tecnico non può non sottolineare come "stoni la motivazione dell'archiviazione" dell'inchiesta avanzata da Fojadelli nel 2001 dovuta alla mancanza di una "prova assolutamente certa".

 

L'indagine era partita dall'esposto dell'ex dg Grassano e accusava Zonin di una serie di favoritismi e occultamento delle perdite. Accuse anche confermate da indagini e perizie ma appunto non giudicate sufficienti. E anche quanto il Gip dispose l'imputazione coatta per alcuni reati arrivò poi la prescrizione. Iter "travagliato" anche per il sequestro da 104 milioni di euro chiesto dalla Procura a inizio 2017. Una decisione del Gip e poi un conflitto di competenze ha portato all'impossibilità del sequestro verso Zonin e la banca fino all'arrivo poi della liquidazione dell'istituto di credito.

 



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