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25 aprile 2024

Treviso

Il pensiero europeo di Omero e di Eschilo per il dramma dei migranti

Un progetto per la scuola e gli studenti

| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

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| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

Il pensiero europeo di Omero e di Eschilo per il dramma dei migranti

TREVISO - Mentre la politica è in vacanza e tutto viene rinviato alla ripresa dei lavori parlamentari, previsti a partire dalla seconda settimana di settembre, le tragedie ormai quasi quotidiane dei migranti, presenti non solo in Italia, ma anche in tutta l'Europa, dalla Grecia alla Spagna e dalla Francia all'Inghilterra, scuotono le coscienze di molti.

Il fenomeno è lungo quanto la storia dell'umanità, emblematico il vaso greco di Ischia con il naufragio di un barcone (in foto).

 

Ne parliamo con il prof. Alberto Camerotto dell'Università Cà Foscari di Venezia. Il colloquio ci mette in grado di seguire il filo conduttore dal passato all'oggi.

 

La storia è maestra di vita. La nostra cultura e civiltà viene da lontano, affonda le radici nel passato, che ci hanno segnato in tutti i campi. Guardiamo al messaggio del mondo greco, mediato nel tempo da quello latino. Partiamo quindi dai classici greci e cominciamo da Omero. Un pensiero in effetti lo abbiamo. Viene dal nostro passato lontano e vicinissimo insieme.

I suggerimenti giusti ce li potrebbe dire Omero che è il primo poeta dell'Europa: lo straniero che arriva senza nome, naufrago, è uno di noi, come Ulisse nelle vesti di un mendico. Lo xenos, che significa straniero e ospite insieme, è sempre protetto da Zeus e a volte in quest'uomo avvilito e sconosciuto si nasconde un dio. O altrimenti qualcosa di prezioso e importante per chi lo accoglie. Il pensiero greco, comunque, si affinò, prendendo spunto, ragionevolmente, da fatti accaduti. La ricerca di un mondo migliore è stato uno stimolo, da sempre e in tutte le civiltà.

 

Ce ne parli, presentando il fenomeno delle migrazioni alla luce dei classici..., ma partendo dall'oggi.

Di fronte alle vite perdute, ai naufragi dei barconi, all'affollarsi dei salvati sulle navi delle Marine Militari, sui moli e sulle rive d'Europa, tra la Sicilia e le isole della Grecia, ci ritroviamo senza parole. Anche i pensieri sono difficili da mettere a fuoco per capire che fare. Esseri umani in fuga verso un miraggio che non sanno che cosa sarà. Ma di qualcosa almeno v'è una certezza, in Europa sarà meglio. È già un buon pensiero. Sia che si fugga dalla guerra, sia che si cerchi lavoro e benessere, quello che gli uomini vogliono sempre è la vita. Anche a costo di morire.

 

Prima accennavi a Omero, il cui pensiero si perde nella notte dei tempi... ma quel messaggio venne rappresentato anche in alcune tragedie. Spesso si fa riferimento a Eschilo, il tragediografo ateniese, che sembra problematizzare il fenomeno delle migrazioni nelle Supplici...

Dopo Omero c'è una tragedia che può darci tutte le spiegazioni necessarie. Le Supplici di Eschilo sono un'opera teatrale di 2500 anni fa, un pensiero di quel grande e primo laboratorio della democrazia che è stata la città di Atene. È probabilmente il 463 a.C., a non troppi anni dalla fine delle Guerre Persiane, e tutti i cittadini della polis antica vogliono riflettere su che cosa significa essere esuli, perseguitati, senza più prospettive di vita tra gli odi e le guerre della propria terra.

 

Le rivisitazioni del passato sono fenomeni di contaminazione culturale. Sul nostro tema, un personaggio poliedrico, qual è Moni Ovadia, se ne è fatto interprete recentemente, direi nei nostri giorni.

All'inizio di questa estate, tra gli sbarchi e i naufragi, la tragedia di Eschilo è stata riportata sulla scena dalla regia di Moni Ovadia, con le musiche e i ritmi siciliani di Mario Incudine, nello spettacolare teatro greco di Siracusa. L'abbiamo anche vista su RAI 5 sabato 11 luglio. È un teatro antico e sperimentale: non è un ossimoro, ma un dramma che parla di noi e ci fa riflettere. È Eschilo che mette in scena un coro di migranti che vengono dall'Africa. Sono donne, sono straniere, barbare, le Danaidi che fuggono dalla violenza e dalla persecuzione degli Egizi. Che pure sono loro consanguinei, che pure potrebbero essere i loro sposi. Arrivano sulle coste dell'Europa, in Grecia, nella terra d'Argo: chiedono asilo, chiedono protezione, vogliono vivere. E qui, nel V sec. a.C., la tragedia non è meno difficile e problematica, non meno attuale di oggi. È la polis che davanti a questa sofferenza e a queste donne riflette sull'accoglienza, sulle sue difficoltà e sui suoi significati che sono più grandi delle paure contingenti.

 

Allora, quale sarebbe il pensiero forte di Eschilo?

Eschilo ci insegna qualcosa di importante per i nostri giorni, ossia ci dice che un paese non può agire senza un pensiero, senza un paradigma che possa essere condiviso dalla collettività, dalla polis tutta intera. Perché nessuno può dire io non c'entro. Per accogliere quelle donne si dovranno affrontare grandi difficoltà, magari anche una guerra, che porterà sofferenza a tutto il popolo di Argo. Sono impegni gravi, dolorosi, bisogna pensarci insieme. Questa è la vita di una buona democrazia, la discussione e la condivisione dei pensieri. Per questo il re Pelasgo non vuole agire come farebbe un re, non prende da solo la decisione di ciò che si deve fare. La volontà è nei pensieri e nelle mani di tutto il popolo, quasi un referendum dei nostri giorni, ma con la consapevolezza civile più immediata e concreta di allora. E anche con una generosità e con uno sguardo ampio che ci lasciano stupefatti e ammirati. Ognuno col suo voto e poi con la sua azione si prende la responsabilità per il futuro, pronto a dare il proprio contributo o a pagare di persona. Tutta la città vota unita per accogliere e aiutare chi è in difficoltà, affrontando insieme i problemi e i pericoli. È un principio del pensiero più grande, è il nostro paradigma fatto di tremila anni di storia europea.

 

Sui migranti, il dibattito si è modificato negli ultimi tempi. Fino alla vigilia delle ultime elezioni di fine maggio, la ricerca di consenso ha puntato sulla paura... sulla necessità di non aver a che fare con i migranti... e ne hanno beneficiato alcuni partiti e movimenti... Poi la situazione si è modificata, è intervenuto Papa Francesco sistematicamente, quindi la Conferenza Episcopale Italiana, il suo Presidente il cardinale Bagnasco e il Segretario, mons. Galatino e gli stessi vescovi trevigiani Gardin e Pizziolo...

Le tragedie quotidiane del mare con le immagini dolorose hanno aperto un varco, che si fa giorno dopo giorno più ampio. Sui migranti, sulle sofferenze, non bisogna cedere alle paure, serve un senso civico più grande, lontano dalle logiche dei populismi e della ricerca del consenso, che da tempo hanno impedito che ci fosse una seria progettualità sul problema. In una democrazia e in Europa è buona cosa che si discuta, e molto, in una prospettiva costruttiva, e che si condivida tutto con i cittadini, prima di tutto direi con i giovani. Bene hanno fatto la Chiesa e i vescovi a intervenire, c'è bisogno che qualcuno dica la verità con coraggio e che critichi le risposte più istintive e interessate ai problemi, per frenare derive collettive che non portano a nessuna soluzione. Anche nel fronte europeo ci sono situazioni problematiche e reazioni ambigue... Le difficoltà sono evidenti, ma anche il problema è complesso. L'Europa ha bisogno di maturare, ma sono solo i cittadini che possono costruire il loro futuro. Per gli Europei, in mezzo a tanti disorientamenti, è tempo di capire, per poter agire secondo i pensieri migliori. Non semplici, ma sicuramente generosi, pieni di grandezza d'animo e consapevoli.

 

Per concludere, l'anno scorso con alcuni tuoi colleghi, con le Università, con i docenti dei licei sei stato l'ideatore, con Filippomaria Pontani, del progetto Classici Contro portando nei teatri, il pensiero dei Classici antichi a confronto con le problematiche del nostro presente, partendo da un altro dramma, quello della Prima Guerra Mondiale. E se la scuola, le istituzioni del territorio, gli studenti e le loro comunità affrontassero la tematica delle migrazioni, non sarebbe un contributo educativo di primissimo piano?

Credo che sia una prospettiva importante. Mettere in gioco l'esperienza dei Classici, i pensieri antichi per capire il presente è una delle risorse più potenti che abbiamo in Europa e che tutti possiamo condividere. Apriamo una discussione con uno sguardo più ampio, con una grandezza dello spirito. I nostri poeti più antichi vogliono che ne parliamo così, che ne facciamo una discussione per i nostri giovani e per le nostre città. Sulla traccia dei Classici Contro, che sulle questioni più scottanti del presente porta il pensiero dei Classici nei teatri e in particolare all'Olimpico di Vicenza, possiamo coinvolgere proprio i giovani dei Licei delle nostre città tra Treviso e Belluno, naturalmente con la più ampia collaborazione delle Istituzioni civiche e culturali che vorranno aderire. A cominciare anche dalle testate giornalistiche come OggiTreviso, che lancia ora l'idea. Se possiamo dare un nome all'ipotesi del progetto, lo chiamerei Xenia, la parola di Omero che significa ospitalità. Ne parliamo...

pietro.panzarino@oggitreviso.it 

 

 


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Pietro Panzarino - Vicedirettore

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