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18 aprile 2024

Oderzo Motta

Ingegnere molla tutto e va in montagna

La (bella) storia della mottense Marta Zampieri, imprenditrice che alleva capre e gestisce un agriturismo tra i monti

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Ingegnere molla tutto e va in montagna

MOTTA DI LIVENZA – Lo vorrebbero fare in tanti. Lei però l’ha fatto per davvero: allevatrice per professione, ingegnere per hobby. Ha invertito i ruoli Marta Zampieri, ingegnere mottense di 44 anni, laurea a Padova: ha abbandonato il suo lavoro per trasferirsi nel bellunese a gestire un’azienda zootecnica.

 

A 30 chilometri da Belluno, a Pian de Levina a Cornigian sopra Fornesighe vicino al Passo Cibiana, Marta vive in una malga a quasi 1300 metri, dove alleva capre cashmere e pecore francesi ma anche vacche e galline, vende tailleur e giacchine "modello chanel" con la lana debitamente tessuta dei suoi animali. Ma non basta, perché fa anche formaggi nel caseificio aziendale, marmellate con la frutta degli suoi alberi e cucina piatti della tradizione contadina per gli ospiti del suo agriturismo.

«Siamo ormai una grande famiglia qui in azienda, ci sono 8 capretti appena nati, 46 capre cashmere, 50 galline, 26 pecore nane d’Ouessant, la più piccola tra le razze ovine originaria della Bretagna che pesano non più di 15 chili, meno di un cane. E poi mucche e vitelli. Tutto è cominciato quasi per gioco». Un bel salto da ingegnere ad allevatrice… «Sì, è vero, dopo la laurea ho insegnato matematica e fisica nelle scuole medie di Cessalto, poi mi hanno assunto in uno studio di ingegneria prima e in una ditta dopo, ma non ho alcun rimpianto per il passato, anche perché nel tempo libero, ben poco a dire il vero, svolgo qualche consulenza per la sicurezza di alcuni cantieri. E così torno ingegnere per qualche ora».

Come ha iniziato?
«Quasi 10 anni fa. Sono bastati cinque giorni trascorsi in un’azienda toscana dove ho scoperto le capre cashmere per capire che volevo cambiare vita. Ne ho comprate 9 e così nel 2005 ho debuttato nel mondo degli allevatori, gestendo un’azienda a Cornigian di Forno di Zoldo, dove ho messo tutti miei risparmi. Sono partita da zero. Si sa, si parte senza profitto e in montagna la fase di start-up dura dai 3 ai 5 anni e un passo dopo l’altro l’azienda è andata in attivo, grazie anche al concetto di multifunzionalità in cui ho sempre creduto».

Insomma folgorata dalle capre cashmere?
«Il fatto è che non sono caprette qualsiasi, si adattano a qualsiasi ambiente, sono di dimensioni ridotte e hanno un’indole docile; tre peculiarità che mi hanno agevolato il lavoro, visto che non avevo alcuna esperienza nel settore dell’allevamento. Si sono subito adattate molto bene al clima rigido delle nostre montagne, sono poco esigenti per quanto riguarda l’alimentazione e, cosa fondamentale, mi aiutano nella pulizia dei prati. Ho quindi iniziato ad allevare capre alle quali ho poi aggiunto galline e pecore alpagote. E ho iniziato a lavorare la loro lana, creando abiti con un mio marchio che vendo di cui vado molto orgogliosa».

Ma poi l’avventura è andata avanti.
«Il mio sogno era creare un agriturismo per avere un punto vendita in modo da avere un contatto continuo con le persone. Così nel 2013 ho vinto un bando del comune per gestire la malga in cui mi trovo ora, tra i terreni in affitto e quelli in concessione sono circa 10 ettari con parte di bosco, incastonati tra i monti. Con mio marito abbiamo dato davvero una bella svolta a questo immobile, riportandolo agli antichi splendori»’.

Cosa fate ora?
«Diciamo che la famiglia si è allargata con otto mucche grigio alpine che si sono adattate perfettamente all’ambiente e così è stato. Ho costruito un piccolo caseificio, con la misura 121 dei Psr, dove produco formaggio con circa 90 litri di latte al giorno che uso interamente per la mia produzione. Facciamo ricottine, crescenza, yougurt, la panna cotta e caciotte. E poi cuciniamo i piatti tipici tradizione di montagna coniugandoli con un pizzico di originalità. Serviamo ad esempio, pastin, pietanza tipica bellunese a base di carne tritata alla grossa di maiale e manzo simile alla salsiccia con radicchio e curry, puré di mele e polpettine di pastin, risotto con le ortiche e tutti i dessert utilizzando tutti i miei prodotti a metri zero con il latte quale prodotto principale».

Quanti siete in azienda?
«Io, mio marito e un ragazzo che mi aiuta nella mungitura. La giornata è bella lunga perché produco anche tante marmellate con la frutta dei miei alberi. Per quanto riguarda la lana ho costituito un bel team, dove Cristina tesse e Barbara taglia e cuce. Adesso resta poco tempo per il lavoro di ingegnere che, però, non abbandono completamente, tant’è che continuo a fare qualche consulenza».

 


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