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28 marzo 2024

Italia

I "grillini" scoprono la libertà. E ne godono

Elezione Boldrini e Grasso, primo atto delle nuove Camere

| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

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I

ROMA - Con l'insediamento delle due Camere, avvenuto venerdì 8 marzo, la nuova legislatura è entrata nel vivo delle problematiche concrete e operative, dopo la fase, sembrata eccessivamente lunga, seguita all'esito delle votazioni. L'elezione dei due Presidenti delle Camere è il primo atto ufficiale, per proseguire con i passaggi successivi. Dopo il primo giorno di attesa, caratterizzato dalle schede bianche, si è proseguito nelle trattative ufficiali. Solo nella notte si è usciti dalle schermaglie, mentre si avvicinavano gli scrutini, che avrebbero eletto i presidenti.

 

La terza Repubblica è caratterizzata da tre grossi blocchi, PD, PDL e M5S, oltre alla presenza di una modesta appendice, la lista civica di Monti, la cui forza è così poco influente che, l'eventuale sua alleanza con qualunque blocco, non può garantire nessuna maggioranza. In modo inatteso sono stati eletti Laura Boldrini alla Camera e Pietro Grasso al Senato. Questo permette di trarre le prime conclusioni, sia pure temporanee, sul piano politico, rispetto alle molteplici ipotesi della vigilia.

 

È toccato al PD giocare le sue carte e vincere questa prima partita. Dopo i primi tentativi rivelatisi infruttuosi per raggiungere qualche accordo condiviso, sono saltate le candidature della Finocchiaro al Senato e Franceschini alla Camera. Bersani ha lanciato i due presidenti eletti, parlamentari di prima nomina, noti per la professionalità non politica: Boldrini ha lavorato come portavoce dell'Onu, Grasso è stato il procuratore antimafia dell'ultimo periodo. La loro elezione ha messo in luce, in questa fase preliminare, che le pressioni della società per il rinnovamento e cambiamento, hanno portato alla ribalta due personaggi autorevoli, voci fuori dal coro. Le varie trattative, che non sono mancate, non hanno portato agli esiti desiderati.

 

Il PDL, con Berlusconi arrivato in Senato dopo una settimana di ricovero ospedaliero, ha preso atto che le sue proposte, venute a galla solo in parte, non avevano raggiunto i risultati sperati e ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco, proponendo come candidato di bandiera, l'ex-presidente del Senato, Schifani. Probabilmente, il più malconcio è uscito Mario Monti apparso molto ambizioso. Ha tentato di collocarsi come mediatore tra PD e PDL, proponendosi come Presidente del Senato in prima battuta, per poi puntare, secondo taluni, al Quirinale. Formalmente è stato bloccato dal Presidente della Repubblica, che gli ha impedito con la moral suasion di dare le dimissioni da Presidente del Consiglio. Ciò avrebbe comportato un ulteriore problema, in una situazione già di suo molto complicata. Monti ha preso atto, ma ha contestato con un comunicato l'opinione di Napolitano. È rimasto isolato, ha rischiato di rompere il suo gruppo parlamentare, formato chiaramente da due anime, una rivolta verso il centro destra e l'altra verso il centro sinistra. Il suo gruppo non è riuscito a individuare un soggetto su cui il PD potesse far convergere i suoi voti. Pertanto la sua lista si è rifugiata nella scheda bianca.

 

Rispetto alla vigilia, la novità più succulenta si è riscontrata nel gruppo M5S del Senato. Dopo un confronto molto animato, sugli esiti sono state date interpretazioni ufficiali diverse, rispetto a quanto dall'interno hanno detto e scritto taluni senatori del M5S. È ragionevole che i 12 voti in più ricevuti da Grasso siano arrivati totalmente o per buona parte da M5S provocando una frattura, giustificata per motivi di coscienza, ma contestata dal padre-padrone Grillo. Prima o poi sarebbe venuta a galla la libertà, di cui ogni eletto deve godere, come esplicitamente recita la Costituzione. Nonostante i timori di coloro che per la prima volta si sono dissociati in modo individuale, i "dissidenti" rappresentano circa il 20% degli eletti M5S al Senato, una percentuale significativa, che aprirà un confronto il cui esito nessuno è in grado di valutare oggi. Ma anche nella Rete qualcuno ha ricordato al capo che dovrebbe valere la regola che ogni testa vale 1, compresa quella di Grillo. Intanto c'è una prima ammissione di Grillo, secondo cui la legislatura sarà breve. Il che significa che l'idea del ritorno alle urne a giugno anche lui la ritiene impraticabile. Insomma, per concludere con un una celebre frase, nell'attesa dei nuovi sviluppi, è cominciato "il bello della diretta!"

 


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