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29 marzo 2024

Vittorio Veneto

IL GIRO D'ITALIA IN SOLITARIA

A 64 anni in bicicletta da Vittorio Veneto a Palermo e ritorno

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L’altra faccia del Giro d’Italia ha i baffi, il pizzetto, gli occhi attenti, un’età di tutto rispetto (64 anni) e un nome che non è (ancora) finito sulle pagine rosa della Gazzetta: Claudio Cancian.

L’altra faccia del giro d’Italia appartiene a un vittoriese, un meccanico di biciclette in pensione, che in due settimane ha pedalato lungo tutta la penisola, macinando - in sella alle sue due ruote - 2.200 chilometri.

Partito da Vittorio Veneto, dove vive, il 28 aprile scorso, Claudio Cancian (classe anagrafica: 1944) ha percorso una prima tappa (da Vittorio a Cesenatico) di 250 chilometri. Poi ha toccato Ancona, Pescara, San Severo, Bitetto, Marina di Roseto, Botticello, Bianco e Villa San Giovanni, in Calabria. Qui, con un euro, lui e la sua bici sono saliti sul traghetto per Messina e poi hanno raggiunto Barcellona, Cefalù e Palermo, per un totale di 1750 chilometri (all’andata).

A Palermo, Claudio Cancian ha incontrato gli amici ciclisti veneti: Franco Pellizzotti (il Delfino di Bibione) che vive a San Vendemiano, Davide Rebellin di Marostica, Tiziano Dall’Antonia di Follina. E Marzio Bruseghin. “Alla vigilia del Giro – spiega Claudio Cancian – avevo detto a Bruseghin che sarei andato a Palermo a vederli partire. E che ci sarei andato in bicicletta. Bruseghin mi ha guardato dubbioso, ma ha dovuto ricredersi quando, mentre si allenava nei pressi di Palermo, ha visto arrivare me, con la mia bici e 25 chili sul “portapacchi”.”

Claudio Cancian con Bruseghin

Claudio Cancian con Rebellin

Claudio Cancian con Pellizzotti

 

Ma a Palermo non è arrivato distrutto?

Sono arrivato con una gran fame. Sono andato al mercato e ho chiesto a una venditore ambulante di farmi un panino con le frattaglie. Lui ci ha buttato dentro di tutto. Non ho guardato quello che mangiavo (e che non so che farcitura avesse), ma l’ho gustato e trovato sensazionale.

L'indimenticabile panino con le frattaglie

 

E il viaggio fino a Palermo com’è andato?

Benissimo. La gente che incontra un ciclista è sempre gentile, cordiale. Mi hanno suggerito gli alberghi dove dormire comodamente, ma a buon prezzo. Le trattorie dove mangiare e dove ho scelto sempre pietanze tipiche (in Calabria ho fatto il pieno di peperocnicino!).

Le strade sono sicure? La segnaletica è valida?

No: le strade non sono troppo sicure. Il traffico è davvero troppo. Ma devo dire che mi sono orientato anche senza il satellitare che ho usato solo una volta a Bologna, alle otto del mattino, per uscire dalla città.

Una tappa significativa?

Ho voluto visitare la tomba di Pantani. Un omaggio a un grande ciclista. Mi ero ripromesso anche di andare a Castellania, al ritorno, per vedere la tomba di Coppi. Ma, dopo 2000 chilometri, avevo voglia di tornare a casa. A parte la grinta e la bici, che ha portato con sé? 25 chili di peso. Quattro cambi di vestiario, i jeans, la tuta, scarpe, ciabatte e tutto l’occorrente per riparare eventuali guasti alla bicicletta: raggi, fanalini…

La tomba di Marco Pantani

 

Buchi alle ruote?

In 2200 chilometri ho forato una volta sola. Nei pressi di Reggio Calabria.

Ma non le è pesato un giro così?

No, anzi. Ho perso 8 chili (quando è partito Claudio Cancian pesava 78 chili e ora è arrivato a 70) e mi sento davvero in forma.

Una curiosità: la moglie Jolanda non l’ha fatta desistere dall’impresa?

Prima di partire, le ho promesso che sarebbe stata l’ultima volta. L’ultimo giro d’Italia in bicicletta. Tornando a casa, dopo aver percorso 248 chilometri, da Sasso Marconi a Vittorio Veneto, mi sono fermato da Michelangelo Cauz: ero impresentabile con la salsedine ovunque. E gli ho chiesto di poter sciacquarmi il viso, prima di presentarmi da mia moglie, che altrimenti si sarebbe spaventata.

E si è spaventata poi?

No, anzi: mi ha dato una bella idea. Mi ha detto che siccome era andato tutto bene, la prossima volta potrei fare il giro di Spagna…

 

Emanuela Da Ros

 


| modificato il:

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