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25 aprile 2024

DALLE MACERIE DEL “CORAZZIN” NON SONO NATI FIORI

21-11-2014 - Vittorio Veneto

gianpaolo stiz | commenti

L'apertura del nuovo centro commerciale di Colle Umberto (TV) mi permette di proporre un pensiero che ha una doppia valenza: chiudere un processo di elaborazione del lutto (per me) e aprire una breve riflessione sull'evento.
Il centro commerciale nasce sulle macerie, in senso letterale, di una scuola, l'Istituto Professionale per l'Agricoltura e l’Ambiente "Corazzin", ora spostato a Conegliano.
Dalla chiusura della scuola, dove ho insegnato per anni, non sono più ritornato in quel luogo e non lo farò certamente adesso. Nella mia storia è il luogo della creatività, della fatica, della speranza, a volte delle lacrime e dei molti sorrisi. Non è certamente il luogo " del paghi due e compri tre".
Probabilmente chi non ha vissuto l'esperienza, fatica a comprendere quanto dico, quindi provo a spostare la riflessione su un altro piano. Non ritornerò nel merito dei motivi che hanno spinto la decisione di chiudere la scuola, ma vorrei soffermarmi sull'aspetto simbolico.
E' avvenuta da poco l'inaugurazione. Inaugurare vuol dire sostanzialmente dare visibilità a un nuovo soggetto e connetterlo con il futuro, ma quale immagine di futuro porta con sé un territorio che decide di sostituire una scuola con un centro commerciale? Bauman, noto sociologo, parlando dei centri commerciali, li definisce "luoghi senza luogo". Cos'è un luogo? Cos'è un non luogo?
Un luogo è uno spazio relazionale, identitario e storico, cioè un posto dove le persone s’incontrano, curano le loro relazioni e, attraverso di esse, costruiscono la loro identità, personale e comunitaria. Un luogo è un posto dove il presente, il passato e il futuro si connettono producendo una storia. Una scuola è un luogo.
Il “non luogo” ha caratteri opposti: è uno spazio di transito, non pensato per favorire la relazione fra persone, non identitario perché la frequentazione non avviene sulla condivisione di un’appartenenza territoriale. Le persone non si comportano più come un gruppo ma come uno sciame in continuo movimento attratto dalle offerte commerciali e condizionato da quel senso di urgenza che pervade le vite: "Scade l'offerta, bisogna approfittare". Per tutti questi motivi, un "non luogo" è posto fuori dalla possibilità di generare una storia collettiva condivisa. Un centro commerciale è un “non luogo”.
Ogni territorio può e deve decidere di quanti luoghi e di quanti “non luoghi” ha bisogno; lo deve fare però consapevolmente, attraverso un pensiero politico capace di uscire dall'ottica del "qui e ora" che sancisce il dominio dell'economia sulle scelte umane. Forse sbaglio, ma credo che l'apertura del centro commerciale non sia figlia di quel pensiero e che oggi quel territorio sia più povero rispetto a dieci anni fa, inaridito perché capace di produrre un futuro scandito solo da promozioni di vendita.



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