19/04/2024poco nuvoloso

20/04/2024possibili temporali

21/04/2024poco nuvoloso

19 aprile 2024

Vittorio Veneto

Dalla furia di Boko Haram alla castagnata di Ceneda

Moses e Sebou si raccontano. Mentre ripuliscono il Parco Papadopoli

| Stefania De Bastiani |

immagine dell'autore

| Stefania De Bastiani |

Dalla furia di Boko Haram alla castagnata di Ceneda

Moses e Sebou

VITTORIO VENETO ­ - Il martedì mattina Moses, Sebou e Ahamadour si svegliano felici: hanno qualcosa da fare. Un compito che li aspetta. Un impegno da rispettare.

Moses, Sebou e Ahamadour sono tre giovani africani, arrivati rispettivamente da Nigeria, Gambia e Senegal. Hanno 26, 22 e 19 anni e un giorno a settimana, a volte due, aiutano i volontari di Insieme per Ceneda nei lavori di manutenzione del parco Papadopoli e nell'organizzazione delle varie iniziative che l'associazione porta in piazza Giovanni Paolo I la domenica.

 

"Sono disponibili, coinvolti, puntuali. La domenica non si fanno problemi a svegliarsi alle cinque per dare una mano con i preparativi dei mercatini - ­ spiega Mario Longo, presidente dell'associazione - ­ E' dal 20 aprile che ci siamo mossi per coinvolgere i richiedenti asilo dei Ceis nei lavori che noi da anni facciamo, ma solo a settembre siamo riusciti a partire con il progetto". "Il loro aiuto è davvero importante - ­ continua Longo - ­ e anche domenica prossima 8 novembre saranno protagonisti alla tradizionale castagnata. Ci aiuteranno ad allestire le bancarelle, a cucinare e impacchettare le castagne. Staranno con noi tutto il giorno".

 

Per i volontari di Insieme per Ceneda l'aiuto dei tre ragazzi è fondamentale. E questi non sono solo felici di poter dare una mano: sono addirittura grati. "Io vivo al Ceis da più di un anno - ­ racconta Moses - ­ e sono arrivato a un punto in cui non riuscivo più a dormire la notte. Non avevo nulla da fare e trascorrere i giorni, le settimane, i mesi nell'ozio era diventato deleterio: un incubo. Ora almeno so che un paio di volte a settimana ho un compito da rispettare, so che la domenica ce l'ho spesso impegnata. In più vado a lezione di italiano. E' qualcosa, ma vorrei tanto poter lavorare tutti i giorni".

 

Moses è fuggito lo scorso anno dalla Nigeria, paese che vive nell'incubo dalla furia del gruppo estremista islamico di Boko Haram, nome che in lingua locale significa "l'educazione occidentale è proibita". L’esercito e le forze di sicurezza di Boko Haram stanno compiendo una serie di violente repressioni, massacri, attentati, saccheggi, esecuzioni e arresti senza processo nei confronti di moltissimi civili. E' da questo clima di terrore che Moses è scappato. Una bomba è caduta sulla sua casa, distruggendola. I suoi genitori sono morti e Moses ha perso anche un fratello. Gli sono rimasti un fratello e una sorella, che non vede da oltre un anno.

Ti manca la Nigeria? "La Nigeria sì, ma Boko Haram no: lui uccide tutti, distrugge ogni cosa”

"Ma non sono tutti così i musulmani”, interviene Sebou, che viene dal Gambia. Il 22enne è timido, riservato, ma ci tiene a difendere la propria religione: “Boko Haram non è un vero musulmano!".

 

Sebou è scappato dal Gambia, dove Yahta Jammeh, che con un colpo di Stato militare nel 1994 ha spazzato via ogni forma di democrazia e libertà, esercita ora il potere con torture, processi sommari, e esecuzioni di oppositori, attivisti, giornalisti. La libertà di stampa è stata abolita nel 2005 e dal 2014 per l’”omosessualità aggravata" è previsto l'ergastolo. A questo clima di repressione e terrore in Gambia si aggiunge il problema dell'estrema povertà, di una situazione economica che è peggiorata nel corso degli ultimi anni.

 

In migliaia scappano ogni giorno dal Gambia. Tra questi, 10 mesi fa,  c'era anche Sebou, completamente solo. La tua famiglia? "Sono rimasti in Africa."

Non ha voglia di parlare dì sé, Sebou, dei genitori, dei quattro fratelli da cui ha dovuto staccarsi. Com’era la situazione in Gambia?

"Brutto, bruttissimo".

Perché sei venuto in Italia? "Perché non potevo vivere in Gambia: ho dovuto venire qui".

Hai scelto tu questo paese? "Sono fuggito e basta"

Ti piace Vittorio Veneto? "Molto. Qui è tutto diverso. La gente è buona..."

Cosa vorresti fare? “Lavorare”

Qui? “Qui o altrove... ovunque. Ma voglio fare qualcosa, non posso stare fermo”.

 

Moses e Sebou sono fuggiti da paesi in cui gli attentati sono all’ordine del giorno. Hanno schivato bombe, scampato, visto e conosciuto la morte, sopportato dittature in cui non si può essere liberi di parlare, di avere o esprimere idee proprie. Da paesi in cui si viene ammazzati se si è cristiani, o omosessuali. Hanno attraversato il nordafrica, sono arrivati in Libia, sono saliti su mezzi precari per attraversare il Mediterraneo: per farsi trasportare ovunque, lontano dall'inferno.

Ma che questi due giovani africani siano “profughi” e non “migranti economici” non è poi così scontato, pare. “Ho fatto domanda di asilo tempo fa ­  - spiega Moses - ­ e devo ancora conoscere l’esito della commissione”. Anche Sebou sta aspettando il verdetto, il giudizio. La decisione di chi, in base ai loro racconti, deciderà se questi ragazzi, fuggiti alla morte attraverso l’Africa e il mare, hanno il diritto di rimanere qui, o si meritino di essere rispediti “a casa loro”.

O lì vicino, insomma, per chi una casa non ce l’ha più.

Mario Longo (a capotavola) e i volontari di Insieme per Ceneda

 



foto dell'autore

Stefania De Bastiani

SEGUIMI SU:

Leggi altre notizie di Vittorio Veneto
Leggi altre notizie di Vittorio Veneto

Dossier

Dello stesso argomento

vedi tutti i blog

Grazie per averci inviato la tua notizia

×