Cresce la protesta dei Forconi
Iniziata in sordina, sta crescendo ora per ora la protesta
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CONEGLIANO. Dieci mila volantini bruciati in due ore solo a Conegliano, altri 50 mila già stampati e pronti a essere consegnati.
I camion iniziano a fermarsi, spontaneamente: è caos in entrata e in uscita al casello di San Vendemiano. Assieme a Silea, è la piazza più calda della Marca: code e disagi. Centinaia di persone sulla strada, nessun incidente. «Abbiamo tolto il picchetto solo a mezzogiorno, e per un’ora» spiega Geremia Agnoletti, responsabile presidio Conegliano «così la gente può andare a prendere i bambini a scuola». Non sarà “l’inizio della fine”, come dicevano, ma la protesta è riuscita. Regia della Life, nessuna testa calda al presidio, tanti pensionati e qualche disoccupato.
Si comincia domenica sera. Oltre ai caselli di San Vendemiano (circa 80 persone, molte delle quali hanno passato la notte all’aperto) e Silea, un picchetto è anche a Ponte della Priula, sulla Pontebbana: si scioglie al mattino, per spostarsi sull’A27. A Treviso Sud, davanti al centro commerciale, volantinaggio sotto l’occhio vigile dei carabinieri; i volontari sono in mezzo alla strada con tanto di giubbetto catarifrangente, e distribuiscono volantini: «Ribellarsi è un dovere», «Ci hanno accompagnati alla fame», «Hanno annientato il futuro di intere generazioni».
Qualche autista solidarizza: a Resana, sulle statali 307 e 308, i camionisti hanno bloccato la rotatoria prima dell’intervento di carabinieri e polizia. In mattinata le fila dei contestatori si ingrossano. Portano scorte e viveri, tende e falò: la protesta non si fermerà al tramonto. Quanto resisteranno? «Io ho preparato l’albero di Natale, e anche l’uovo di Pasqua» dice Geremia Agnoletti, padrone di casa a San Vendemiano, noto per aver comprato il tank con cui i Serenissimi sbarcarono in piazza San Marco nel 1997 («lo tengo nascosto in un posto segreto»). Stessa rabbia di allora, stessa voglia di fare da soli: «Se ne vadano tutti a casa, nessuno si deve ricandidare. Non blocchiamo niente, ma restiamo qui».
Nessuna bandiera di partito, qualche simpatia, al massimo, per gli indipendentisti veneti. Al picchetto troviamo Bernardo, pensionato di Vidor: «Abbiamo fondato il comitato per gli 8 Serenissimi che scalarono il campanile di San Marco. Raccoglievamo fondi per mantenere le loro famiglie: sono finiti in carcere, c’erano anche padri di famiglia tra loro». Però avevano dirottato un traghetto: «Sì, ma avevano pagato il biglietto».
Michele Fiorot, socio fondatore Life, un lavoro ce l’ha. Ma non vuole salutare i suoi figli: «Non voglio che se ne vadano all’estero. Uno di loro studia, l’altro è disoccupato: qui non ci sono possibilità. So che da soli non bastiamo, ma questa protesta divampa in tutta Italia.
Bisogna far conoscere queste problematiche, intanto siamo qui». A Conegliano c’è anche un’impresa edile di San Vendemiano, al completo. Un loro artigiano è sincero: «Non so di preciso cosa ci sia dietro questa protesta, non so chi l’abbia organizzata, ma ne abbiamo le scatole piene. Di questa politica, e del fatto che nessuno ci aiuti a sopravvivere». Su cosa fare dopo, però, nessuno ha le idee chiare: «Per ora è importante dare un segnale».
Forze dell’ordine e questura continuano a monitorare i presidi. Nella Marca, a parte qualche rallentamento, la situazione è meno pesante rispetto a Vicenza e Verona, dove gli accessi all’A4 sono bloccati.
Foto: Diego Silvestrin e Alberto Toffoli
Foto in primo piano di Alberto Toffoli: Fabio Padovan con Gianluca Zambon