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24 aprile 2024

Nord-Est

I confini tra Croazia e Slovenia

La pesca nel golfo di Pirano

| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

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| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

I confini tra Croazia e Slovenia

TRIESTE - L’ex Ambasciatore croato a Roma ed esperto in materia di confini, Drago Kraljević, in merito ai confini tra Slovenia e Croazia ha rilasciato questa intervista, la cui idea fondamentale è questa: «Va sottoscritto un nuovo accordo, nel quale vanno definiti i confini nel Golfo di Pirano, ma anche cancellato quello di Schengen tra Slovenia e Croazia».

1) Superare lo status quo... come ci si avventura in questa vicenda?

Da Bruxelles arrivano inviti al dialogo. “La Commissione si aspetta che la Croazia e la Slovenia continuino a dialogare in modo costruttivo e adeguato e che entrambe le parti si astengano da decisioni che possono incidere negativamente sui negoziati bilaterali in corso”.

Lo ha dichiarato nei giorni scorsi la portavoce della Commissione UE, Mina Andreeva, confermando la volontà di contribuire all’individuazione delle modalità migliori per attuare il verdetto della Corte arbitrale inerente alla definizione del confine tra Croazia e Slovenia.

La situazione sul territorio però continua a preoccupare molto i pescatori croati, che svolgono la loro attività nel Golfo di Pirano. Pur confermando che la polizia croata sta svolgendo un ottimo lavoro, si dicono molto preoccupati per le possibili conseguenze della situazione. Temono che le autorità slovene comincino a comminare loro multe di importi elevati e anche fermi o arresti e si aspettano che in questo senso la politica faccia la sua parte.

 

2)  I temi legati ai confini hanno sempre attirato la sua attenzione. A suo avviso, perché è così difficile trovare una soluzione capace di mettere d’accordo tutti nell’area del Golfo di Pirano? Qual è il problema principale che impedisce l’applicazione del verdetto arbitrale?

La risposta a questa domanda scaturisce in buona parte dal testo della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati che la Croazia ha ratificato nel 1993. Nel documento in parola sta scritto tra l’altro che lo Stato firmatario non può richiamarsi alle norme del diritto nazionale, per giustificare l’intenzione di non attuare un trattato internazionale che ha sottoscritto. Esistono ovviamente alcune eccezioni, ma nessuna di queste fa testo nel nostro caso. La Convenzione, che vincola sia la Slovenia sia la Croazia, stabilisce che l’Accordo d’arbitrato, e dunque anche la decisione presa dalla Corte arbitrale, può essere contestato soltanto richiamandosi alle regole stabilite dalla Convenzione stessa. Lo stesso vale anche nel caso in cui s’intenda sospendere l’Accordo. Simili sono anche le regole previste dalla Costituzione croata, che stabilisce che gli accordi internazionali firmati e confermati in sintonia con la Costituzione della Repubblica di Croazia, che sono stati pubblicati e che sono entrati in vigore, rientrano nella legislazione nazionale e hanno una forza giuridica superiore alle leggi. Le disposizioni in essi contenute possono essere modificate o abrogate soltanto alle condizioni e nei modi previsti dagli accordi stessi o ai sensi delle regole generali di diritto internazionale.

 

3) Alcune disposizioni sono superate?

Alcune parti dell’Accordo sono però superate e possiamo dire che attengono alla storia. Altre invece rimangono attuali.

 

4) Può tracciare la differenza e fare qualche esempio?

Sono ormai superati ad esempio la disposizione dell’Accordo d’arbitrato che stabilisce che il verdetto chiuderà definitivamente la vertenza dopo che i due Paesi avranno compiuto tutti i passaggi necessari ad attuare la decisione, inclusi quelli riguardanti eventuali modifiche alla legislazione nazionale in vigore.

Superata è anche la parte dell’Accordo nella quale viene stabilito che la Repubblica di Slovenia ritirerà tutte le riserve riguardo all’apertura e alla chiusura dei capitoli negoziali, che incidono sulla vertenza.

Come è noto, i due Parlamenti hanno ratificato l’Accordo in base al quale è stata nominata la Corte arbitrale e la Slovenia ha ritirato le riserve che rallentavano il percorso d’adesione della Croazia all’UE.

Non fa più testo nemmeno la disposizione che stabilisce che i due Paesi si asterranno da ogni atto o dichiarazione che possano aggravare la situazione o incidere negativamente sull’operato della Corte arbitrale.

In altre parole, la Croazia e la Slovenia, firmando l’Accordo avevano conferito alla Corte arbitrale la facoltà di emettere le decisioni necessarie a mantenere lo status quo. Dal canto suo, dopo lo scandalo provocato dalla parte slovena, l’arbitro nominato da Lubiana era stato ricusato in quanto la Corte aveva ritenuto che il suo atteggiamento avesse compromesso la procedura arbitrale, seppure non in misura tale da impedire la conclusione dei lavori e l’emissione di un verdetto.

La Croazia non aveva accettato la valutazione della Corte ed era uscita dall’arbitrato.

Preso atto della decisione del Sabor, con il sostegno dell’UE, la Corte ha proseguito i lavori e, come noto, ha emesso il verdetto finale.

 

5) È questo dunque il passaggio fondamentale per comprendere il ruolo dell’UE in questa vicenda?

Ovviamente sì. Va detto che l’Accordo è stato firmato sotto l’egida dell’Unione europea quando la Croazia non era ancora uno Stato membro. All’epoca fu l’UE a scegliere gli arbitri da un suo elenco e l’Accordo del 2009 tra gli allora premier Jadranka Kosor e BorutPahor fu sottoscritto anche dall’Alto rappresentante dell’UE.

Inoltre, va evidenziato che anche dopo la decisione votata dal Sabor croato (sull’uscita dall’arbitrato, ndr), l’UE ha continuato a riconoscere la legittimità della Corte arbitrale. Anzi, Bruxelles ha sollecitato la Corte a proseguire i lavori e dopo che questa ha emesso il verdetto ha chiesto sia alla Croazia sia alla Slovenia di accettarlo e di attuarlo.

In altre parole, l’UE ha assunto una posizione chiara per quanto concerne la titolarità a chiedere l’interruzione della procedura arbitrale e in merito alle condizioni necessarie per avanzare una richiesta in questo senso.

Ma se vogliamo invece concentrarci sull’individuazione di una soluzione utile per superare il problema, dobbiamo tenere a mente anche un’altra disposizione della Costituzione croata. Questa stabilisce che gli atti giuridici e le decisioni accolte dalla Repubblica di Croazia davanti alle istituzioni dell’UE si attuano sul suo territorio in sintonia con l’acquis communautaire dell’Unione europea.

 

6) Cosa impedisce ai premier Miro Cerar e Andrej Plenković di trovare una soluzione al problema?

Non è possibile giungere a un accordo dopo che il Parlamento sloveno ha approvato una decisione sull’implementazione del verdetto della Corte arbitrale, mentre il Sabor croato ha deciso all’unanimità che la decisione in parola è inaccettabile.

Si è determinata una situazione nella quale nessuno, e dunque nemmeno i premier Miro Cerar e Andrej Plenković, ha la facoltà di agire in contrasto con quanto stabilito dai Parlamenti.

Una situazione simile si era verificata anche nel 1993, quando la Slovenia approvò il “Memorandum sul Golfo di Pirano”, un documento che rese praticamente impossibile ogni negoziato con la Croazia, incidendo negativamente per più di 20 anni sui rapporti di buon vicinato. All’epoca, purtroppo, la Croazia mancò di rivolgersi al Consiglio di sicurezza nell’ONU.

Vero è che stiamo parlando di fatti avvenuti nel passato, ma la situazione attuale presenta dei punti simili.

Il Sabor ha approvato all’unanimità la decisione sull’uscita della Croazia dall’arbitrato, perché, stando all’opinione delle autorità, la Slovenia aveva compromesso pesantemente la procedura.

Né la Slovenia, né la Corte arbitrale, né l’UE hanno però accettato questa decisione. In quanto Paese sovrano, la Croazia può continuare a richiamarsi alla decisione del Sabor e di conseguenza può ignorare la decisione arbitrale. Nessuno può costringerci ad accettarla.

Considerato però che la Croazia fa parte dell’Unione europea, dell’ONU, della NATO e di molte altre associazioni internazionali alle quali ha trasferito parte della sua sovranità e delle sue competenze, deve essere pronta a subire le conseguenze di una presa di posizione di questo tipo.

 

7) Come va intesa la posizione croata, ovvero cosa significa non voler accettare il verdetto arbitrale e l’insistere sulla necessità di trovare una soluzione bilaterale?

È difficile pensare che una soluzione possa essere trovata sul piano bilaterale laddove si ritenga che il verdetto arbitrale non sia importante.

In primo luogo è illusorio aspettarsi che dopo tutto quanto fatto dalla Slovenia prima per evitare che la questione venga sottoposta al giudizio di una Corte internazionale dell’ONU, poi per far accettare alla Croazia l’arbitrato, ora Lubiana sia disposta a rinunciare all’attuazione del verdetto emesso dagli arbitri.

Inoltre, a quanto pare, molti si dimenticano che l’eventuale rinuncia all’arbitrato porterebbe nuovamente in auge il “Memorandum sul Golfo di Pirano” del 1993. Un documento con il quale la Slovenia reclama i suoi diritti su tutto il Golfo e al collegamento tra le acque territoriali slovene e il mare aperto.

È proprio grazie alla decisione presa dagli arbitri che questo documento, un vero e proprio ostacolo al dialogo bilaterale, è stato finalmente superato.

8) A suo avviso esiste un modo per superare l’impasse?

Certo che esiste una via d’uscita dall’impasse. Sempre a condizione che ci sia la volontà politica per percorrerla.

Ipoteticamente, nel caso non ci fosse stato lo scandalo che ha determinato la decisione croata sull’uscita dall’arbitrato, la Corte avrebbe preso la stessa decisione che però sarebbe stata accettata da entrambi i Paesi.

È dunque necessario procedere quanto prima alla definizione di un nuovo accordo bilaterale che non deve essere inteso come una semplice applicazione del verdetto emesso dagli arbitri.

Quest’accordo dovrebbe stabilire in modo chiaro anche che la Slovenia favorirà l’ingresso, in tempi quanto più brevi, della Croazia nell’area Schengen.

Un accordo bilaterale di questo tipo, laddove venisse raggiunto, dovrebbe essere controfirmato anche da un rappresentante della Commissione o del Consiglio UE, esattamente come avvenne anche nel 2009 per l’Accordo Kosor-Pahor.

Controfirmando, infatti, l’UE assumerebbe il ruolo di garante per la sua piena attuazione in tempi brevi. Mettere in un unico pacchetto la definizione del confine tra i due Paesi e la cancellazione di quello di Schengen, ovvero di un confine interno che di giorno in giorno diventa sempre più un problema, trasformandosi inoltre anche in uno strumento di ricatto, significa aprire una nuova fase contraddistinta da un dialogo costruttivo volto a migliorare i rapporti di buon vicinato.

 

9) Quali prospettive si aprono nel caso in cui non si ritenga di percorrere la via del dialogo costruttivo volto a individuare una soluzione accettabile ad entrambe le parti?

Questa è un’ipotesi da scongiurare.

Dobbiamo renderci conto che laddove la questione non dovesse venire affrontata in un modo accettabile a entrambe le parti, e in particolare nel caso in cui qualcuno insistesse per l’applicazione unilaterale della decisione arbitrale, si rischia che le cose precipitino.

Non dobbiamo dimenticare che dal 2015 alla pronuncia del verdetto c’era tutto il tempo necessario per richiamarsi alle disposizione della Convenzione di Vienna e per procedere con tutte le attività necessarie per determinare l’interruzione del processo arbitrale.

 


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