Cittadella della Salute, i primari: "progetto necessario"
Lettera aperta dei primari del Cà Foncello a favore della cittadella: " La struttura non è più adeguata"
| Isabella Loschi |
TREVISO - «L’Ospedale di Treviso necessità di una radicale opera di ammodernamento edilizio che, ove messa in discussione con argomenti non di pertinenza sanitaria, condannerebbe i pazienti ad essere curati in un ospedale non adeguato, per struttura e professionisti. La cittadella della Salute è un progetto di pressante necessità per i cittadini di oggi e per le generazioni future». Così i primari dell'ospedale Ca' Foncello si sono espressi in una lettera aperta diffusa oggi per spiegare, utilizzando argomenti esclusivamente di tipo sanitario, i timori sulle ricorrenti polemiche intorno al progetto della Cittadella della salute e sulle voci che lo stesso progetto possa essere ritenuto non indispensabile o comunque realizzabile in maniera parziale.
«L’Ospedale di Treviso nasce come ospedale a padiglioni, via via predisposti per accogliere le varie specializzazioni che man mano ne hanno testimoniato la crescita e dato sostanza alla denominazione di ospedale Regionale prima e di ospedale per l’Area Vasta di Treviso e Belluno oggi. Una diligente gestione sanitaria ed amministrativa ed il sostegno di tutta la cittadinanza, hanno consentito nell’ultimo mezzo secolo di garantire il mantenimento di standard minimi di sicurezza e non solo ma di fornire inoltre cure di alta qualità, abitualmente non disponibili in ospedali allocati in una città di provincia relativamente piccola qual è Treviso. Ma si sa che il progresso medico, figlio del progresso tecnologico, è tumultuoso e negli ultimi anni ha aperto una speranza di cura a una massa di pazienti fino a 10-15 anni fa ritenuti incurabili, ad esempio per l’età. Ciò - scrive Roberto Rigoli, primario di Microbiologia e direttore Dipartimento Patologia Clinica e coordinatore dei primari - ha aumentato a dismisura la necessità di integrazione tra le varie Equipes, essendo del tutto ovvio che un intervento chirurgico in un grave cardiopatico può richiedere una stretta integrazione tra chirurghi, anestesisti e cardiologi per portare felicemente a termine il percorso di cura. In realtà un grande ospedale non fa affidamento oggi soltanto sulle capacità professionali del personale sanitario, ma soprattutto sulla possibilità di integrare i vari saperi a servizio dei pazienti più fragili e complessi. All’Ospedale di Treviso negli ultimi anni abbiamo intensamente lavorato, col sacrificio di tutto il personale, medico ed infermieristico, per creare delle equipes multidisciplinari e creare dei ponti tra le varie specialità allo scopo di dare sostanza al tanto discusso concetto della centralità del paziente. Tuttavia tale sforzo ha via via reso sempre più evidente l’obsolescenza della struttura edilizia dell’ospedale di Treviso dove, in estrema sintesi, si curano pazienti con problematiche analoghe in tanti posti diversi. L’esempio più facilmente comprensibile, ma anche per ovvi motivi di interesse sanitario ed economico uno dei più rilevanti, è quello delle sale operatorie: le 25 sale operatorie attualmente funzionanti a Ca’Foncello sono dislocate in 8 siti diversi. Ma anche quando si ipotizzasse una loro centralizzazione, peraltro studiata una ventina d’anni fa e ritenuta allora non realizzabile, rimarrebbe il problema della lontananza dalle terapie intensive che devono essere allocate in vicinanza del settore operatorio per un più facile trasferimento dei pazienti e che attualmente sono dislocate in 5 siti diversi».
«E’ del tutto evidente - prosegue Rigoli - che tali problemi sono irrisolvibili con lavori di ammodernamento settoriale che, per la logistica attuale, non possono risolvere il problema delle distanze, e non solo fisiche, tra le varie attività sanitarie. Abbiamo quindi bisogno di un padiglione nuovo dove concentrare i pazienti e le procedure più invasive o a maggior rischio, favorendo non solo la centralità del paziente, ma anche la crescita professionale del personale sanitario e la riduzione dei costi per un indubbio miglior utilizzo di ambienti ed attrezzature ad alta tecnologia».
«La realtà del Ca’ Foncello attuale è che si tratta di una struttura che richiede interventi urgentissimi a beneficio di tutti. Interventi parziali non risolverebbero i problemi di fondo che affondano le loro radici, ad esempio, sul fatto che l’attività ambulatoriale è dislocata in 26 siti diversi”. “Con questa nota - sottolinea il coordinatore dei primari - abbiamo voluto semplicemente ribadire la necessità assoluta di una radicale opera di ammodernamento edilizio del nostro ospedale che, ove messa in discussione con argomenti non di pertinenza sanitaria, condannerebbe i pazienti ad essere curati in un ospedale non adeguato, per struttura e professionisti. Il Ca’ Foncello sarebbe condannato ad un inesorabile declino interrompendo quella spirale virtuosa che l’ha portato nell’ultimo mezzo secolo ad essere un ospedale noto in ambito nazionale ed ha permesso a tutti i trevigiani di avere nella loro città le cure di alto livello che si meritano».