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20 aprile 2024

Economia e Finanza

I bitcoin debuttano nella Dichiarazione dei Redditi: il Fisco tassa i guadagni da criptovalute

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I bitcoin debuttano nella Dichiarazione dei Redditi: il Fisco tassa i guadagni da criptovalute

Ad essere sinceri la mancanza di chiarezza ha contraddistinto sempre il settore delle criptovalute, vuoi per la novità che rappresentano, vuoi per la grande volatilità del mercato relativo, vuoi, infine, per la grande opportunità di guadagno che comunque offrono, e, quindi, che l'Agenzia delle Entrate abbia messo "le mani" sui bitcoin & C. alla fine non stupisce più di tanto, anche se in molti speravano che il millantato paradiso criptofiscale potesse reggere l'attacco del Fisco. E’ la stessa Agenzia delle Entrate a mettere un punto fermo sulla questione, rispondendo ad un'istanza di interpello presentata da un contribuente alla Direzione Provinciale della Lombardia e stabilendo che le criptovalute devono essere fiscalmente trattate come se fossero valute estere. In pratica bisogna applicare le stesse regole attualmente valide per quei proventi derivanti da depositi e conti correnti esteri, i cosiddetti “capital gain”, che assumono rilevanza fiscale quando la giacenza media di tali “guadagni” è superiore alla cifra soglia di 51.645,69 per sette giorni lavorativi consecutivi; su queste plusvalenze bisogna applicare a un’aliquota di tassazione pari al 26%.

 

In poche parole l'Agenzia delle Entrate concede ai piccoli investitori che operano al di sotto della cifra soglia di ottenere guadagni esentasse, anche se ciò non li esonera a dover dichiarare eventuali compravendite di criptomonete nel quadro RW della Dichiarazione dei Redditi, e fin qui nulla da eccepire, ma ciò non toglie che esistano ancora molti dubbi da chiarire e numerose siano le fragilità del nuovo assetto formativo, nonostante la risolutezza dimostrata dall’Ente nell’ istituirlo. Prima fra tutte è proprio l’assimilazione delle valute virtuali alle valute reali, estere o meno che siano, in quanto la convertibilità delle prime non è garantita dallo Stato come succede invece per le seconde. La criptovaluta, infatti, non fa riferimento, per sua stessa natura, a un organo centrale che ne certifica il valore e può essere comprata, venduta e utilizzata come mezzo di pagamento solo se gli operatori finanziari interessati sono disponibili ad accettarla; attaccabile, inoltre, anche l'interpretazione che il criptodenaro sia "estero”, poiché nella pratica esiste solo sul Web e, quindi, non può essere collocato geograficamente.

 

In effetti i wallet, ovvero i portafogli elettronici su cui viene accumulato il denaro quando si investe nel criptomondo attraverso una delle tante piattaforme per il trading online, come 24Option, è difficilmente assimilabile in un conto corrente o un conto deposito aperto presso un qualsiasi istituto bancario, anche se online o ubicato all'estero. Tutto chiaro, ma niente di certo, verrebbe da concludere, come spesso succede quando si trattano temi scottanti, come le tanto odiate tasse e il criptodenaro, che da un po' di tempo a questa parte sta scuotendo i mercati finanziari come non mai, con le sue promesse di facile ricchezza per tutti. Non ci resta che rimanere in fiduciosa attesa.

 



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