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28 marzo 2024

Montebelluna

Appello di De Bortoli per Santa Maria in Colle: “Sono morti lavoratori per costruire quest’edificio”

Il luogo simbolo della città nuovamente preso di mira dai vandali e lo storico De Bortoli lancia un appello

| Ingrid Feltrin Jefwa |

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| Ingrid Feltrin Jefwa |

Appello di De Bortoli per Santa Maria in Colle: “Sono morti lavoratori per costruire quest’edificio”

MONTEBELLUNA – L’antica chiesa di Santa Maria in Colle e il suo complesso di spazi ed edifici circostanti nuovamente sfregiata da scritte. Sono passate solo poche settimane dall’ultima volta che gli Alpini di Montebelluna avevano dovuto ripulire gli sgorbi dei vandali e ieri sono dovuti tornare nuovamente a ripulire senza contare che ora c’è pure l’inedita pratica, da parte di chi si sposa, di lanciare non riso ma coriandoli a forma cuoricini in materiale plastico che una volta finiti nell’erba è impossibile raccogliere. Insomma, un comportamento continuo d’inciviltà e mancanza di rispetto per un luogo che rappresenta le radici storiche della comunità montebellunese.

Quanto accade oramai da troppo tempo ha indotto lo storico montebellunese Lucio De Bortoli a lanciare un appello per la salvaguardia di Santa Maria in Colle: “Ascoltate, per favore. Da 2500 anni questo luogo è percorso dai destini umani. Per molti secoli questo luogo è stato il cuore della nostra comunità. Per costruire il complesso di edifici che lo formano (chiesa, canonica, casa del campanaro, casa dei predicatori, campanile) sono morti lavoratori, sono stati fatti enormi sacrifici, trovate risorse introvabili, cavato il pane di bocca. Ci sono voluti secoli per farlo, per abbellire gli interni, per esserne orgogliosi. Chiunque arrivi dalla piana, in ferrovia o in auto, chiesa e campanile indicano Montebelluna, persino agli altri”.

De Bortoli prosegue poi: “Santa Maria in Colle è il nostro volto antico, il nostro cuore che non smette di pulsare nel tempo. Per generazioni e generazioni i nostri avi hanno salito e disceso le sue scale. Oltre la strada hanno sepolto i loro morti e sono stati pianti. Questo luogo è stato curato nel tempo, è stato conservato. E tuttora c’è chi se occupa con amore. In biblioteca c'è qualche libro (non molti) che ne parla. Il primo che ne ha scritto c'è nato in questo posto. Si chiamava Augusto Serena. Un altro libro, a chi scrive è costato anni di lavoro e di piacere. Fate lo sforzo di andarci, con uno di questi libri. Guardate dove siete e pensate di essere al centro della vita di centinaia di migliaia di vite passate di là prima della vostra. E immaginate che lo stesso dovrà accadere anche dopo di voi e di noi. Se farete questo, sono sicuro che capirete che in questo posto non si lasciano segni e sgorbi: tutte quelle vite vi guardano. Non fatelo più”

 



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Ingrid Feltrin Jefwa

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