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29 marzo 2024

Treviso

«VOGLIO MORIRE» E IL GIUDICE DICE SÌ

Testimone di Geova, ha già rifiutato tracheotomia e trasfusione

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«VOGLIO MORIRE» E IL GIUDICE DICE SÌ

TREVISO - Chiede al giudice il permesso di non utilizzare, in caso di necessità, i farmaci e il magistrato l'accontenta.

Protagonista della storia che sta suscitando clamore nel mondo sanitario e civile del Veneto una trevigiana di 48 anni, testimone di Geova, che dal giudice tutelare di Treviso Clarice di Tullio ha ricevuto il permesso, e con lei il marito, di non utilizzare farmaci salvavita.

La paziente, come indica il Gazzettino, avrebbe già rifiutato tracheotomia e trasfusione, da quanto si è appreso, non sarebbe al momento in immediato pericolo di vita.

Le sue disposizioni restano tuttavia chiare: "non voglio che la mia vita venga prolungata - avrebbe detto la donna - se i medici sono ragionevolmente certi che le mie condizioni sono senza speranza"

E' ritenuto un decreto 'choc' quello firmato nel gennaio scorso dal giudice tutelare di Treviso Clarice di Tullio per permettere a una paziente di rifiutare le cure destinate alla sua grave malattia degenerativa. Il marito della donna è stato nominato amministratore di sostegno.

Il decreto arriva in un momento in cui la legge sul biotestamento, già votato dalla Camera, è in dirittura d'arrivo. Se anche il Senato approverà il testo, la decisione del giudice di Treviso potrebbe essere ininfluente: la tutela della paziente sarebbe infatti solo ed esclusivamente del medico curante.

FERRARO: «COME RAVASIN»

La decisione del magistrato di affidare al marito della donna l'incarico di amministratore di sostegno, per Raffaele Ferraro, segretario dell'associazione Veneto Radicale, "ricalca iniziative analoghe già assunte in varie altre città italiane, la prima delle quali è stata Modena".

Ferraro, che è anche uno dei legali di Paolo Ravasin - il trevigiano da anni immobilizzato dalla Sindrome Laterale Amiotrofica (Sla) e che nel 2009 aveva registrato il proprio testamento biologico chiedendo di non essere sottoposto ad alimentazione ed idratazione forzate nel momento in cui non fosse più in grado di alimentarsi per vie naturali - ha anche aggiunto che nei prossimi giorni sarà depositato alla magistratura di Treviso un analogo ricorso per affidare al fratello di Ravasin, Alberto, l'amministrazione delle volontà del congiunto "quando non dovesse più essere in grado di intendere e di volere".

Qualora il disegno di legge sul testamento biologico che porta il nome del senatore Pdl Raffaele Calabrò fosse approvato anche alla Camera, ha spiegato Ferraro, il giudice tutelare dovrebbe provvedere alla revoca dei poteri - oppure ad una loro modifica - nei confronti dell'amministratore. In quel caso, ha infine precisato "sarebbe possibile però impugnare il provvedimento di fronte alla Corte Costituzionale" anche alla luce di discordanze rispetto a normative europee in materia.

 

SACCONI, «PROVVEDIMENTO 'IDEOLOGICO'»

Per il ministro del welfare Maurizio Sacconi, "il provvedimento del magistrato di Treviso appare, ad una prima considerazione, più ideologico che pratico".

"Tanto con la legge di oggi quanto con quella che mi auguro il Senato approverà presto in via definitiva - afferma il ministro - una persona vigile è libera di decidere responsabilmente di sé. Il problema riguarda quindi non il presente, ma un futuro nel quale la persona non sia più vigile".

"Secondo la nuova legge, potrà dare indicazioni sulla scelta delle terapie e circa l'eventuale accanimento terapeutico, di cui il medico curante terrà conto nella sua scienza e coscienza - prosegue - oggi il magistrato ha assegnato un ruolo discutibile e obbligato all'amministratore di sostegno, figura nata e sviluppatasi, come dice la parola stessa, per sostenere i bisogni di una persona in condizioni di fragilità".

"Attraverso il provvedimento si vorrebbe insomma, quanto meno oggettivamente, concorrere ad introdurre nel nostro ordinamento il suicidio assistito e programmato, che il nostro ordinamento non consente - sottolinea Sacconi - solo il Parlamento può assumere decisioni così rilevanti, anzi così fondamentali, e mi auguro che non lo vorrà mai fare riconoscendo sempre il valore della vita quale elemento costitutivo della nostra tradizione culturale".

 


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